Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

giovedì 28 febbraio 2013

Corsi di nuoto a Piazza

Piscina comunale

OGGI SONO INIZIATI A PIAZZA I TANTO ATTESI CORSI DI NUOTO

NELLA FOTO QUELLO DEDICATO ALLA CATEGORIA 

"PULCINI"

Febbraio 1628 - Miracolo della pioggia

La formella in oro del pettorale della Madonna delle Vittorie
Il 24 febbraio del 1628, quindi 385 anni fa, a Platia si assiste al Miracolo della Pioggia, che inizia a cadere copiosamente mentre si sta scendendo, dall'altare maggiore della Chiesa Madre, per prepararla alla processione per le vie cittadine, la sacra immagine del Vessillo della Madonna delle Vittorie. Il corteo religioso è stato richiesto da grandi masse di popolo, per l'arsura persistente, che sicuramente avrebbe causato una forte carestia, ma l'abbondante pioggia di questo giorno porta in estate un copioso raccolto. In ricordo del miracolo viene realizzata dall'orafo sacerdote palermitano don Camillo Barbavara una formella in oro (nella foto), che rappresenta il popolo e il clero in ginocchio, per ringraziare l'immagine sacra, all'interno della Chiesa Madre. La formella, insieme ad altre due, quella con la veduta della Città e l'altra del Conte Ruggero, fa parte del pettorale della Santa Patrona, consegnato nel 1632. In questi anni inizio secolo XVII, si sono registrate già quattro pesanti e disastrose siccità, contro le complessive 6 del secolo scorso. E come se non bastasse, nel 1600, 1608, 1620 e 1624, la siccità si è unita sempre alle epidemie di peste, riducendo gli abitanti da 16.000 a quasi 10.000, che risultano anche stremati dalla fame. Nonostante questo orrendo periodo, in Città si costruiscono diversi palazzi nobiliari e chiese. E' proprio in questo anno che vengono demolite le absidi (le parti dove si trovano gli altari) e realizzato il corpo del presbiterio (la parte dell'abside che circonda l'altare riservata al clero) della nuova Chiesa Madre. Inoltre, i tre capomastri, uno milanese, uno messinese e un altro catanese, sotto la direzione dell'architetto di Bracciano (Roma), Orazio Torriani, incorporano nella nuova parete sia il portico a Sud della vecchia chiesa, murandone gli archi, e sia il campanile della chiesa preesitente. Alcuni sostengono che le colonne che hanno sorretto il portico, verranno utilizzati per il cortile interno del vicino Palazzo Trigona della Floresta, la costruzione del quale inizierà nella prima metà del secolo successivo, intorno al 1730.        

mercoledì 27 febbraio 2013

Uso del "graffietto"

Il graffietto degli anni '30 ancora al lavoro
Avevo promesso che vi avrei mostrato come si usa il graffietto. Ecco nella foto come viene appoggiato, da mani esperte (di mio padre), al bordo di un tavolo per segnare sempre la stessa distanza, utilizzando la punta affilata del chiodo. Ieri sera mio padre Gino mi ha raccontato alcuni aneddoti legati a questo attrezzo. Intanto, lui per la prima volta, lo aveva visto e usato quando era dal suo primo mastru, Valentino Fiumicello, nella falegnameria di fronte al magistrale in via Umberto, all'età di 7/8 anni. Ovviamente all'inzio fece la solita gavetta dei falegnami: passare carta vetrata, pomiciare, accendere il fuoco nella furnacella per sciogliere la colla per impiallacciare, raccogliere segatura e trucioli. A metà degli anni '30, non essendo più carusu, iniziò a lavorare come giuv'n al banco e si fece un graffietto in faggio tutto suo. La consacrazione di questo attrezzo avvenne quando agl'inizi del 1941, dopo aver superato la fase provinciale, svoltasi all'Istituto Industriale di Piazza, mio padre dovette partire per la fase nazionale dei Prelittoriali del Lavoro a Torino. Questi erano selezioni a cui partecipavano giovani lavoratori di pari età, allo scopo di mettere in luce capacità e attitudini con l'obiettivo, dal 1936, di avvicinare e cementare tra loro le differenti classi sociali giovanili al tempo del fascismo. Dopo aver ricevuto a tanburo battente dal segretario politico, zzù Cocò Velardita, la tessera fascista perché sfornito, poté partire, portandosi alcuni attrezzi, tra i quali una sega ad arco smontata e il graffietto nella foto. Quando la giuria del concorso nazionale di Torino glielo vide usare disinvoltamente, fece fermare la prova e, richiamando l'attenzione degli altri circa 100 partecipanti (uno per provincia), prima chiese se qualcuno conoscesse quell'attrezzo, poi, non arrivando risposte, chiese a mio padre di spiegare ai presenti a cosa gli servisse. Subito dopo ripresero la prova e mio padre fu il primo a finire, confermando lo stesso tempo di Piazza, 1 ora e 35 minuti, facendo rimanere a bocca aperta sia i giudici di Piazza, il prof. di ginnastica Sottosanti e l'aiutante tecnico Nitto Marino, sia quelli di Torino. Come premio ricevette il diploma rilasciato dal Segretario Nazionale Guido Orsoni, che ancora mostra orgogliosamente, e la somma di 500 Lire (a quei tempi una bella sommetta) con la quale, per prima cosa, acquistò un bel cappotto a sua madre Giuseppina. L'anno successivo, pur avendo moltissime possibilità di ripetere la bella figura dell'anno prima, rifiutò di partecipare per non lasciare solo il nuovo mastru, futuro suocero Tatano Marino Albanese detto Ciucciuledda, con tanto lavoro da fare nella falegnameria di via Roma. Gaetano Masuzzo/cronarmerina           

In giro per Piazza

Notizia positiva: il campetto a pochi passi dai Canali

Notizia negativa: raccoglitore di magre figure

Girando per la Città ho fotografato due immagini molto significative di due modi di essere di noi piazzesi. Mentre in periferia si realizza un bel campo di calcetto a pochi passi dalla fontana dei Canali, in pieno centro, a 10 metri dal monumento al Gen.le Cascino, c'è stà màsch'ra. Mi chiedo: "Se questi raccoglitori di medicinali scaduti, mai usati per i medicinali, bensì per cartacce varie, non servono e 9 su dieci sono rotti e inservibili come quello nella foto, perché non si tolgono da sotto lo sguardo nostro e di qualche turista di passaggio? Forse bisogna chiedere il permesso alla Sovrintendenza alle Belle Arti o, ancora meglio, bandire un concorso per scegliere il progetto migliore per come prenderli e caricarli 'ncàv 'na lappa di Buttièddi? Si accettano progetti all'avanguardia e rivoluzionari in merito!

Cu Marcu Tr'gona/4^ e ultima parte

4^ e ultima parte de A tu p'rtu cu Marcu Tr'gona

Ma ggh'è 'ncriv 'n celu ch' semp zérn!
Ieu vo u frumént senza m'schigghi e 'mbrogghi:
l'aièna, a paparina e u centufogghi:
î scarta e î gecca dritti ô 'nfern!

Pâ s'ntenza eterna però, ggh'è d' sp'ttè!
'Nveci, 'n d'lùvi, com ê témpi d' Nuè,
fasgéss, 'nt'mmnù, Ciazza pulita
d' cössa razza mal'dëtta!

Ma nan è giust, pî gent tënti,
fè patì l'armi 'nnucenti.
Parra â Matri dû S'gnör, com tu sai!
Diggh d' Ciazza e dî so guai!

Cu i to prieri Iedda n' iuta:
sign s'cur ch' a tì t' scuta!
Nan sû scorda ch' p' l'öggi so beddi,
fasgësti a cresgia ciù v'sgìna ê stëddi!

D' rosa l'auba u celu p'nz'ddia...
Ddà 'ncav a dduna ciù nan sp'cchialìa.
U söi, p'tì ch' sì 'mplalà zzà,
s'è giörn o nöit, chi ggh' fa?

Ma pî me ossi, sta muddura
nan è cert a meggh cura!
Perciò, cariss'm baröngh,
t' ddasc e 'nciöd a d'scussiöngh!

Ora u sai cö ch' haia fè.
M' raccumann! Nan tû scurdè!
E sp'röra ch' p' Ciazza zira a rota
e d'vènta arrera a Plutia d' na vota!

                                                                                          Aldo Libertino


*Per l'introduzione, la nota biografica e quella letteraria: vedi 1^ parte;
**Prossimi giorni un altro post sarà dedicato alla traduzione.

martedì 26 febbraio 2013

Risultati elezioni

La felicità di un elefante italiano !

I partiti politici: 

"Nessuno ha perso, anzi, tutti abbiamo vinto 

e perciò opereremo per il bene degli italiani !"

2^ veduta della Città

Quadro di S. Andrea Avellino con Maria SS. delle Vittorie
Particolare del quadro 1626-1641
Questa è la seconda veduta che abbiamo della nostra Città. Il periodo è quello all'inizio del '600 e non si distacca molto dalla prima che vi ho fatto già vedere, anche perché la visuale è sempre dal borgo Casalotto. Questa veduta la troviamo nel dipinto che il pittore Antonino Cinniardi effettuò in onore di Sant'Andrea Avellino tra il 1626 e il 1641. Sono passati quasi quindici anni da quando sono giunti da Napoli due Padri Teatini con una reliquia del Beato Padre Andrea Avellino (1521-1608), consistente in un ciuffo di barba, che hanno donato al sacerdote piazzese Andrea Trigona dei baroni di S. Cono Superiore. Questo ciuffo è diventato mezzo di molte guarigioni e addirittura, nel 1624, preserva in parte la Città dalla peste che sta facendo stragi in tutta l'isola. Tutto il popolo di Platea è grato al Beato Teatino tanto che nel 1626 è dichiarato 2° Compatrono della Città. E' in questa occasione che viene commissionato il quadro che oggi possiamo ammirare, dopo il restauro ultimato nel novembre del 2011, alla Pinacoteca Comunale di via Monte. Il restauro del quadro, che misura cm. 185 x 256, ci ha consegnato in maniera ancora più netta una "foto" di Platea  o Chiazza, come veniva chiamata allora, dove si riconoscono in primo piano la porta di S. Giovanni Battista con a dx la Commenda. Al centro la chiesa di S. Stefano costruita da pochi anni e ancora mancante della facciata col campanile (come la vediamo oggi verrà completata nel 1742). Per quanto riguarda tutta l'altra parte, possiamo dire che è perfettamente uguale alla prima veduta, tranne che per due particolari. Il primo è la presenza della guglia sul campanile, proprio al centro del disegno, della chiesa e monastero di S. Giovanni Evangelista, oggi mancante. Il secondo particolare è l'esistenza di una processione ecclesiastica, la testa della quale già si trova in quella che oggi chiamiamo via Garibaldi. Mentre la parte seguente è ancora dietro un simbolo sacro con i raggi dorati (forse il Corpus Domini), sul Piano Patrisanto o Piano Teatini, oggi piazza Martiri d'Ungheria, dove al centro si nota una grande croce con la base rialzata.

lunedì 25 febbraio 2013

Oggetto misterioso n. 1

Qualcuno sa dirmi a che serve questo oggetto?

Per sapere la risposta basta andare sull'ultimo commento. 

Prossimamente in un'altra foto vi mostrerò come si usa.

Ospedale di Piazza/3^ Sede - 2° Nome

Via Mazzini

3^ sede - 2° nome

Nel 1444 Graziana, figlia della nobile Giacoma Villardita, fa trasferire l'Ospedale per gli infermi di S. Calogero e di S. Maria degli Angeli, fondato dalla madre nel 1420, sul piano di S. Giuseppe. Questo trasferimento è dovuto all'esigenza di un ospedale più grande e con una chiesa accanto capiente e funzionale. A tali requisiti risponde l'edificio della strata di la carrera che è in comunicazione con la chiesa vicina dei SS. Filippo e Giacomo. Qui l'ospedale continua a chiamarsi Ospedale di S. Calogero e di S. Maria degli Angeli, gestito dai frati Ospedalieri dell'Ordine di S. Giacomo d'Altopascio. In questo periodo si ha l'esigenza di un più capiente ospedale perché la popolazione è vicina ai 10.000 abitanti. Circa dieci anni dopo, nel 1454, e poi nuovamente nel 1460, le ennesime epidemie di peste e le immancabili carestie, ridurranno gli abitanti a quasi 8.000. Nell'edificio dove è ospitato l'ospedale, nel 1583, vi si trasferiranno i Padri Agostiniani della Provincia di Sicilia provenienti dalla sede di via Madonna della Facciranna al Monte (poi via Madonna della Stella) e trasformeranno la chiesa dei SS. Filippo e Giacomo in quella di S. Agostino. Eccovi spiegato il nome di via S. Agostino, strada accanto a sx dell'edificio nella foto, dove io ho vissuto per tanti anni.  

domenica 24 febbraio 2013

Cu Marcu Tr'gona/3^ parte

1906 - Monumento bronzeo a Marco Trigona dell'artista Antonio Ugo

3^ parte A tu p'rtu cu Marcu Tr'gona

P' cöss, cu cör stanch e marturià,
ciangi com a 'n cangh bastunià!
Ddasciasti sta c'ttà ch'era na musia:
öra è stracangiada, na vera f't'nzìa!

Senza talè talè s' sc'ppanu i balatèddi
ch' fasgev'nu a cresgia e a cubula ciù beddi.
Öra a ciancada è nëra,
com ô fum dâ ddumèra!

'Nto tô palazz i lupi 'ntrasìnu s'curi
 e sì fertunà ch' t' ddascianu i muri!
E 'mpuru tu t'haia guardè:
ch' st' marmént t' po sp'rì s' sötta i pè!

A C'ttà di Normanni e dî baröi
par morta ormai, senza ciù scopi.
Cönta quant u döi d' coppi
quann u giö è a bastöi.

Ciazza d'armi, dî Saracì n'mica,
nan cumatt ciù: s' r'nnì.
Ma p' p'gghiela, u cavadd nan s'rvì,
com p'dda famösa guerra antica.

F'gghiazzi granfunazzi e latri
funu a ruina d' cössa nostra matri!
Lupi famel'chi, dopo u ddait dî m'nneddi,
s' ggh' mangianu 'mpuru u cör, u fich't e i bueddi!

E' ranna a p'n'tenza
p' cöpa dâ s'menza!
Ciazza s'mina, ma poi quann r'cöggh,
u diavu, menz ê spì, ggh' fa truvèr u gioggh!

                                                                                           Aldo Libertino

*Per l'introduzione, la nota biografica e quella letteraria: vedi 1^ parte;
**Prossimi giorni la 4^ e ultima parte. Per concludere un altro post sarà dedicato alla traduzione.

Famiglia Camerata

Campo rosso con leone coronato d'oro rampante sostenente colonna d'argento
Di questa famiglia di Piazza abbiamo soltanto notizie relative al XIX secolo. 1848 Rocco Camerata-Scovazzo è barone di Casal Gismondo (territorio a Sud-Est di Aidone), sindaco di Aidone e comandante delle Guardie Nazionali rivoluzionarie del Distretto; nel 1860 viene arrestato a Palermo dalle truppe borboniche. 1861 Lorenzo Camerata-Scovazzo, fratello del barone, e il barone stesso, sono deputati al I Parlamento del Regno d'Italia. 1882 e 1889 Francesco Camerata, grosso feudatario di Butera è consigliere comunale e nel 1890/93 1898/1901 è sindaco di Piazza, nel 1898 risulta sposato con Girolama Sceberras di Montagna di Marzo. Nel 1921 Salvatore Camerata da Butera ma abitante a Piazza Armerina è eletto deputato per Alleanza Democratica Sociale. I baroni Camerata erano proprietari del palazzo Starrabba di via Garibaldi. Esiste anche una via Barone Camerata, parallela alla via Garibaldi, accanto alla chiesa di S. Giovanni Evangelista.   

sabato 23 febbraio 2013

Tecnologia delicata

Caccia F 35

Pala € 35

Leggo oggi sui giornali "F35, nuovo stop dei voli: trovata incrinatura su pala del motore"!

Cu Marcu Tr'gona/2^ parte

2^ parte de A tu p'rtu cu Marcu Tr'gona

M' nnamurài d' na carösa,
bedda, dözza e murösa...
D' tutti i sciuri beddi 'ntê giardì
u ciù beu tuccà a mi!

R'gìna fra i r'gini,
era p' mì na rosa senza spini.
Ma quann mâ vossi strénz ô cör
griai pâ raggia e pû d'lör.

Ora dda rosa nan è ciù mia:
smaniava p' n'autra cumpagnia!
Dû mi cör ddasciai avèrta a porta
ma ancora nan 'ntrasì cu m' cunòrta.

Dorm Ciazza, st'nn' cchiada sötta â dduna:
è na cuddura bianca l'amica d' l'amanti!
E i stëddi, stasëra ciù br'llanti,
s' ponu cuntèr a una a una!

Rönf'nu i lupi, cucadi dintra î tani...
Döi chiuppi mal'chi e dduntani
ciang'nu d'sp'radi p' cui nan torna ciù.
I sënti? Chiù... Chiù... Chiù!...

Fermu è l'ariu, senza vënt.
Stanca d' r'pet u so fri fri,
a c'cala puzà u so strumént:
'mpuru iedda s' durmì!

Ma tu nan m' scuti amicu mi!
Stai ciangènn... e iè u söi p'rchì:
Plutia, vant e gloria dî Normanni,
strascina i pè tra peni ranni!

                                                                                           Aldo Libertino  

*Per l'introduzione, la nota biografica e quella letteraria: vedi 1^ parte;
**Prossimi giorni la 3^ e la 4^ e ultima parte. A conclusione verrà dedicato alla traduzione un alto post.

2° Santo Compatrono

Particolare del quadro di S. Andrea Avellino in Pinacoteca Comunale

Lapide commemorativa di S. Andrea Avellino, portico Biblioteca Comunale

Il 2° Santo Compatrono: S. Andrea Avellino

Nel 1610 giungono da Napoli nella nostra Città, due Padri Teatini con una reliquia di Padre Andrea Avellino (1521-1608, battezzato Lancellotto, ha operato nella Casa teatina di S. Paolo Maggiore di Napoli). La reliquia consiste in un ciuffo di barba che donano al sacerdote piazzese Andrea Trigona dei baroni di S. Cono Superiore. Questa reliquia diventa subito mezzo di guarigioni prodigiose e l'anno successivo a Platia, si registra l'arrivo continuo di confratelli Teatini napoletani, tutti discepoli di Padre Andrea a Napoli. Questi preti riformati, una volta giunti nella nostra Città, fondano la "Congregazione dei Ministrali (artigiani)" e, immediatamente dopo, la "Congregazione dei Nobili" e la "Congregazione Segreta dei Nobili Secolari e Sacerdoti". Il buon esempio che danno i Padri Teatini convince tanti giovani di antiche e nobili famiglie piazzesi a ricevere il loro abito religioso presso la Casa Teatina dedicata a S. Giuseppe di Palermo (quella ai Quattro Canti). Nel 1619 due Padri Teatini milanesi, Gonfalonieri e Croce, fondano la "Congregazione dei Mercanti" che unisce sacerdoti, dottori, procuratori, notai, curiali e medici. Qualche anno dopo, nel 1624, arriva il Padre Teatino Giacomo Di Stefano, della provincia di Foggia e discepolo del Beato Andrea, che oltre a essere instancabile predicatore, consigliere, moderatore e prezioso paciere, opera molti miracoli per l'intercessione del suo maestro, tra i quali quello di preservare in parte la città dalla peste che sta facendo stragi nell'Isola. Mentre ancora si contano i morti di peste, avuti soprattutto nel quartiere Canali, nel 1626 il Senato Cittadino insieme al Consiglio Cittadino degli Ottanta, al Clero, ai Magistrati e a tutto il popolo, proclamano il Beato Padre Teatino Andrea Avellino secondo compatrono della Città, dopo la patrona Maria SS. delle Vittorie e il primo compatrono S. Vincenzo Ferreri. Per l'occasione il pittore Antonino Cinniardi inizia a dipingere il quadro che oggi possiamo ammirare presso la Pinacoteca Comunale. Il quadro, di cui mostro un particolare nella foto, restaurato nel 2008, raffigura S. Andrea Avellino (dichiarato Beato nel 1624 e Santo nel 1712) insieme a Maria SS. delle Vittorie con a dx in basso la seconda veduta della città, vista dall'ex borgo Casalotto. Cinque anni più tardi, nel 1631, il Senato cittadino fa scolpire una lapide commemorativa (nell'altra foto), recuperata e oggi murata sotto il portico del Collegio dei Gesuiti, dove si ricorda la venerazione verso il 2° compatrono, dichiarato protettore del Regno delle Due Sicilie e invocato contro la morte improvvisa. Undici anni dopo, in seguito al manifestarsi di ulteriori miracoli di un altro Padre Teatino, S. Gaetano da Thiene, vengono scolpite due statue in pietra calcare del luogo che rappresentano i due Beati e quindi collocate ai lati della Porta di S. Giovanni Battista. Questa collocazione, proprio in questa porta della città, ha due motivi. Il primo è quello che la porta si trova a pochi passi dalla Casa Teatina fondata nel Piano Patrisanto nel 1609, il secondo è che questa porta è la prima e la più comoda che incontrano e, quindi, la più frequentata dai forestieri che vogliono entrare in città, pertanto le due statue dei Santi la proteggeranno da eventuali epidemie portate dall'esterno. Nel 1848 viene abbattuta la Porta di S. Giovanni Battista per l'ampliamento della Strada del Principe (oggi via Garibaldi), le due statue ai lati sono spostate prima presso la Commenda, lì vicino, poi poste ai lati del portone della chiesa di S. Lorenzo o dei Teatini.       

venerdì 22 febbraio 2013

Padre Bartolotta parroco

Dopodomani, domenica, alle 9:30, presso la chiesa di S. Pietro, l'amministratore diocesano mons. Michele Pennisi, eletto arcivescovo di Monreale, nominerà padre Ettore Bartolotta nuovo parroco della parrocchia di S. Pietro. La parrocchia dal mese di ottobre dello scorso anno, era senza parroco, per la prematura scomparsa di padre Enzo Cipriano. Auguri al nuovo parroco.

Cu Marcu Tr'gona/1^ parte

Con la bella foto di Erminio Gattuso, le polemiche sul nuovo assetto in piazza Cattedrale, l'arrivo delle elezioni amministrative e la poesia del poeta in galloitalico Aldo Libertino, ho fatto un cocktail piazzese che Vi servo in quattro parti: "E' notte. Una notte serena d'estate, rischiarata dalla luna piena. Tutti dormono, uomini e bestie. Davanti alla statua di Marco Trigona, un ubriaco dà libero sfogo alle sue pene d'amore e, al tempo stesso, parla del triste destino di Piazza tradita dai suoi stessi figli."

1^ Parte de A tu p'rtu cu Marcu Tr'gona   

O Marcu, amicu mi,
Marcuzzu beu,
u söi ch' p' parrè cu tì
t'avéssa fè tant d' capèu!

Ma f'nì a barunia 
Viva a demograzia!
'Mburu s' u sangu è blu
U voscenza nan s' usa ciû!

Talè com sì 'mp'ttr'ddù!
Ora ch' nan hai ciù terri né palazzi,
è nutu ch' t' 'ncazzi
s' t' parr a tu p'rtu!  

U vëdi com sì r'dusgiù?
Baröi, marchësi e bedda compagnia 
sp'rìnu tutti... Unna su' ciù?
E tu sì sö, bannunà... com a mì!

E ddasc'lu st' marmént!
Scenn! Famm compagnia!
T'höia fè sent u mi turmént...
t'höia parrè dâ mi dulìa!

A vëdi sta buttëgghia?
É cössa a mi famìgghia!
Cu ièdda a vita è menu amara
e ada stè cu mi 'nzina ntâ bara!

Cu è ch' m' cunorta
s' 'ncorcosa m' va storta?
Quan ntô gargarozz scörr u vingh
m' scord e suvranî u m g'stìngh!

                                       Aldo Libertino

Nota biografica: "Aldo Libertino è nato a Piazza A. nel 1942, insegnante di Lingua francese in pensione, scrive poesie in vernacolo piazzese. Nei suoi versi c'è la consapevolezza della fugacità del tempo, la ricerca di conforto nella natura amica e il desiderio di riscatto della propria Città." (Libertino-Platania-Testa-Todaro P'nzeri e paroddi, 2^ antologia di galloitalico, Univ. Pop. T. Libero, Palermo., 2006, pp. 16, 22)
►Domani la 2^ parte.

giovedì 21 febbraio 2013

1234 - 2° titolo della Città

Federico II di Svevia (1194 - 1250)

2° Titolo: DELIZIOSA

Federico II di Svevia e I di Sicilia nel 1234 conferma Plasia Città Demaniale (quindi di proprietà dello Stato Regio) e la designa sede della Curia Generale e della Corte Nazionale per aver ammirato il valore dei Piazzesi nell'operazione di repressione di una pericolosa ribellione dei Saraceni della Val di Mazzara (Tp). Il Re ha una vera predilezione per la nostra Città e, attratto dai vasti boschi e dalle moltissime sorgenti d'acqua, vi costruisce un Regio Sollazzo (nell'odierna contrada Sollazzo), inoltre la iscrive fra le principali città del Regno di Sicilia con l'appellativo di DELIZIOSA.

mercoledì 20 febbraio 2013

Curiosità istruttive

La vignetta sul bordo di una pagina di un libro antico

Dall'ultimo numero di FOCUStoria ho appreso che la "VIGNETTA" indicava, nei manoscritti medioevali, il fregio che ornava la prima pagina di un libro o di un capitolo, di solito i tralci di una vite. In seguito, soprattutto a partire dall'Ottocento, il fregio divenne una specie di cornice vegetale che inquadrava un'illustrazione, spesso di tipo umoristico. Oggi indica un disegno, a volte integrato da un breve testo, che esprime una battuta di spirito.


Famiglia Caltagirone

Di verde alla torre d'oro, cimata da un braccio destro uscente e armato d'argento impugnante in sbarra una spada dello stesso guarnita d'oro.
Nel 1282 Gualtiero Caltagirone fa parte della fazione italica dei rivoluzionari siciliani, alla quale fa parte Platie, contro quella aragonese che appoggia re Pietro d'Aragona, intervenuto contro il re francese Carlo d'Angiò. L'anno dopo Gualtiero si ribella al Re aragonese ma viene arrestato, giudicato e giustiziato. Nello stesso periodo, tra i militi e nobili della Città c'è Ugolino de Caltagirone. 1411 Giovanni Caltagirone è regio consigliere, 1421 Giovanni Landolina de Caltagirone è infeudato del casale e feudo Imbaccari (Soprano e Sottano) e nel 1424 ne vende metà (quello Sottano). 1538, 1543 e 1546 Antonino de Caltagirone è rappresentante (ambasciatore) di Plaza al Parlamento Generale convocato a Palermo e nel 1540 è procuratore fiscale del Regno. 1567 Giovanni Francesco de Caltagirone è maestro notario della Corte Giuratoria. 1637 Baldassare Caltagirone è consulente (consigliere urbano), 1666 Giovanni è notaio. 1701 Costantino Caltagirone è padre gesuita docente nel Collegio di Platia. 1788 padre Nicola Caltagirone senior è membro della Congregazione Agostiniana Centuripina e nel 1832 è priore nel Convento della "Neve". 1844 Nicola Caltagirone junior è priore nel Convento di Sant'Agostino.  

martedì 19 febbraio 2013

1148 - 1° titolo della Città

  1° Titolo: CITTA' MILITARE

Nel 1148, per la presenza di tanti Ordini Militari cavallereschi come i Cavalieri Crociati degli Ospedalieri, dei Templari, dei Canonici del Santo Sepolcro  e di Santa Maria di Valle Josaphat, la nostra Città, chiamata allora Placea, acquisisce il titolo di CITTA' MILITARE.

lunedì 18 febbraio 2013

Cinema "agli Angeli"

L'entrata del cinema era la terza porta a dx.

Vi ricordate che a Piazza esisteva anche il piccolo cinema parrocchiale della Chiesa degli Angeli? Ci sarò andato un paio di volte negli anni '60. Era piccolissimo, ma a noi bastava. Sì, era il nostro "multisala"anzi, "multisaletta"! Sembrava di essere dentro le scene, tanto eravamo vicini, e ricordo che quella volta proiettavano "Zorro" che con la spada ci lasciava il segno. Ci sono andato circa dieci anni fa a vedere giocare a pallavolo, due contro due, alcuni miei ex alunni del quartiere: era proprio piccolo!

Ospedale di Piazza/2^ Sede - 2° Nome

2^ sede - 2° nome

Nel 1420 la nobile Giacoma Villardita (alias Velardita) trasferisce la Domus Hospitalis dalla Strada dell'Ospedale, oggi via Roma, nella parte Nord della propria abitazione, prospiciente la Strata Mastra di allora, nel quartiere Monte (poi chiesa della SS. Trinità e oggi sede della Pinacoteca Comunale nella foto). Il trasferimento è dovuto all'inefficienza che crea non pochi problemi sanitari. L'ospedale nella nuova sede prende il nome di Ospedale di S. Calogero e di S. Maria degli Angeli, per la presenza nell'ex chiesetta di S. Lucia presso il vecchio Castello, nel 1238 chiamata di S. Calogero dai Carmelitani e nel 1392 chiamata di S. Maria degli Angeli dai Francescani, per la Confraternita di questi ultimi. Il personale è composto sempre dai frati medici e infermieri dell'Ordine di S. Giacomo d'Altopascio che già operavano accanto la chiesa di S. Barbara. Ben presto l'ospedale nella nuova sede diveta primario nell'isola. Giacoma appartiene a un'antica e nobile famiglia di militi e feudatari lombardi arrivati a Piazza intorno al 1296.

domenica 17 febbraio 2013

Gatti da pazzi

L'ora della siesta... e anche sella siettima!

Leggevo poco fa che oggi è la giornata dedicata ai gatti. 

Ma che razza di modo è di fare il solito riposino?!

... e i ratti ball'nu !

Nuova "area" in Piazza Duomo


Da ieri in Piazza Duomo si respira una nuova "area". Non si può attraversarla come prima, ma si gira dietro al monumento di Marco Trigona. Le auto si posteggiano a sx e a dx lungo il nuovo percorso. Ma già ci sono i primi malumori dei residenti, che non sanno dove posteggiare. Se dovesse rimanere in vigore la nuova disposizione, sarà logico togliere le strisce blu dalla via Cavour, da piazza Trinità e dallo spazio antistante l'ufficio postale. Oppure dare pass e/o agevolazioni ai residenti. Certo che la piazza così sembra per tre volte grande ed è un bel colpo d'occhio (non un colpo nell'occhio!). 

Foto da decifrare


Alcuni mesi fa avevo scattato queste foto sul cantone di via Monte angolo via Barbera, quasi di fronte la chiesa degli Angeli. Ve le propongo molto ingrandite per farvi notare la due date o, semplicemente, dei numeri, scolpiti sui blocchi di pietra lavorata del secondo rigo in alto a dx (dal suolo in realtà è il quinto). Nella foto in alto si può vedere la prima scritta a sx, dove vi si leggono appena le cifre "I82", e sembra la brutta copia di quella di dx, dove si leggono "I82I" (ingrandita nella foto in basso). Ma potrebbero essere "82" di un numero civico, o di altro significato, racchiusi in una specie cornice. Che ne dite? Che potrebbero significare?

Attenzione che ne ho da proporvene prossimamente delle altre, ancora più strane!

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Famiglia Caldarera

Di rosso alla caldaia manicata sormontata da tre stelle ordinate in fascia, in tutto in oro.
I Caldarera o Caldarari era gente lombarda, precisamente di Milano, giunta in Sicilia al tempo di re Pietro III d'Aragona I di Sicilia. Altri dicono che vennero in Sicilia con gli Aleramici, al tempo della conquista normanna. Questa seconda tesi è la più probabile perché nel gennaio del 1283, tra i nominativi dei militi-nobili di Platie, troviamo Mannono Caldarario e G. Caldarario. In seguito il cognome mutò in Caldarera (Caudarer nella parlata gallo-italica) e proprio in quel periodo si registra Bernardo Carlarera gentiluomo a servizio di re Pietro d'Aragona I di Sicilia e il figlio di questi, Bernardino Caladrera, guida i Piazzesi contro Roberto d'Angiò costringendolo alla ritirata. Bernardino diventa barone di Rabugino, Camemi e Favarotta, mentre Guglielmo, barone di Bifara e Favarotta, nel 1320 fonda il monastero di S. Chiara. Florentia baronessa di Braemi e Rabottano, sposa di Giovanni Caldarera senior regio milite e giudice, nel 1361 fonda il monastero Benedettino di S. Giovanni Evangelista. Nel 1380 ca. Giovanni junior bar. di Camemi muore senza eredi e lascia i suoi beni per la fondazione della Commenda degli Ospedalieri di S. Giovanni Battista. 1576 Andrea è tra i giurati che bloccano il quartiere Canali per impedire il diffondersi della peste diffusasi da Messina, ma il morbo causerà ugualmente 2000 morti. 1655 Maristella è suora nel monastero di S. Anna. 1666 Ottavio è sacerdote e Martino I è barone di Camemi. 1676/1697 Candida Aurora Caldarera è monaca che muore in odor di santità nel monastero di S. Giovanni Evangelista. 1777 Francesco junior barone di Camemi è tra i primi 5 senatori della Città che ha appena ricevuto il privilegio di Senato, Felice è superiore dei Padri Cassinesi. 1818 Martino II e Francesco baroni di Camemi sono iscritti alla Carboneria e la sede della "vendita" è la loro abitazione. A proposito, esiste soltanto uno stemma di questa famiglia in buone condizioni, nella facciata di un loro probabile palazzo. Si trova in via Vittorio Emanuele I, proprio sopra l'imboccatura di via Monte Prestami, ed è ripartito in due. A sx raffigura quello classico dei Trigona e a dx il calderone (pentolone) simbolo dei calderai (artigiani che fabbricavano pentole di rame e altri metalli) con due fiori sopra, il tutto sormontato da un'aquila bicipite coronata che identifica l'unione delle due importanti casate. Ho cercato di individuare chi fossero i due rappresentanti che, sposandosi, unirono le famiglie in quest'unico blasone, ma senza alcun risultato.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

sabato 16 febbraio 2013

1^ veduta della Città

Dipinto Madonna delle Grazie e Santi, 1612 ca., chiesa Cappuccini

Particolare con la prima veduta della città di Platia
Questa è la prima veduta, in assoluto, che abbiamo della nostra Città. Si tratta del particolare al centro del dipinto della Madonna delle Grazie e Santi che si trova presso la chiesa di Maria SS. delle Grazie dei Padri Cappuccini, al piano Sant'Ippolito. Il dipinto del 1612 ca. è opera del pittore Paolo Piazza, e il particolare rappresenta la nostra Platia all'inizio del XVII secolo, vista dal borgo Casalotto, portata in dono su un vassoio, dai Santi alla Madonna. In maniera molto netta si individua in primo piano la Porta di S. Giovanni Battista con, subito a dx, la Commenda. In alto a sx è inconfondibile il Castello Aragonese e, al centro in alto, la Chiesa Madre col campanile svettante (gli ultimi due livelli sono stati completati nel 1581) ma ancora senza la cupola. Nel periodo in cui viene dipinto il quadro, si discute se abbattere completamente la vecchia Chiesa Madre, per ricostruirne una di sana pianta, o abbatterne una parte perché struttura molto bella, ben fatta e resistente e perché la demolizione è considerata molto dispendiosa. Inoltre, nel 1614, riprende la ricostruzione del Vescovado demolito nel 1607, l'opera viene affidata a Giovanni Domenico Gagini junior (alias Gian Domenico Gagini II).    

Al lavoro per voi... e per me

Come vedete sono sempre a lavoro per voi. 

Ma con tanto piacere.

Il blog Cronologia ha fatto due mesi raggiungendo le 14.455 visite. 

Sorprendente!

 Thanks, merci, dank, gracias, takk, multumiri, shukrani e grazie

a nome di tutta la redazione

venerdì 15 febbraio 2013

Perché via Chiarandà

Stemma Padre Antonino Chiarandà nella pianta della Città del 1689

D'azzurro alla fascia d'oro, sormontata da un uccello fermo d'argento
Guardando bene l'antica pianta della Città di Platia, pubblicata l'11 febbraio scorso, potete notare come in cima vi sia uno stemma che non è quello di Piazza, come ci saremmo, invece, aspettati. Infatti, si tratta del blasone del Padre Gesuita sacerdote, giureconsulto e commissario del Tribunale dell'Inquisizione, Antonino Chiarandà, al quale è stata dedicata un'importante strada della nostra Città. Questo stemma lo troviamo nell'antica pianta del 1689, in quanto fu disegnata in occasione dell'inaugurazione dell'apertura del Collegio e Università degli Studi di Piazza intitolata proprio a Don Antonino Chiarandà. L'Università, che si chiamava anche Università di Studia Superiora o Seminario Generale di Teologia, poté essere istituita, grazie ai proventi non solo dell'eredità di Antonino Chiarandà (1611-1666), ma anche a quelli di un altro Padre Gesuita, Antonino Panitteri, e a quelli del canonico Giovanni Lo Ciccio, ambedue piazzesi. Nel 1826 un decreto di re Francesco I riformò le Accademie e i Collegi dell'Isola, lasciandovi soltanto i corsi di lettere, filosofia e matematica, dando vita ai Regi Licei di Sicilia (5 in tutto) ridimensionandoli così a istituti medi superiori propedeutici agli studi universitari. Di questo ridimensionamento dell'Accademia di Piazza cercò di approfittare la città di Caltanissetta che, considerando il nostro Liceo non più al livello di un istituto di Gesuiti, provò a stornare il ricchissimo lascito della fondazione Chiarandà, soltanto per il sostentamento della Comunità gesuitica che aveva in città. Ne nacque un'annosa vertenza che ancora nel 1866 non si era spenta, sino a quando le leggi di soppressione degli Enti religiosi non incamerarono tutto, salvo le opere di beneficenza e gli istituti di istruzione. Ma il cambio di destinazione, che era stato fatto precedentemente dai Gesuiti di Caltanissetta, fu fatale, e in questo modo tutta l'eredità andò perduta.     

giovedì 14 febbraio 2013

Le conseguenze

Attenzione: eccovi le conseguenze di S. Valentino !

2° Buon San Valentino

La passione se ne frega del termometro ! (a vent'anni!)

1° Santo Compatrono

La chiesa di S. Vincenzo Ferreri

 1° Santo Compatrono, San Vincenzo Ferreri

Nel 1455 il Papa proclamò santo Vincenzo Ferreri. Nato in Spagna nel 1350 a 17 anni entrò nell'Ordine dei Domenicani. Uomo saggio, fu spesso richiesto come arbitro e consigliere di pubbliche associazioni, nonché di famiglie nobili e popolari. Morì in Bretagna nel 1419. Il Padre Domenicano Vincenzo Pistoia del convento Domenicano di Plaza, essendo stato miracolato in gioventù, ucciso di spada e buttato nelle fiamme, era stato richiamato in vita miracolosamente da San Vincenzo Ferreri, alla proclamazione di santità fu invaso da sacro ardore: non solo convinse popolo ed autorità a dare inizio alla costruzione di una chiesa in onore del nuovo Santo, ma propose ed ottenne di proclamare lo stesso, patrono della città di Piazza. Il Pistoia morì a Plaza nel 1466 in odore di santità e i lavori, per la costruzione della chiesa di San Vincenzo iniziati nel 1470, proprio accanto al convento dei Domenicani (poi Seminario Vescovile), cessarono essendo venute meno le pubbliche donazioni. Dopo circa un secolo l'edificio incompleto fu concesso al sodalizio di S. Vincenzo e dei SS. Cipriano e Mercurio, con l'obbligo di completare la chiesa. Nel 1578 fu decisivo il contributo del nobile piazzese Giuseppe Starrabba che, insieme ad altre elargizioni, ultimò i lavori di costruzione. Lo Starrabba oltre a essere conte di Naso era barone di Gatta, Bimisca e Scibini (dove dal suo discendente, il principe Gaetano Maria, nel 1756 fu fondato il paese di Pachino). Alla sua morte, nel 1610, venne seppellito nella chiesa di S. Vincenzo. Ed eccovi spiegato perché nella chiesa, da tempo chiusa, vi si trovano innumerevoli stemmi di questa famiglia.  

1° Buon San Valentino


mercoledì 13 febbraio 2013

La Martorana restaurata

Mosaico di Ruggero II re di Sicilia alla Martorana
Dopo due anni di restauri, uno dei monumenti-simbolo della città di Palermo, la chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio o San Nicolò dei Greci, detta la Martorana, viene restituito alle visite. Dopo l'inaugurazione di domenica 10 Febbraio 2013, la chiesa sarà visitabile tutti i giorni dalle 9:00 alle 12:00, il mercoledì e il venerdì anche il pomeriggio dalle 15:00 alle 18:00.
Per maggiori dettagli andare su Palermo-La Repubblica.it 

Ospedale di Piazza/1^ Sede - 1° Nome

Via Roma

Prima sede: VIA ROMA - Primo nome: DOMUS HOSPITALIS

Nel 1142 all'altezza della chiesa di Santa Barbara, nell'odierna via Roma, prima chiamata strada di fundachi e poi ferreria, il conte Simone Aleramico si riserva un'area che destina a ospizi e ostelli, idonei a curare i cittadini lombardi e ad assistere i viandanti e i pellegrini. L'ospedale, situato in diverse abitazioni, e quindi non come l'intendiamo noi oggi, è retto da frati appartenenti all'Ordine di San Giacomo d'Altopascio, tra i quali esiste una prevalenza di elementi ospedalieri su quelli militari. Nel 1390 l'ospizio-ospedale (Domus Hospitalis, lo consideriamo il I nome) è occupato dalle truppe di re Martino il Giovane che ne fanno il loro quartier generale, mandandolo in crisi.

martedì 12 febbraio 2013

Il fantastico negozio

Il signor Valentino Alessandro al centro della foto

Finalmente è arrivata la foto del famoso negozio di giocattoli e altro, del Sig. Valentino Alessandro. Il negozio "Valentino magazzino per tutti" si trovava in piazza Garibaldi ai numeri 19 e 20. Erano almeno cinquant'anni che non vedevo l'interno del negozio, purtroppo in bianco e nero, ma i miei ricordi sono a colori. Non mi sbagliavo a ricordarmelo pieno di articoli di ogni genere e anche di profumi (in basso a dx se ne vedono alcune bottigliette). Ma quelli che rimanevano impressi erano i giocattoli, lì a portata di mano, ma non di portafogli. In questo periodo di carnevale si vendevano, oltre ai coriandoli e alle stelle filanti, vari tipi di scherzi: la polvere che faceva starnutire, l'altra gratta-gratta, l'anello e il naso-baffi-occhiali con le pompette d'acqua, il cuscino rumoroso che provocava scorregge sotto l'ascella, i flaconi di borotalco per spruzzarlo addosso ai compagni e, per i più temerari, le fialette puzzolenti, con la tipica orrenda puzza di uova marce ! Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Carnevale con l'HULA HOOP

Questa mattina, un visitatore mi ha ricordato che "Valentino magazzino per tutti", per carnevale negli anni '60, organizzava in piazza Garibaldi delle serate danzanti. Durante una di queste, fece svolgere una gara di HULA HOOP, difondendo musica a più non posso dal suo fantastico negozio. Il visitatore anonimo, senz'altro mio coetaneo, ha concluso con questi aggettivi: bellissimo, fantastico e indimenticabile !

Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

Scherzi del... trapianto/3^ e ultima parte

Largo Capodarso (u chianu barun), luogo d'incontro della storiella

3^ e ultima parte de "IL TRAPIANTO" del poeta piazzese Pino Testa. La storiella è tratta dall'ultima pubblicazione dell'autore Sfanfùgghiuli

Simbolo del Fascio a Piazza

Fascio scolpito su una famosa scalinata di Piazza*



Il Fascio Littorio nell’antica Roma era un simbolo del potere, dell’autorità giudiziaria e dell’unità del popolo. Consisteva in un’ascia avvolta in un fascio di verghe di betulla bianca, legate insieme da nastri di cuoio. I “littori” erano i funzionari al servizio dei magistrati che all’inizio si limitavano a scortarli, per difenderli appunto con le verghe, successivamente il loro compito si estese all'esecuzione delle pene corporali con le verghe e alle decapitazioni con l’ascia. In età regia si ponevano davanti al Re in numero di dodici, in età repubblicana scortavano i magistrati maggiori in numero corrispondente al rango. Solo il dittatore poteva portare le asce dentro la Roma sacra, in quanto all’interno della città non poteva applicarsi la pena di morte ai cittadini romani. Il simbolo venne poi adottato dal fascismo italiano che proprio da esso prese il nome. Dall'antica Roma il fascismo prese anche l’appellativo duce (capo militare) e il saluto romano che si faceva alzando il braccio.
*Anche Piazza durante il ventennio fascista, era piena di scritte e di fasci, che furono eliminati immediatamente dopo la fine del secondo coflitto mondiale nel 1945. Per esempio la firma "MUSSOLINI" fu tolta dalla frase Combattere e se occorre morire. E' il sangue che dà... sul monumento al Generale Cascino. La frase faceva parte del discorso che l'allora socialista-interventista Mussolini tenne a Parma nel 1914. Ma non tutto venne cancellato. Il fascio scolpito della foto in alto ne è la prova e se vi dico dove si trova, non ci credete !