Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

venerdì 31 maggio 2013

Al Generale/Maggio 1940

Non poteva mancare in questo mese un post dedicato all'inaugurazione di uno dei monumenti simbolo della nostra Città. Nel maggio del 1940 (esiste un breve filmato dell'Archivio Storico Istituto Luce datato 21/06/1940) veniva inaugurato il monumento costruito dall'architetto piazzese Domenico (Mimì) Roccella (1903-1946) e dallo scultore Alfredo De Marchis¹, in onore della Medaglia d'Oro al Valore Militare della I Guerra Mondiale Antonino Cascino (1862-1917). Alla manifestazione era presente l'alto dirigente del Partito Fascista e grande mutilato di guerra Carlo Delcroix (1896-1977) nonché mio padre Gino nella prima fila della grande tribuna eretta sul lato Ovest del monumento. Al nostro Generale, morto il 29 Settembre 1917 all'ospedale di Quisca (oggi Kojsko, in Slovenia) in seguito all'infezione della ferita alla coscia provocata da una scheggia di granata il 15 settembre sul Monte S. Gabriele (3 Km. a Nord-Est di Gorizia) dopo aver conquistato qualche settimana prima il vicino Monte Santo (2 Km. a Nord dal S. Gabriele e 3 a Sud dal Vodice), vennero dedicati nel 1922 un Cacciatorpediniere della Regia Marina, nel 1939 un Borgo Rurale a ca. 10 Km. a Sud-Ovest di Enna e numerose Caserme, Piazze e Vie in tutta Italia. Il suo corpo riposa nella III cappella, nonché passaggio al chiostro, della navata di sx della chiesa di S. Domenico Pantheon di Palermo.  
¹ Nel maggio 2018 la nipote Roberta De Marchis Consulich con un commento sul mio blog "CRONOLOGIA" mi ha fatto sapere che il nome esatto dello scultore era Giandomenico De Marchis e non Alfredo.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

 

PIAZZA MIGLIORE


La foto del profilo

Accolgo con piacere la richiesta di Giuseppe Pisana, per comunicarvi l'esistenza su facebook della pagina dedicata a una "PIAZZA MIGLIORE" con le sue parole: "Questa pagina ha lo scopo di rendere migliore la nostra amata città Piazza Armerina, promuovendo eventi, denunciando scempi e le negatività che purtroppo affliggono il Nostro Paese, con lo sguardo rivolto anche verso le vicende politiche nazionali, VENITECI A VISITARE!!! su   

https://www.facebook.com/PiazzaMigliore

 

Auguri a "PIAZZA MIGLIORE" da Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

Domani conferenza sul gallo-italico


Sodalizio di Sant'Anna

Chiesa di Sant'Anna
Poche le notizie sul Sodalizio di Sant'Anna. Sappiamo che la chiesa, inaugurata nel 1745, già nel 1680 aveva ricevuto dei finanziamenti dalla baronessa Geronima Rivarola di Rafforusso. La baronessa aveva iniziato in questo modo la trasformazione del precedente Oratorio di S. Anna che confinava col monastero di Agostiniane fondato nel 1642 (settimo in Sicilia). La chiesa sarà costruita e ultimata grazie soprattutto ai considerevoli contributi provenienti dalla famiglia Trigona. Infatti, sino a qualche anno fa, nel portone d'ingresso si distinguevano benissimo due aquile con lo stemma di questa nobile famiglia. Dopo il 1866 il Monastero verrà trasformato in scuole elementari mentre la chiesa sarà la sede del Sodalizio. Successivamente, dal 1920 al 1935, la chiesa sarà concessa prima ai Reduci di Guerra, poi a varie associazioni ricreative che, non curandone la manutenzione, contribuiscono alla definitiva chiusura per il rischio di crolli. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it   

giovedì 30 maggio 2013

Incredibile !

Finalmente oggi viene inaugurato l'aeroporto di Comiso, una bella alternativa, per noi più vicina, a quello caotico di Catania.

Ospedale 4^ Sede/Nome definitivo


Nel 1860 per le leggi eversive i frati Fatebenefratelli vanno via da Piazza e il convento di S. Francesco è acquisito dal notaio Remigio Roccella, rettore dell'altro ospedale esistente, l'Ospedale Chiello. Pertanto i due ospedali, il Chiello e il S. Giovanni di Dio, si riuniscono in uno solo sotto il nome definitivo di "Ospedale Michele Chiello". L'acquisizione del convento francescano e il risanamento del bilancio amministrativo del nuovo ospedale è dovuto alla donazione del chierico Michele Chiello e a quelle di Trigona Vespasiano di Gerace, Carmela d'Aquino-Trigona di Gerace (moglie del primo), La Vaccara Adelaide fu Calogero, canonico Maltisotto Pasquale, avvocato Di Pietra Gaetano, professor Paternicò Domenico, Platamone-Trigona-Crescimanno Marianna, Carrù Marianna, Vincifori Ignazio e Franzone Giuseppina (una lapide in marmo nella sede al Monte e cartacea nella sede alla Bellia ne ricorda i nomi). Il nuovo Ospedale in alcuni documenti successivi all'unificazione, appare anche col nome di "Ospedale Chiello e Vespasiano Trigona", in quanto il barone alla sua morte, avvenuta nel 1853, gli ha lasciato il feudo Ciappa, il palazzo baronale di Piazza Castello e altri beni minori, riservandone l'usufrutto alla moglie al quale lei rinuncerà definitivamente nel 1865. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

mercoledì 29 maggio 2013

U rùmulu

La TROTTOLA, ma noi la chiamavamo con un nome al maschile, U RÙMULU, era già un giocattolo molto diffuso sin dai tempi dei Greci e dei Romani. Da noi si è usato sino agli anni '60, poi non si è più visto. Formato da un cono di legno duro, d bùsg o d'aulìv (in dialetto più recente bùsciu = bosso, auliv = olivo) con tante scanalature, per facilitare l'avvolgimento della cordicella tenendolo pa cap'tìna (capoccia). All'estremità inferiore veniva conficcato un chiodo con la testa arrotondata, sia per motivi di attrito che per quelli di usura. Il gioco consisteva nel tirare la cordicella tanto forte da far ruotare u rùmulu facendolo rimanere in piedi il più a lungo possibile. I più bravi passavano alla fase successiva. Si sfidavano a colpire, lanciando il proprio giocattolo, quello dell'avversario, fino a spaccarlo in due per prendersi come trofeo il chiodo ormai libero. Ultimamente abbiamo potuto vedere queste fasi nelle scene iniziali e finali del film Baarìa in cui addirittura il fabbro, mentre innestava la punta di ferro no rùmulu, inseriva anche una mosca viva e alla fine, quando la trottola veniva spaccata, l'insetto riprendeva a volare anche dopo tanto tempo rimasto dentro (nei film tutto è possibile!). A Piazza quasi tutti i falegnami erano capaci di utilizzare il tornio a pedale, indispensabile per la costruzione del giocattolo, ma ce n'era uno che si era specializzato particolarmente. Era don Peppino Roccazzella, prima abitante e col laboratorio nelle case di fronte l'odierna posta, poi trasferitosi in quella lasciatagli in eredità dalla sorella accanto all'ingresso della Villa Garibaldi, a destra dopo il ponte della ferrovia che prima esisteva nell'ex via Padova oggi Don Milani. Proprio a questo giocattolo ci si riferiva quando si doveva rimproverare un bambino discolo e superattivo, che oggi diremmo un po' "vivace": "Ora sett't e nan far còm u rùmulu!". Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it       

martedì 28 maggio 2013

Foto che ci ridimensiona


L'altro giorno su facebook c'era questa bella foto notturna della nostra isola ripresa da un satellite. Il puntino luminoso che ho indicato con la freccia è la nostra Piazza, con tutti i piazzesi dentro, proprio tutti in quel puntino ! Tanti i pensieri che si fanno a questa altezza, tra i tanti quello che ridimensiona i nostri problemi, di ogni genere e che ci ricorda cosa siamo su questo pianeta ! Se consideriamo la storia del pianeta come la distanza di qua alla Bellia, tutta la storia del genere umano occupa appena un centimetro, pertanto il mio consiglio è di darci una regolata. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

Sodalizio dei Dodici Preti

Piazza Garibaldi ex Piazza Pescara, 1909
Tra i 22 Sodalizi nella nostra Città c'era pure quello chiamato "Dei Dodici Preti". Era sotto il titolo di San Pancrazio che, morto martirizzato all'età di 14 anni nel 304 d.C., è patrono dei Giovani dell'Azione Cattolica. Il luogo di riunione e di riferimento di questo Sodalizio era in Piazza Garibaldi già Piazza Pescara, all'angolo con la Via Umberto I o strata a fera, dove c'era una piccolissima chiesetta dedicata a Cristo Salvatore chiamata dai piazzesi U S'gn'rùzzu da Ciàzza. Lo scopo principale del Sodalizio era quello di assistere le persone indigenti, specie se anziane e ammalate, recandosi nelle loro case per confessarle, comunicarle e aiutarle non solo spiritualmente. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it 

lunedì 27 maggio 2013

Vita condominiale...

Vita condominiale e comunicazioni varie fra acculturati !

Stesso autore palermitano



Cos'hanno in comune queste due statue ?

  
Da "palermo.repubblica.it":

<< RITROVATA DOPO TRE MESI IN UN MAGAZZINO LA STATUA RUBATA AL PALAZZO DELLE FINANZE.>>

La bellissima statua della Vittoria alata (foto in alto) dell'artista palermitano Antonio Ugo (1870-1950) è stata scoperta in questi giorni dalla polizia in un box del quartiere Danisinni. Realizzata in bronzo e pesante quattro quintali, è stata sezionata in tre parti dai ladri che sicuramente avrebbero fuso per ricavarne il rame che si trova nella lega col bronzo. L'opera realizzata dallo stesso scultore del nostro Marco Trigona, si trovava al secondo piano del Palazzo delle Finanze in Corso Vitt. Emanuele di Palermo, in questi mesi al centro di lavori di restauro. Fu commissionata dal Banco di Sicilia e inaugurata nel quarto anniversario della fine della I Guerra Mondiale (4 nov. 1922). Lo scultore e medaglista, tra le sue 25 opere sparse in tutta Italia, realizzò la statua del barone Marco Trigona nel 1906 servendosi di una delle più importanti fonderie d'Europa di quel periodo, le Fonderie G. A. Laganà di Napoli, come è riportato nella scritta alla base posteriore della statua in piazza Duomo. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it      


domenica 26 maggio 2013

A sciunna / parte 2^

Questo attrezzo nelle mani di giovani inesperti e alle prime "armi", poteva essere molto pericoloso soprattutto se nei primi lanci non si capiva cosa si doveva lasciare andare per prima, la parte tenuta dalla mano sx o quella tenuta dalla mano dx, e se non si capiva che non si doveva mirare verso il compagno vicino, neanche appafinta. Bisogna ricordare che, mentre per noi nati negli anni '50 l'attrezzo era prettamente ludico (tiro a bottiglie d' gazzusa, lattine da salsa) o teppistico (tiro a lampadine, lampioni, finestre, animali domestici, scaramucce tra bande rivali), e per questo assolutamente proibito portarla a scuola, in parrocchia, a casa, per i giovani nati prima, il "sapiente" uso di quest'attrezzo, poteva aiutarli a integrare l'alimentazione. Infatti, era molto usato nella caccia e palùmmi, che facilmente si trovavano sugli alti palazzi della via Cavour, alla Cattedrale, all'Ospedale, in piazza Castello. I carusazzi cu a sciunna, dopo essersi procurati dei pezzi di chiummu (ideali i pezzi di piombo per i pacchi postali) erano così sperti che dopo due o tre lanci ne colpivano una che o se la portavano a casa mucciàta na p'tturìna per cucinarla, o se la vendevano per una lira a Santa Rusulìa. Alcuni, come il signore novantenne che ho conosciuto l'altro giorno, andavano a caccia anche in trasferta nei paesi vicini in bicicletta, specie ad Aidone, dove c'era poca concorrenza e perciò la "selvaggina" abbondava. Prima di concludere voglio accennare al detto, per la verità ancora in voga, che aveva attinenza con la parola SCIUNNA. Quando si voleva rimproverare qualcuno per l'imperizia, l'ingenuità, la facilità nello sbagliare, fallire o fraintendere, gli si diceva (e gli si dice): "Au, si propriu 'na sciunna !", appunto perché 9 volte su 10 sbagliava bersaglio ! Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

Famiglia Bonifacio

Campo d'oro con quattro pali di rosso e una banda d'argento attraversante il tutto

La famiglia Bonifacio (alias Bonifazio) è originaria di Messina dove il cavaliere Bonifacio è responsabile della custodia di re Ruggero I d'Altavilla. Poi si susseguono Ruggiero, Pierleone, Giovanni sino ad arrivare a Matteo, barone del Casale delli Graniti (Messina) e Giudice della Corte Straticotiale di Messina nel 1404, e al fratello di Matteo, Nicolò, Senatore a Messina. Dopodiché arriviamo al 1634 quando Cesare Bonifacio è Padre Gesuita docente nel Collegio di Piazza. Nel 1714 troviamo Antonino Bonifacio sacerdote che fugge da Piazza per obbedire al Papa nella Controversia Liparitana. Nel 1837/39 il dott. Vincenzo Bonifacio è milite della Guardia nazionale cittadina e nel 1860 è messo sotto sorveglianza dalla polizia borbonica. Nella sua casa il 6 aprile si tiene una riunione segreta del Comitato Rivoluzionario di Piazza di cui fa parte e che decide per la rivoluzione il 18 maggio 1860. Dal 1861 sino al 1865 è Sindaco della Città. Sino ai primi dell'Ottocento nell'odierna via Roma esisteva una casa privata chiamata "Hospitio vocato della Nunciata" di proprietà dei coniugi Innocenzo Bonifacio e Maria Cagno, forse oggi palazzo che fa angolo con la Discesa La Rosa. Nel 1950 il maestro elementare Antonino Bonifazio parla della chiesa piazzese di S. Francesco d'Assisi nella pubblicazione "Idea Nostra" e, per concludere, la via dove il dott. Vincenzo Bonifacio aveva la sua casa ha preso il suo nome, e in quella via, al n. 10, io nacqui nel 1953. Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina.blogspot.it

sabato 25 maggio 2013

Ciao Enzo


A sciunna / parte 1^

Se facessimo un sondaggio, tanto di moda in questo periodo, per sapere quanti ultracinquantenni hanno avuto tra le mani questo attrezzo, sicuramente toccheremmo percentuali altissime, oltre il 90 %. Infatti, un altro attrezzo ludico di tanti decenni fa era la FIONDA o, come la chiamavamo noi, A SCIUNNA. Si componeva di tre parti, tutte della stessa importanza. Prima di tutto A FURCÈDDA che era la parte in legno, se di pino meglio perché i rami più flessibili potevano essere piegati, dopo averli legati cu ferruf'latu e messi sul fuoco, tanto da fargli assumere la tipica forma a U, con il manico in basso a Y. La seconda parte era formata da due strisce di materiale elastico chiamati LEGACCI, nulla di più indicato di due fettucce di camera d'aria per bicicletta (quella per auto non era adatta perché più spessa e occorreva più forza per tenderla) da legare con estrema cura alle estremità della U. La terza parte era formata da un rettangolo di cuoio, di pochi centimentri di lato, con due fori dove si facevano passare i legacci e che serviva a contenere il proiettile da lanciare dopo averli tirati indietro con forza, tipo tiro con l'arco.  Di solito questo cuoio si ricavava da vecchie scarpe o borse e borsette delle nostre madri. Anche se non faceva parte della sciunna, un accessorio importantissimo erano "le munizioni" che si lanciavano. Dalla loro forma, peso e materiale dipendeva il risultato finale nel colpire il bersaglio che, 9 volte su 10, veniva mancato. Il proiettile più usato era quello a portata di mano, na p'truzza meglio se 'n cuticchiu d sciùm, molto più levigato e tondo. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

► Domani la seconda parte.

venerdì 24 maggio 2013

Il Piave mormorava


 Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!

Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
 S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.

Era un presagio dolce e lusinghiero
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"

In ricordo dei tanti che partirono verso la morte senza sapere il perché !

 

24 Maggio 1915

Il bersagliere Angelo Masuzzo, 1915
Il 24 Maggio 1915 l'Italia dichiara guerra all'Austria-Ungheria. Il nostro paese entra così nel vortice della Prima Guerra Mondiale, un vortice che in tre anni rischia di trasformarsi in una catastrofe militare, con la disfatta di Caporetto, e che solo l'eroica resistenza sulla linea del fiume Piave riesce a riscattare in modo vittorioso. Proprio all'epopea del Piave è dedicata la canzone patriottica di maggior successo nella storia italiana La leggenda del Piave o La canzone del Piave, canzone che fra il 1943 e il 1946 è anche inno nazionale provvisorio. A scriverla è il maestro Ermete Giovanni Gaeta (Napoli 1884-1961) che rinuncia ai diritti d'autore e anche a tutti i premi ottenuti dalla canzone (per lo più medaglie d'oro) in favore dei reduci e degli ex combattenti del Piave. Alla fine del conflitto Piazza contribuisce con il sacrificio di 270 soldati morti su un totale di 650.000 italiani morti. Tra i tanti che partono per il fronte, e i pochi che ritornano vivi, c'è mio nonno paterno, il bersagliere Angelo Masuzzo ('Ngiulìddu u bèrsaglier) classe 1893, del X Bersaglieri-Arditi. Porta con se il fucile che risulterà l'unica ricompensa (oltre alla medaglia di Cavaliere di Vittorio Veneto, dopo tanti anni) in quanto aspetterà invano il premio dell'assicurazione di 1.000 lire che sarebbe toccato a ogni reduce.  

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it  

La fiera in Piazza Duomo

Nel 1838 la fiera esente da dazio chiamata Fiera Franca, di patronato della Chiesa Madre Cattedrale, viene portata al 22 maggio ed eseguita nel piano della Santa Cattedrale iniziando dalla Cantoniera del Vescovado. Questa è una delle rare occasioni per guardare e, se possibile, acquistare indumenti e attrezzi che possono servire nei prossimi mesi estivi, soprattutto per il lavoro nei campi. La fiera, che dura due settimane, è chiamata anche fiera del Santissimo Sacramento o del Corpus Domini (in giugno, la nona domenica dopo quella di Pasqua) e richiama molti mercanti anche da paesi lontani, perché non si paga la tassa per la vendita (dazio) che, invece, si paga nelle altre ogni volta che le merci entrano o escono dai centri urbani. La fiera sul Piano della Cattedrale si svolgerà sino al 1858, per poi spostarsi in altre zone della Città, come il Piano Sant'Ippolito, Piano del Patrisanto o dei Teatini, etc. Un'altra Fiera Franca è quella del bestiame che dal 1613  si svolge alla Bellia l'8 settembre, nell'occasione si festeggia la Madonna della Noce. Questa alla Bellia prima si faceva davanti la chiesa di S. Pietro, poi davanti la Commenda di S. Giacomo d'Altopascio (cimitero nuovo). Dalla Bellia poi si trasferirà al Piano Sant'Ippolito, infine all'ex SIACE. 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

giovedì 23 maggio 2013

21 anni, e ancora...

23 maggio 1992, ore 17:58, con 400 chili, ovvero quasi mezza tonnellata, di tritolo saltano in aria 5 persone fra le quali il magistrato antimafia Giovanni Falcone (1939-1992) che aveva detto: "La mafia non è affatto invincibile. E' un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà una fine." 

Dopo 21 anni, le indagini continuano !

L'8^ Veduta della Città

Veduta della Città nella II metà del 1700
Vista nuovamente da Est, ovvero dall'alto del borgo Casalotto, ma questa volta la Chiesa Madre è con la cupola, pertanto dovremmo trovarci a metà XVIII secolo. In alto a sx l'inconfondibile Castello Aragonese, verso dx dei palazzi con merli che precedono la Chiesa Madre. Subito sulla dx svetta un grande edificio con una torretta, probabilmente quello del Vescovado. Ancora a dx, ma più in basso, la grande chiesa di S. Francesco col suo alto campanile. Ma dietro se ne scorge un altro (?) con la bandierina svolazzante. Alla sx, dopo diversi grandi edifici, quello grande del Collegio e chiesa di S. Ignazio. In basso al centro la grande piazza Maggiore o Pescara sormontato dal Palazzo Senatorio, e in basso il grande campanile con ancora la guglia di S. Giovanni Evangelista. Alla sua dx il grande edificio della chiesa e convento dei PP. Agostiniani. Ancora più in basso la grande strada (oggi via Garibaldi) che arriva sino alla porta di S. Giovanni Battista, con la Commenda a dx, sempre in questa direzione ma lontano dalle mura, il Gran Priorato di Sant'Andrea. Non si distingue bene la chiesa di S. Stefano a sx della porta di S. Giovanni Battista, mentre è ben visibile in basso a sx quella del Carmine, col suo convento fuori le mura della Città. Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina.blogspot.it 

mercoledì 22 maggio 2013

Ospedale di Piazza / 4^ Sede 6° Nome

Il chiostro del convento di S. Francesco poi Ospedale Chiello
Nel 1771 il chierico Michele Chiello oltre a fondare un "Monte Prestami" (o dei Pegni) per combattere l'usura, dota di ricche rendite un nuovo ospedale che prende il nome di Ospedale Chiello (che poi rimarrà sino ai nostri giorni). Il nuovo ospedale si insedia nello stesso stabile dell'altro già esistente Ospedale di S. Giovanni di Dio dei Padri Fatebenefratelli. I due ospedali, che hanno distinte amministrazioni, operano dal 1780 come istituzioni complementari alla Facoltà di Medicina della Regia Accademia degli Studi di Piazza condotta da Padri Domenicani. Questi hanno sostituito i Padri Gesuiti espulsi dal Regno di Sicilia nel 1767, dopo 78 anni dall'istituzione dell'Università degli Studi che li ha visti, tranne che per i quattro anni di chiusura dovuta alla Controversia Liparitana (1715-1719), sempre alla sua guida. I due ospedali comprendono pochi posti letto, 8 al massimo, e in un locale accanto alla grande porta c'è la ruota di legno per gli esposti (trovatelli) con la campanella per avvertirne la presenza. Una ruota simile ancora è ben visibile all'interno a dx, dopo il portone d'ingresso, del Monastero delle Benedettine di S. Giovanni Evangelista. Gaetano Msuzzo/cronarmerina.blospot.it

martedì 21 maggio 2013

Reportage da vedere

Mario Noto

Una delle 22 foto della mostra
Ero indeciso tra i tanti titoli che potessero incuriosirvi a tal punto da convincervi ad andare a visitare la mostra fotografica nella nuova "Casa della Cultura" in via Garibaldi: L'Ovest di una volta, Il Sud nel dopoguerra, Ritorno al passato prossimo, Settanta anni fa, Due passi a Est, ma poi ho deciso altrimenti. Al nostro concittadino Mario Noto, autore di questi 22 scatti, risultato di diverse settimane di permanenza in quelle terre martoriate dalla guerra civile, oltre a confermargli la bella presentazione scritta da Concetto Prestifilippo "...Il reportage fotografico di Mario Noto, ha lo stesso valore eversivo delle indagini sociologiche del secolo scorso... i personaggi non hanno nazionalità. Non hanno nulla. Sono uomini sventurati. Sono l'insulto al falso mito di progresso. Sono brandelli di anime... Le inquadrature dei ritratti... non lasciano indifferenti... immortalano realtà rerefatte.", ho lasciato queste parole sul libro dei visitatori: "Guardando le tue foto, ho provato tanta invidia per non averle fatte io!". Sentiremo parlare molto di questo superfotografo al quale vanno i miei complimenti.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it 

U carrözz

U carrözz
Ed eccovi subito una foto d 'n carrözz che mi è stata inviata affettuosamente e celermente da un assiduo visitatore del blog. Era proprio così il mezzo di trasporto ludico tanto usato negli anni '60, e anche prima, per le strade di Piazza. Per l'uso erano indicate soprattutto le strade in discesa, e nella nostra Città, tutta in collina, non mancavano di certo e c'era l'imbarazzo della scelta: via Cavour, via Itria, via S. Stefano, via Castellina, via Roma, via Monte. Bastavano due tavole di legno, di cui una molto più larga, e tre cuscinetti (sempre difficili da reperire) e voilà il mezzo di locomozione bello da fare invidia. Le tecniche per montare sul bolide a spinta era due: a) da seduti, ma la guida tirando u rumaneddu come redini era alquanto difficoltosa, specie nelle curve ad alta velocità, ma, in cambio, dava la possibilità di "viaggiare" in due; b) da sdraiati, a pancia in giù, dove si potevano raggiungere facilmente le velocità da slittino su ghiaccio e anche il più vicino pronto soccorso cioè u sp'tàl Chiellu ! Perché, una volta partiti, il problema era come frenare a quella velocità in presenza di qualche ostacolo fermo, come 'na cantunera, o uno mobile, come u zìu cu scèccu ! Di solito per frenare si usavano i talloni per la prima tecnica, le punte dei piedi per la seconda, per la gioia dei calzolai ! Grazie all'amico che ci ha fatto rivivere l'ebbrezza di quella velocità incosciente. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it   

lunedì 20 maggio 2013

1411 - La regina Bianca di Navarra

Castello di Pietratagliata o dei Gresti

Nel maggio del 1411 la regina vicaria Bianca di Navarra (1387-1441), vedova di re Martino I d'Aragona detto il Giovane, trovandosi ad Assoro, dopo aver fatto tappa presso il castello di Pietratagliata nella foto (si trova tra Aidone e Raddusa), approva i Capitoli per la Terra Placie o Universitati di Plaza che in questo periodo conta 8.000 abitanti. Queste nuove regole vanno a integrare quelle già in uso presso la nostra Città come, per esempio, quella che per trattare questioni di grande interesse prevede la riunione del Consiglio Civico Generale, sempre dietro autorizzazione del Re. Il Consiglio, composto da 400/500 cittadini, si riunisce presso la Chiesa Madre dedicata a S. Maria Maggiore, unico edificio in grado di accogliere tale gran numero di persone. Diciannove anni prima i due sovrani hanno completato la costruzione del Castello Aragonese, che è stato realizzato dopo aver trasferito il convento francescano preesistente dove c'era stato sino ad allora il Vecchio Castello di Placea. Il borgo che era nato ai piedi di questo Vecchio Castello aveva già preso il nome di Castellina, poi uno dei quattro quartieri storici della Città. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

domenica 19 maggio 2013

Famiglia Lancia o Lanza

D'oro al leone coronato di nero, linguato di rosso, con la bordatura d'argento e di rosso
La famiglia Lancia o Lanza discende da Ernesto duca di Baviera che, nel 970 ca., è nominato il capitano dalla grande Lancia, da ciò il cognome. I figli di questi vengono in Italia, precisamente in Lombardia e nel napoletano. Il capostipite della famiglia in Sicilia è Bonifacio Lancia signore d'Anglona. Per quanto riguarda il nostro territorio nel 1300 Ugo Lancia è feudatario di Imbaccari Superiore, dei Censi e Decime dei Mulini di Platie, di Bessima, di Castania, di Castelminardo e, nel 1342, aderente al partito catalano. Il figlio Blasco Lancia è feudatario di Mongiolino (Mineo), Ficarra, Galati e Longi. 1330 ca. Cesarea Lancia dei conti di Caltanissetta sposa il duca Giovanni d'Aragona (1317-1348). 1340 Nicolò Lancia è sindaco della Città e appoggia il partito catalano del duca Giovanni e nel 1342 è stratigoto (ufficiale di nomina regia). 1342 Barbara, unica figlia di Blasco, è baronessa di Imbaccari Sup. e va in sposa a Bernardo di Villardita. 1356 Corrado, fratello di Blasco, è barone di Sinagra e Blasco, privato del feudo e del castello di Mongiolino, si trasferisce nei suoi feudi di Ficarra, Sinagra, Brolo, Galati e Longi, siti in territorio di Patti (Me). Da re Federico III di Sicilia Blasco ottiene il feudo e il castello di S. Teodoro presso Troina. Avverso al partito chiaramontano è nominato nel 1358 capitano di Platie, ma ribellatosi al Re viene spogliato dei feudi di Brolo, Ficarra, Sinagra e S. Teodoro. Nel 1362 si adopera per la pace, chiamata appunto "pace di Piazza", e viene reintegrato nei suoi beni. Nel 1391 gli vengono nuovamente confiscati i beni ma nel 1393 gli vengono restituiti. 1392 a Pietruccio, figlio di Corrado, i sovrani aragonesi (Martino il Giovane e Bianca di Navarra) lo privono dei suoi beni feudali, ma dopo 6 anni riottiene l'investitura di Sortino (Siracusa), terra della madre, Caterina de Moac. Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina.blogspot.it

sabato 18 maggio 2013

Sodalizio dei Calzolai

U màstr scarpèr cu döi carösi e primi du '900

Il Sodalzio dei Calzolai, che comprendeva anche quello dei Conciatori di pelli e dei Calzettieri, è tra i più antichi Sodalizi della nostra Città. Addirittura dobbiamo andare indietro sino al 1253 ca. quando, dopo il loro arrivo, i Domenicani iniziano la costruzione della chiesetta dedicata a San Domenico e alla Madonna del Rosario e fondano il Sodalizio dei Calzolai, Conciatori e Calzettieri, dedicandolo ai Santi Crispino¹ e Mercurio. Questo Sodalizio si unisce nel 1550 all'altro degli Artigiani, sempre fondato dai Domenicani, nella chiesa vicina di S. Vincenzo, che proprio in quegli anni inizia a essere costruita. La zona dove viene edificata la chiesetta di S. Domenico è quella oggi occupata dal Seminario Vescovile, che doveva essere in passato un'area dov'erano presenti molti di questi laboratori tutti inerenti alla lavorazione del cuoio. Le concerie in quella zona sfruttano soprattutto l'acqua delle sorgenti del Piano Patrisanto, ma col passare del tempo, diventando più grandi, si spostano nella parte più bassa e periferica della città (quartiere Canali) dove arriva più acqua. Infatti, poco distante dal Seminario, esiste la via Calzettieri altrimenti detti Calzettai. Le botteghe dei calzolai erano quasi sempre di piccole dimensioni perché non avevano bisogno di grossi macchinari, tutt'al più una macchina da cucire, quando andava bene, così gli artigiani erano soliti mettersi davanti la porta col loro banch'tteddu a travagghiè a söla cu a lesna e u tr'ncètt dopo averla battuta col martello dalla testa piatta (quando il lavoro prosperava c'era questo detto tra gli artigiani: A sti témpi bàtt a söla!). Prima i calzolai erano numerosissimi, una porta sì e una no, perché le scarpe e gli scarponi cu i tàcci, quando i pìcciuli lo permettevano, si risuolavano diverse volte, non come oggi che le gettiamo appena occorre 'nsuprataccu, e se la famiglia era numerosa non era raro passarle al fratello minore, e questo avveniva anche per l'abbigliamento. La nostra Città era piena d scarpèri, o in piazzese più recente scarpari, ma la zona a più alta densità era l'odierna via Marconi. I scarpèri o cr'v'seri (in siciliano cruviseri dal francese antico courvoisier derivato da corvois = cuoio di Cordova) erano così tanti che la via prese il nome anche di Cr'v'sarìa ridotto a Cas'varìa, Crasvarìa, Corbisarìa ovvero Strada dei Calzolai. 

¹ Nel marzo 2018 ho riscontrato l'errore di copiatura effettuato a suo tempo dallo storico Litterio Villari nel riportare quanto appreso dal manoscritto Chiese conventi ed istituti di Filantropia in Piazza  di Alceste Roccella. Questi, infatti, aveva scritto <<Sodalizio dei SS. Crispino e Mercurio>> e non dei <<SS. Cipriano e Mercurio>>. In effetti, San Crispino è ricordato come protettore dei calzolai e dei conciatori perchè, assieme al fratello San Crispiniano, avevano scelto di fare i calzolai.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

venerdì 17 maggio 2013

1777 - Sesto titolo della Città

L'ingresso del Senato dalla via Cavour
L'anno 1774 scolpito sull'arco

 6° Titolo di Senato

La nostra Città, che da 42 anni è sotto il regno dei Borboni, ottiene da re Ferdinando IV di Borbone III di Napoli e III di Sicilia, detto re Nasone, il titolo di Senato (anche se questo titolo è già presente in un documento del 1671 riferendosi alla Corte Giuratoria). Nell'Isola già godono di questo titolo 9 città, tra le quali, oltre alle maggiori di allora, Caltagirone, Lentini e Cefalù. Successivamente avranno questo titolo anche Nicosia, Sciacca e Noto. In questi quattro decenni Platia con un ospedale, un orfanotrofio, un monte di Pietà, 34 baroni, diversi conti, 2 marchesi, 2 duchi e un principe tra i suoi 16.000 abitanti, è ritenuta tra le maggiori città della Sicilia e occupa il 23° posto nel Braccio del Parlamento Siciliano, riservato alle città demaniali, col titolo di Opulentissima. Nonostante le continue carestie e pestilenze che si abbattono sulla popolazione, data la sua posizione strategica, la Città è in grado di sopportare economicamente lo svolgimento della Mostra della Milizia, che vede ogni volta la presenza di 12.000 uomini provenienti da tutta la regione, ospitati dentro e fuori le mura. Probabilmente tra i tanti meriti, questo è il principale che influisce favorevolmente sulla concessione del titolo. Mentre vengono espulsi dal Regno i Gesuiti, con notevole danno per gli studenti che frequentano il nostro "Collegio-Seminario", viene ultimata la cupola della nuova Chiesa Madre. La sede del Senato è nell'ex sede della demolita Loggia Comunale e conferisce il privilegio ai Giurati, che passano da 4 a 6, di chiamarsi Senatori tra i quali uno assume il titolo di Patrizio. Il primo Patrizio fu il conte Vincenzo Starrabba, fratello di Gaetano principe di Giardinelli, ambedue fondatori del paese di Pachino nel loro feudo di Scibini tra il 1756 e il 1760. Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina        

giovedì 16 maggio 2013

Soluzione oggetto misterioso n. 12

E' un taglia canna da zucchero.


Chiostro francescano di S. Pietro

Plastico del complesso francescano di S. Pietro

Plastico del chiostro francescano di S. Pietro

Dal plastico realizzato dagli alunni qualche anno fa e fotografato nell'antrone della Scuola Media "Cascino", si può avere un'idea di come dovrebbe tornare a essere il chiostro del Convento Francescano dei Frati Minori Osservanti di San Pietro. Il convento fu costruito a partire dal 1502, due anni dopo che fra' Michele da Piazza, dei frati Osservanti del Convento di S. Maria di Gesù, aveva fatto richiesta di altri locali più vicini al paese per i novizi, dato il cospicuo aumento delle vocazioni e le precarie condizioni di quello lontano dalla Città. I lavori furono inaugurati dal frate laico fondatore Ludovico da Caltagirone (come si legge nella piccola lapide a sx dell'altare maggiore). Dopo settanta anni, nel 1578, da Osservanti i frati francescani diventano Riformati, ovvero degli Osservanti ma più rigorosi e ottengono il permesso papale di continuare l'esperimento nei due conventi di Piazza oltre che nei due di Agrigento e in quello di Palermo. Pertanto i due di Piazza si confermano tra i più rinomati, prima dell'unica Provincia Francescana dell'Isola, poi della Provincia della Val di Noto, diventando in breve tempo "Seminari di Santità e di Dottrina" essendo fornite di ricche biblioteche con migliaia di pregevoli volumi, così preziosi e unici che non sono pochi quelli che vengono sottratti da chi vi può accedere, per qualsiasi motivo. A tal proposito potrebbe interessarvi la mia ricerca sulla grande epigrafe posta originariamente sulla porta di una delle due e oggi affissa alla Biblioteca Comunale (chiostro del Collegio dei Gesuiti), che ammonisce con bolla pontificia nel 1618, pena la scomunica e altro, chi ruba o danneggia i libri ivi custoditi, cliccando a fondo pagina sulle mie ricerche http://il veltro/storia-lepigrafe etc. Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina.blogspot.it

mercoledì 15 maggio 2013

Ma automoni da chi ?

Questa è la bandiera siciliana adottata per la prima volta nel 1282 nelle fasi del Vespro siciliano quando ci fu la sollevazione contro i Francesi. Il colore giallo indica la città di Palermo, quello rosso di Corleone. Al centro c'è la Trinacria, un essere con tre gambe. Il termine deriva dal nome che i Greci diedero alla Sicilia Trinakìa = Trinacrios (treis = tre e àkra = promontori: Capo Passero, Capo Peloro e Capo Lilibeo). Questo vessillo era accompagnato anche dal termine ANTUDO che sta per ANimus TUus DOminus cioè il coraggio è il tuo signore (non i francesi) ! Questa è storia del passato, più recentemente, il 15 maggio del 1946, con Decreto Regio (è questo che si festeggia oggi) c'è stata l'istituzione della Regione Siciliana con Statuto Speciale d'Autonomia, ma AUTONOMIA da chi e con quali BENEFICI e per chi ? Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

6° e ultimo Santo Compatrono

6° Santo Compatrono di Piazza: Sant'Ignazio di Loyola

Nel 1605 i Gesuiti col contributo di 10.000 scudi del Comune e di molti ricchi cittadini, erigono una "Casa Professa". E' la terza in Sicilia e la prima a essere dedicata al fondatore della Compagnia di Gesù, lo spagnolo Sant'Ignazio di Loyola (1491-1556). Nove anni più tardi i Padri Gesuiti gli dedicano anche la chiesa vicina, quando ancora è Beato, verrà canonizzato Santo nel 1622. Nel frattempo, nel 1615, la "Casa Professa", con l'assicurazione del Comune di 12.000 scudi all'anno, si trasforma in "Collegio degli Studi" prima col quinquennio degli Inferiora, poi con gli altri 6 anni di Studium Artium et Naturalium, alla fine dei quali, dopo aver ottenuto il Boccalaureato si consegue il Magistero o Dottorato. Tutto ciò sino al 1689, anno in cui coi proventi dell'eredità del padre Gesuita don Antonino Chiarandà, insieme a quelli di altri due Padri piazzesi, si istituisce l'Università degli Studi con l'aggiunta di altri 6 anni di Studia Superiora, altrimenti chiamati Seminario Generale di Teologia. In questi altri sei anni le materie studiate spaziano dalle Sacre Scritture alla Medicina, dalla Fisica alla Retorica, dal Diritto alla Matematica. Al termine dei primi tre anni si viene dichiarati Maestri d'Arte, alla fine degli ultimi tre anni Dottori in Teologia. Il terribile terremoto del 1693 causa non pochi danni al Collegio e alla Chiesa, ma con spese ingenti verranno ricostruiti definitivamente nel 1725. E' durante l'inaugurazione che i cittadini di Platia proclamano loro compatrono e protettore (il 6°) il Santo a cui è dedicata la Chiesa restaurata. Nel 1767 il Collegio con l'Università viene chiuso per l'espulsione dei Gesuiti dal Regno delle Due Sicilie, ma dopo 13 anni riapre sotto la direzione dei Padri Domenicani prendendo il nome di "Regia Accademia degli Studi". I Padri Gesuiti ritorneranno soltanto nel 1804 per volontà di re Ferdinando IV di Borbone. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it     

martedì 14 maggio 2013

Mostra fotografica e ricordi vari in via Cavour

Oggi ho visitato l'interessante mostra fotografica di Stefano Li Moli ospitata in un locale di via Cavour 61. Devo ammettere che ho provato un po' di emozione entrare in quello che dall'inizio degli anni '40 sino alla fine degli anni '50 fu il primo laboratorio di falegnameria di mio padre Gino, in via Cavour 61 appunto. Laboratorio che mi vide per qualche anno aggirarmi ntô ménz i sfanfùgghiuli e a s'rraùra mentre cercavo di costruirmi qualche piccolo giocattolo di legno. Di solito erano una pistola o un fucile di compensato, se poi volevo strafare tentavo di imitare i più grandi nella costruzione di un carrözz (elementare mezzo di locomozione a tre ruote in voga tra i ragazzi di allora) ma erano sempre i cuscinetti per le ruote a mancare. Se per fortuna li trovavo era divertimento e gomiti e anche ginocchia scurcià assicurati, scendendo per la lunga e ripida discesa da via Cavour e d Santa R'sulia! Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina


Sodalizio dei Becchini e/o Bastasi

Villetta delle rose, poi Villetta Roma e Villetta Gen.le Ciancio
Tra i tanti Sodalizi a Piazza c'era pure quello formato dai Becchini o Facchini o, come venivano chiamati nella nostra Città, Bastasi, termine probabilmente derivante dal greco bastazo = aiutare, sostenere, sopportare, portare via, chi porta qualcosa sulle spalle. Il termine poi fu usato anche per indicare un uomo rozzo, sgarbato, maleducato, maldicente, o una donna scostumata (anche caiòrda dall'ebraico hajordah = puzzola). La chiesa dove si riunivano era quella di Santa Maria dell'Udienza che, molto probabilmente, e la via e la scalinata con questo nome lungo il primo tratto della via Roma lo confermano, esisteva sotto la villetta Roma (nell'angolo in alto a sx della foto). La chiesa era anche conosciuta, sino alla fine dell'Ottocento, come la chiesa dove sostavano, prima della definitiva sepoltura, i corpi dei galeotti fucilati a morte solitamente nel piano Terremoto. I Becchini o Bastasi erano soliti sostare in Piazza Garibaldi sul marciapiede centrale chiamato Tabarè (perché sembrava un vassoio) con i loro ciumazzéddi (piccoli cuscini ricavati dai sacchi di juta) che servivano a proteggere le spalle su cui poggiavano i grossi pesi. Gaetano Masuzzo/cronarmerina

lunedì 13 maggio 2013

Oggetto misterioso n. 12

Visto che avete indovinato il n. 11, eccovi da indovinare il n. 12.

Cos'è ?

La 7^ Veduta della Città

Disegno della veduta 1760 ca.

Eccovi un altro disegno della nostra Città più recente rispetto agli altri già proposti. Infatti, la veduta da Ovest ci mostra la Chiesa Madre finalmente sormontata dalla cupola. Se consideriamo che il maestro locale (non viene precisato se della nostra Città) Michele Boncardi, realizza nel 1760 il tamburo in mattoni che dovrà sostenere la cupola e che l'architetto catanese Francesco Battaglia la completa nel 1767, questo disegno molto probabilmente è di quel periodo. Oltre alla cupola risaltano in alto a dx il Castello Aragonese, sotto la Chiesa Madre la chiesa degli Angeli Custodi, più in basso la chiesa di S. Nicola, che in quegli anni minaccia rovina, e una grande porta, quella dei Catalani. In alto a sx il campanile della chiesa di S. Francesco. In quel periodo Platia conta 16.000 abitanti e dal 1735 non fa più parte del regno asburgico bensì del regno spagnolo dei Borboni. Il re spagnolo Carlo III di Borbone nel 1767 decreta l'espulsione dei Gesuiti dal Regno delle Due Sicilie. Nella sola Sicilia vengono chiusi ben 35 collegi gesuitici, tra questi quello di Platia eretto oltre centosessanta anni prima. Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina.blogspot.it

domenica 12 maggio 2013

Famiglia Jaci

D'azzurro al leone d'oro tenente con la branca anteriore una palma di verde e con la sinistra una spada volta in giù e inflitta in uno scudo, il tutto in oro.
La famiglia Jaci (alias Iaci) è originaria di Valenza (non viene precisato se trattasi della città spagnola o del comune in provincia di Alessandria, una volta facente parte della marca del Monferrato), portata in Sicilia da Arnaldo regio segretario nel 1339. 1409 Francesco è mastro notaro della Gran Corte e ottiene la terra di Jaci (non specificato il sito). La famiglia de Jaci (o de Jacio, di Jace) è presente già nel 1510 a Pietraperzia e nel 1514 a Convicino (poi Barrafranca). 1455 Giovanni de Jachi è priore carmelitano a Mazzara. 1520 la famiglia Jaci è presente ad Aidone ed è iscritta alla Mastra Nobile a Pulice (come veniva chiamata allora la nostra Città). 1538 Giovanni Filippo Jaci concede una piccola casa colonica e un piccolo appezzamento di terra in cotrada Rambaldo a dei frati Francescani Cappuccini. 1596 Girolamo di Jaci senior compra i feudi Baccarato e Fargiuni. 1610 Giovanni Francesco ottiene il titolo di barone di Feudonuovo (c/o Aidone). 1630 ca. Domitilla Sanfilippo è vedova di Giacinto Jaci e la figlia, Pelagia, sposa nel 1633 Diego Platamone barone di Pòjura. 1638 Girolamo di Jace junior è proconservatore di Mazzara, giurato e capitano di giustizia della nostra Città nel 1629 e nel 1641 è barone del Casalotto che vende nel 1681. Nel XVII secolo la famiglia Jaci è la più cospicua di Aidone. 1702 Agostino Iaci senior è barone e giurato. 1736 Bartolomeo Iaci è padre gesuita docente nel Collegio della Città. 1743/44 Paolo Jaci barone di Feudonuovo è giurato. 1752 Agostino Iaci junior barone di Feudonuovo e Magnini è giurato della Città nel 1760 è capitano di giustizia, nel 1771 è anche barone di Vallegrande, nel 1791/92 è senatore e nel 1799 è patrizio. 1802/1803 Benedetto Jaci barone di Feudonuovo e Magnini è senatore, nel 1812 fa parte della corrente che accetterebbe la concessione da parte del Re della Costituzione del 1812. 1804/1805 Giuseppe Iaci-Tedeschi barone di Feudonuovo è tra i senatori che accolgono a Piazza il re Ferdinando II e nel 1816 è tra i consulenti (consiglieri comunali), nel 1819 è secondo eletto quindi coadiutore del Sindaco e nel 1837/39 è decurione (consigliere comunale). 1827 Agostino Iaci-Genova barone di Feudonuovo è secondo eletto nell'amministrazione comunale e nel 1837 è decurione (consigliere comunale) e nel 1839 è decurione 2° eletto. Nei primi anni del Novecento il titolo di barone di Feudonuovo è di Benedetto Iaci il quale, sposato con Margherita principessa di Rosso di San Secondo-Palermo, non ha eredi e pertanto alla sua morte il titolo passa nel 1927 al fratello Giuseppe. Da questi il titolo passa al primo dei suoi 3 figli, Agostino, Donato e Benedetto. Agostino, avendo avuto due figlie, alla sua morte passa il titolo a suo fratello Donato che, a sua volta, lo trasmette al primo dei suoi 4 figli maschi, Giuseppe, Ermanno, Giovanni ed Enrico. Alla morte di Giuseppe, che ha avuto solo 2 figlie, il titolo è passato al primogenito di Ermanno, Stefano, attuale barone. A Piazza esiste una via dedicata a questa famiglia, via Iaci che da piano Demani va a Scalazza S. Veneranda e, inoltre, â calàta û Cullègg (di fronte la farmacia Gurreri) c'è il Palazzo della famiglia Jaci. E' quello costruito dal duca Desiderio Sanfilippo poi passato alla famiglia Genova di Cutomino e nel 1705 alla famiglia Jaci. Infatti, sul mascherone dell'arco del portone si può ammirare il loro bellissimo stemma. Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina.blogspot.it

La festa perenne

W. A. Bouguereau, Affetto materno, 1869

Per la festa della mamma questo meraviglioso quadro e due frasi

   "La mano che fa dondolare la culla è la mano che regge il mondo"

W. R.  Wallace

"Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino"

E. Biagi

Inoltre, mia moglie Maria ha manifestato il desiderio di riportare questa poesia di suo fratello Tanino Platania

 

Mamma 

Il silenzio si adagia
sulla soglia dell'anima
e tra ammassi innocenti di poesia,
una carezza d'antica mano
mi solletica il cuore.
La riconosco,
traboccante e austera
alla vecchia maniera,
perché in quegli anni corti,
me le suonavi per davvero, mamma.

Sì! Corti, come i miei pantaloni, mamma!
E comunque, quanto bastavano a scoprire
le gambe delle mie bugie.

Ora, in questa diversità di vita
che passa e ci sorpassa,
l'amore tuo lo sento ancora addosso,
ma continuo a nascondere
nei miei silenzi
il meglio di te, mamma.

Acqua buona e fresca eri per me
e sempre mi ritrovo a bere di te,
nei riflessi di una mia gioiosa lacrima
il tuo dolce sorriso
e se un bimbo chiama mamma
quel nome sei sempre tu.

Tanino Platania

cronarmerina.it

 


 

sabato 11 maggio 2013

Che chiesa a Palermo !

Chiesa del Gesù a Palermo, 9 maggio 1943

Proprio settanta anni fa Palermo subì un terribile bombardamento aereo americano. Allora le bombe non erano molto intelligenti (come se oggi lo fossero!) quindi tantissimi monumenti furono rasi al suolo. Tra questi fu danneggiata parecchio, e si vede dalla foto, la chiesa del Gesù altrimenti conosciuta come Casa Professa. Secondo me è tra le più belle chiese che esistono al mondo, scusatemi, ma non sto esagerando. Da fuori sembra una normale, ma dentro... ! Consiglio sempre a chi va a Palermo di farle una visita, per provare quello che ho provato io, quando l'ho scoperto per caso girando per uno dei quattro quartieri del centro storico della Città, Ballarò. Facile da raggiungere: si trova a 150 metri dai Quattro Canti o 100 metri da Piazza Pretoria, dalla via Maqueda si prende Via dell'Università e subito si arriva davanti la chiesa. La prossima volta che andate a Palermo, entrateci e fatemi sapere. All'inzio del 1600 fu ampliata dall'architetto responsabile delle fabbriche dei Gesuiti in Sicilia, Natale Masuccio (in latino Masuzzo) che fu tra i primi architetti interpellati per la costruzione della nostra Cattedrale nel 1604. Gaetano Masuzzo/cronarmerina

E chi p'gghiasti a gioia?!

Arrivati o ciángh' dî Buttièddi la processione di S. Filippo d'Agira faceva una sosta, prima di ritirarsi nella sua chiesa al Casalotto. Questa era l'occasione per assistere alla GIOIA (l'ultima fu fatta nel 2000). Questa consisteva in una gara per raggiungere i premi legati a un cerchio di ferro, posto in cima a un grosso e alto tronco d'arbra scurcià da B'ddëa di almeno 15 metri. I premi di solito consistevano in salami, salcicce, cöppi d pasta e qualche giocattolo. Ma il premio tipico e tanto agognato era a st'gghiöla, ovvero un manicaretto a forma di salsiccione costituito da buddella d'agnello involtate con altri ingredienti come fegatini d'agnello e formaggio. Il tutto era reso più difficile dal sapone, chiuddu mòddu, spalmato sul tronco già scurcià, ma che i più audaci riuscivano a scalare gettandoci della cenere che s'impastava facendolo diventare meno scivoloso. Dopo le prime fasi in cui i giovanotti provavano inutilmente da soli, prendendosi in giro a vicenda, si decidevano a mettersi d'accordo a gruppi di due o tre. Dopo tanti tentativi, accompagnati dagli immancabili fischi degli spettatori, che in cuor loro per invidia tifavano contro, qualche giovane leggero e magro, e in quel periodo non mancavano perché l'obesità era sconosciuta, riusciva a far man bassa di tutti i premi che doveva spartire, però, con gli aiutanti di cordata. Tra i più in forma era famoso un certo Stabu, abituato a salire sugli alberi aiutandosi cu a pastura (un pezzo di corda che di solito si attorcigliava alle caviglie dei quadrupedi per non farli allontanare dalla zona in cui brucavano l'erba). Tutto filava liscio a meno che la rivalità non li facesse litigare a tal punto da ostacolarsi a vicenda, prendendosi a colpi di premi e gettandosi la cenere in faccia, tanto da dover abbandonare l'impresa, tra la soddisfazione di tutti gli altri che assistevano. La felicità manifestata dai vincitori era tale che in città c'era anche questo detto verso chi la dimostrava anche in altre occasioni: "E chi p'gghiasti a gioia ?!". Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina

venerdì 10 maggio 2013

Un'altra falsa squadra

 

Grazie alla segnalazione del Comitato Nobile Quartiere Monte è saltata fuori anche quest'altra "falsa squadra" nei pilastri di una delle due porte della farmacia Gurreri â calàta û Cullègg. Chissà che non ne vengano fuori delle altre?!  

Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina.blogspot.it

Processione di San Filippo


La processione di S. Filippo d'Agira in via Carmine
Due Angioletti
La processione principale di S. Filippo (d'Agira) a Piazza avveniva e avviene la 2^ domenica di maggio ma è da sempre preceduta da una il sabato chiamata F'rriàda (Girata)*, con la banda musicale, i guerrieri e gli angioletti, ma senza il Santo. Si faceva una sorta di "giro di prova" in cui tutti si preparavano. L'indomani c'era la vera processione, che era preceduta dai contadini che promettevano il frumento messo in groppa alle loro bestie da soma per ottenere la grazia di un buon raccolto, della buona salute loro e dei loro collaboratori quadrupedi. Inoltre, c'erano i bambini e i ragazzi vestiti da piccoli guerrieri o da angioletti, oggi sostituiti dai contadinelli in costume folcloristico. I genitori si facevano prestare da parenti o vicini di casa, con tanto di ricevuta firmata, anelli, collanine, orecchini, e li cucivano sul petto dei figli per mostrarli in processione in onore del Santo per le grazie ricevute o da ricevere. Apro un parentesi per ricordare che San Filippo d'Agira tra i tanti appellativi ha pure quello di "cacciaspiriti o scacciaspiriti", per essere invocato negli esorcismi, e quello che gli sta accanto in ginocchio nella statua non è "u babbu" ma "u 'nvasato" ovvero il posseduto dagli spiriti, e mi hanno detto che ha pure il nome di Felicetto. Dopo la sosta all'ora di pranzo nella chiesa di San Giovanni Evangelista, uno dei momenti salienti, quando si arrivava alle Botteghelle, era la scalata della gioia (alias albero della cuccagna), di cui parlerò domani.  

*Ho appreso dal blog del Nobile Quartiere Monte che questa f'rriàda venne introdotta per annunciare alla Città, dato che mancavano i mezzi di comunicazione di oggi, che l'indomani gli abitanti del quartiere Casalotto, avrebbero festeggiato il Santo della loro chiesa con una grande processione per le vie del centro. 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

giovedì 9 maggio 2013

Una bella notizia per S. Pietro


Com'è ridotto il chiostro del convento di San Pietro

Facebook riporta una notizia tratta dal blog della "Parrocchia S. Pietro":

<<Con grande gioia, si comunica che è stato finanziato con prot. 22306 del 3/5/2013 della Regione Siciliana - Dipartimento dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana (serv. per il Patrimonio architettonico, storico e contemporaneo)

il Restauro e la Rifunzionalizzazione dell'ex Convento di San Pietro

Quanto voluto tenacemente da Padre Vincenzo Cipriano, di venerata memoria, e quanto predisposto e seguito con perizia dai tecnici e dall'Amministrazione Comunale diventa realtà! A presto inizieranno i lavori e l'intero complesso San Pietro, entro il Dicembre 2015, tornerà ad essere fruibile dalla Comunità.>>

Il Parroco: Don Ettore Bartolotta

Omaggio a qualche amico


Tratto alto di via Scalazza Santa Veneranda
Tratto basso di via Scalazza Santa Veneranda

Questi sono i due tratti di via Scalazza Santa Veneranda. Le due foto sono dedicate ai tanti che per un motivo o per un altro vi hanno trascorso alcuni anni della loro vita, sia per lavoro, sia per studio o, come me, a giocare a fussètta, e mucci e a meffa, prima di andarmene all'Azione Cattolica nella vicina chiesa di Santa Veneranda, appunto. Gaetano Masuzzo/www.cronarmerina.blogspot.it