Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

domenica 30 giugno 2013

E' nata qui ?

 

SEMBRA CHE SIA NATA QUI L'IDEA PER LA NOTA BEVANDA

SAPETE DOVE SI TROVA ?

Le reliquie di S. Filippo d'Agira

Questa mattina dalla Chiesa del Carmine è partita la processione con le reliquie di San Filippo d'Agira sino alla chiesa del Santo in cima al Casalotto. San Filippo, detto anche S. Filippo Siriaco, di Tracia, Argirò, Argirone, Costantinopolitano e "u niuru", fu un sacerdote che nel V secolo venne a evalgelizzre le zone interne della Sicilia centro-orientale. Il Santo, ritenuto particolarmente valido nell'esorcizzare i demoni liberando gli invasati e gli ossessi, tanto che l'agiografia bizantina lo ricorda come "Cacciaspiriti", morì ad Agira (En) e sul luogo del suo sepolcro fu edificata una chiesa e poi un monastero, attorno ai quali l'antica città Agyrium risorse col nome di San Filippo d'Agira, tenuto sino al 1939. La parrocchia della nostra Città fu eretta nel 1909. Gaetano Masuzzo/cronarmerina  

Ieri sera a S. Pietro

Ieri sera un folto pubblico ha assististo al Concerto di S. Pietro durante il quale si è potuto ascoltare un ricco programma, che comprendeva brani da Mozart a Bach, da Chopin a Mercadante. La rinnovata Corale Polifonica Armerina Salvino Laurella, composta da oltre venti elementi, si è esibita insieme al pianista Gianluca Furnari, al violinista Leonardo Li vecchi, ai soprani Maria Concetta Rausa e Lara Tigano diretti dal maestro Walter Mannella. Quest'ultimo si è cimentato anche nell'Ave Maria di Mozart insieme all'altro tenore Felice Internullo. A metà programma l'attore/lettore Antonio Cascio ha letto il XXIV canto della Divina Commedia. Anche quest'anno il Concerto, che ha voluto ricordare il compianto fondatore e presidente della Corale padre Vincenzo Cipriano, nonché promotore entusiasta di questi incontri musicali, è stato veramente piacevole, anche se qualcuno ha espresso qualche dissenso per il troppo dilungarsi di alcuni brani. 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it   

Famiglia Moac o Modica

D'azzurro col capo d'oro caricato da un elmo di verde con lambrequini volanti del medesimo.
I primi componenti della famiglia Moac o Modica, originari della Francia settentrionale, vengono in Sicilia con il conte Ruggero il Normanno, ottenendo l'investitura della contea di Modica, dalla quale traggono il nome. Nel 1161 Aquino di Moac (alias de Modica) è al comando del corpo di spedizione per combattere gli insorti contro re Guglielmo I in Terra di Lavoro (Campania). 1190 ca. Gualtiero, figlio di Aquino, è ammiraglio sotto Guglielmo II e, parteggiando per Tancredi di Altavilla contro Enrico VI di Svevia, è spogliato di tutti i suoi beni. In questo periodo i Moac divengono piccoli feudatari in tutta la val di Noto. 1270 ca. Guido è perseguitato dagli Angioini e ottiene da re Giacomo la restituzione del feudo Favarotta (presso Licata). Federico di Moac ottiene il vicino casale di Riesi e il feudo Cipolla, pertanto nel 1296 tra i feudatari di Plasia troviamo lui e il fratello Federico che possiede i feudi di Riesi e Cipolla. 1348 ca. i de Moac si attribuiscono le funzioni di giustiziere della Città. 1356 Gerlando de Moac è inviato come capitano di guerra a Caltagirone. 1380 ca. Caterina possiede la Terra di Sortino. 1398 Petruccio Lancia de Moac ottiene l'investitura della Terra di Sortino che apparteneva alla madre Caterina. 1408 Rainiero senior de Modica possiede il feudo Xilinde (oggi Friddini) e nel 1421 possiede anche i feudi Bugidrano (limitrofo a Ursitto) e Consorto. Sempre nel 1408 Giacomo de Modica possiede il feudo di Raddusa. 1437 Manfredo senior de Modica de Villardita è barone dei Salti dei Mulini. 1479 Rainiero junior de Modica vende il feudo di Bugidrano riservandosi il diritto di riscatto. 1504 Agatuccia de Modica vende il feudo Friddini a Cesare Bonanno e nel 1515 lascia in eredità al figlio, Antonio Gravina, il feudo di Consorto. 1520 Giovanni Antonio De Modica-Villardita è barone di Bessima e del Mulino di Donna Guerrera e il fratello Pietro è barone dei Salti dei Mulini. La figlia di Pietro barone dei Salti, Laura, si sposa con Bernardino Barbarino. 1556 Guidone de Modica risulta proprietario del feudo di Bugidrano avuto dal padre Pietro e che questi ha avuto da suo padre Giacomo avendolo riscattato nel 1519. 1630 Gerolamo Modica è padre gesuita docente nel Collegio di Piazza. Esiste un altro stemma di questa famiglia indicato dal Villari: d'azzurro alla campagna mareggiata d'argento, sormontata da una stella d'oro.  Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

sabato 29 giugno 2013

Ricerca sull'Epigrafe in Biblioteca



Era proprio la sera di un anno fa quando io, incoraggiato dal compianto parroco don Enzo Cipriano, dopo un'approfondita ricerca e l'aiuto indispensabile nella traduzione di due amici, prof.ssa Carmela La Bruna e prof. Antonello Capodicasa, ho avuto modo di parlare dell'epigrafe posta sul portone d'ingresso della Biblioteca Comunale. L'epigrafe in latino, murata sulla porta di quella che era stata in passato la Sala del Coro del Collegio dei Gesuiti nonché Oratorio della Confraternita dei Nobili, per tantissimi anni è rimasta lì considerata dai più solamente una comune lastra di marmo a ornamento dell'antico e prestigioso chiostro. Invece, dopo la traduzione, l'Epigrafe si è rivelata una Bolla Pontificia del 1618 di enorme importanza che io considero un vero e proprio BALUARDO DELLA CULTURA. Infatti, era l'ammonizione di Scomunica e Privazione della Voce in Capitolo che arrivava direttamente dalla Santa Sede, verso tutti coloro i quali avessero preso in prestito o sottratto i libri presenti nelle fornitissime biblioteche dei due Conventi di Francescani Riformati allora presenti a Platia, San Pietro e Santa Maria di Gesù. La Bolla era il giusto risultato delle lamentele presentate a Roma personalmente dal frate francescano Bernardino de Randazzo che, salendo dalla Sicilia, aveva fatto presente (forse più volte) dei continui saccheggi di volumi che si perpetravano presso quelle biblioteche. Per chi volesse approfondire la traduzione e scoprire ulteriori curiosità vi rimando in fondo alla pagina del blog nello spazio "Le mie ricerche già pubblicate", basta cliccare sull'immagine dell'epigrafe. Per chi non ha voglia ripropongo qui le ultime righe lette un anno fa a San Pietro: Questa indagine accurata su un "pezzo di marmo bianco" scolpito quattro secoli fa, trascurato da tante generazioni di Piazzesi e collocato da un secolo e mezzo in uno degli edifici più importanti della Città, ci deve far riflettere su quanto siamo consapevoli di quello che ci hanno lasciato nei secoli i nostri antenati e di quanti di questi "pezzi di marmo", distribuiti per il paese, conosciamo i motivi per i quali sono stati incisi e che hanno visto come incisori i nostri trisavoli. Checché se ne dica, dobbiamo renderci conto che noi siamo il risultato di quello che erano i nostri progenitori, e che i nostri discendenti saranno il risultato di quello che siamo noi. Per questo non dobbiamo trascurare la nostra storia, perché senza memoria non avremo futuro. Che è poi quello che sto cercando di attuare attraverso questo blog.  

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it     

Oggi Festa a S. Pietro

 OGGI  NELLA CHIESA PARROCCHIALE DI S. PIETRO ALLE ORE 20:30

IN OCCASIONE DELLA FESTA DI S. PIETRO

CONCERTO DELLA CORALE POLIFONICA ARMERINA "S. LAURELLA"

DIRETTORE maestro WALTER MANNELLA
MAESTRO accompagnatore GIANLUCA FURNARI
con interventi dei soprani MARIA CONCETTA RAUSA e LARA TIGANO,
i tenori FELICE INTERNULLO e WALTER MANNELLA,
il violinista LEONARDO LI VECCHI
e l'attore ANTONIO CASCIO

venerdì 28 giugno 2013

Mostra R. Brixel al Casale

L'artista Richard Brixel col sindaco uscente prof. Carmelo Nigrelli

La scultura in bronzo "Filosofi gemelli" di R. Brixel, 2006
Mercoledì scorso alla Villa Romana è stata inaugurata la mostra di sculture in bronzo "VITA NOVA" del famoso artista svedese Richard Brixel (Stoccolma, 1943). Attraverso la mostra (aperta anche di sera, ultimo ingresso alle 23:00), che si concluderà il 22 Settembre, le 6 figure modellate dall'artista "Come in un racconto senza tempo, introducono all'esperienza umana, colta nel suo eterno divenire. Dalla natura l'artista trae ispirazione per rappresentare, con sottile indagine psicologica, il flusso vitale che attraversa la realtà, con i suoi mutevoli profili. Oltre la dimensione delle apparenze, l'unica certezza è il movimento, attraverso il quale si dispiega la vita e prendono forma le emozioni, a partire dal dinamismo dei gesti con cui Brixel, come in un flusso plasma l'argilla e da voce al suo inconscio... Le sculture, proposte per questa mostra, sono state realizzate negli studi della Fonderia d'Arte Massimo Del Chiaro di Pietrasanta (Lucca), una delle più importanti realtà artigianali italiane al servizio dell'arte contemporanea, all'avanguardia nella realizzazione di grandi opere in bronzo col metodo di fusione a cera persa." (tratto dalla presentazione della Storica dell'Arte Giada Cantamessa sul Sito Ufficiale del Parco Archeologico della Villa Romana del Casale). Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

I cartelli




Altro gioco della nostra infanzia era quello che chiamavamo I CARTELLI. Intanto occorreva procurarsele e il mezzo più comune era quello di acquistarle confezionate in bustine nell'edicola in Piazza Garibaldi o nei vari tabacchini, al costo di 10 o 20 Lire, quando c'erano! L'altro mezzo, meno comune e, al dire il vero, un po' pericoloso era quello di fare BÙRG. Questo metodo illegale era usato dai ragazzi "discoli" un po' più grandi che, assistendo giocare i più piccoli, decidevano di impossessarsi delle cartelle in gioco senza chiedere permesso, al solo grido "A bùrg", arraffando il più possibile. Il termine bùrg nella nostra lingua gallo-italica vuol dire mucchio, quindi chi gridava quel termine dava l'assalto al mucchio di cartelle che si erano accumulate. L'acquisto delle cartelle consentiva di fare le raccolte, ovvero di incollarle negli album per completarli il più possibile, per poi ottenere qualche premio come quello indetto dalla FERRERO (i premi in genere erano matite a colori, astucci, penne, righe). Per questo motivo occorreva scambiare i propri doppioni con quelli degli altri, sperando di trovarli, ma era raro che qualcuno completasse la serie. Quando si mostravano le cartelle il compagno che le visionava indicava "ce l'ho, ce l'ho" oppure "non ce l'ho" quindi poteva essere scambiata. Oltre allo scambio si provava a vincerle in vari modi. Il più semplice era quello di appoggiare la figurina al muro e lasciarla andare cercando di farla cadere su una di quelle già sul terreno. Se ciò accadeva si vincevano tutte le figurine che a poco a poco si erano già posate. Un altro, più complicato, era quello di far capovolgere il mazzetto in palio con lo spostamento d'aria procurato o dalla battuta del palmo della mano o dal soffio con la bocca. Il grado di "ricchezza", di "bravura" o di "spregiudicatezza" era indicato dal mazzo di figurine che si mostrava ai compagni ogniqualvolta ci si riuniva, dopo i compiti, pa stràta o no curt'cchiu. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

giovedì 27 giugno 2013

Un invito accorato

Dal nosto bolg un invito per tutti i nostri figli

Le moto, gli scooter, i motorini sono sempre stati per tutti un simbolo di grande svago, un mezzo per sentirsi realizzati. Diciamolo pure, siamo stati tutti giovani, abbiamo bene o male avuto tutti un mezzo di trasporto, magari elaborato o come si dice a chiazzisa, truccatu. Quando si è giovani si è molto liberi e non si guarda ai pericoli che sono sempre dietro l'angolo. Si è un po' scavezzacolli, con in mano una moto ci si sente come illuminati. Ecco, noi che scriviamo sul blog insieme a tanti altri che partecipano vivamente, vogliamo chiedervi un piccolo ma grande sacrificio: rallentate la vostra andatura. I mezzi sono belli e utili ma devono restare solo e sempre mezzi per muoversi con disciplina e senza eccessi euforici. Ovvero, l'invito è a mettere sempre il casco e a non correre: la premura è stata sempre cattiva consigliera, e poi "è sempre meglio arrivare un po' in ritardo ma vivi che non arrivare del tutto" (avrebbe detto il famoso Catalano). Non buttate via la vita, e anche quella altrui. Pensateci quando usate questi mezzi, pensate ai vostri cari che vi aspettano a casa, ai vostri amici che vi vogliono bene sempre. Ve lo chiediamo noi e ve lo chiedono i nostri angeli in cielo, ragazzi piazzesi che hanno perso la loro vita sulla strada in questi modi assurdi: Antonino Offerta, Maurizio Di Dio, Guglielmo Scivoli e tanti altri. Nel circo della strada puoi piangere e puoi far piangere. Roberto Lavuri

I due pionieri restauratori

I sigg. Filippo Di Seri e Giovanni Anzaldi

A sx il Sig. Di Seri, a dx il Sig. Anzaldi
Eccovi nelle due foto i due pionieri del restauro della Villa Romana del Casale ricordati ieri con una targa. Sono Filippo Di Seri (1925-2008) e Giovanni Anzaldi (1925-2010) che con le proprie capacità professionali, ma soprattutto con l'amore che era dentro di loro, si sono dedicati allo scavo e al restauro dei famosi Mosaici. All'inizio degli anni '50 la Villa Romana apparteneva alla Sovrintendenza di Siracusa, guidata dall'archeologo Vinicio Gentile e dall'assistente principale cav. Vittorio Veneziano. Questi ultimi incaricarono, per le loro doti di restauratori, i due piazzesi al restauro del mosaico (strappo dei pavimenti, incorporamento su cemento armato, etc.). Qualche anno dopo, grazie alla loro esperienza diventarono Assistenti Archeologici, soprattutto durante gli scavi a Montagna di Marzo, dove risucirono ad individuare molte tombe, dentro le quali trovarono preziosi pezzi che hanno poi arricchito le sovrintendenze di Siracusa, Agrigento ed Enna. Durante questi scavi, in particolare il sig. Di Seri, con grandi capacità lavorative, ha eseguito questi lavori, mettendo a rischio la propria vita, per tutelare e custodire i beni ritrovati dai tombaroli. Il suo tempo libero lo dedicava alla Villa, mantenendo viali fioriti, angoli pieni di verde e decori con delle scritte floreali. Altri uomini di cultura umanistica e scientifica, come il preside Vito Romano e il prof. Ignazio Nigrelli, riconobbero le capacità professionali e umane di questi PIONIERI. In seguito il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, nel 1986, conferì loro il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana del Lavoro. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it
 

Targa ricordo



Ieri pomeriggio alla Villa Romana del Casale, alla presenza del Sindaco uscente prof. Carmelo Nigrelli, del direttore del Parco Archeologico della Villa Romana del Casale arch. Guido Meli, dei parenti (tra i quali il prof. Pippo Di Giorgio che si è prodigato a sollecitare la targa) e di un folto pubblico, è stata scoperta una targa in ricordo di due piazzesi, che sin dagli inizi degli anni '50 si dedicarono allo scavo e al restauro dei mosaici. I restauratori erano i sigg. Giovanni Anzaldi e Filippo Di Seri che negli anni sessanta furono nominati Operarori Tecnici del Ministero dei Beni Culturali, così competenti da essere chiamati come restauratori di mosaici in tante città come Ancona, Pompei, Tindari, Siracusa, Morgantina e Gela. Nei brevi discorsi di presentazione, è stato messo in risalto la figura di questo tipo di artigiani-amatori-cultori senza i quali gli studiosi, i professori e gli scopritori di opere così importanti, non potrebbero conseguire tali traguardi importanti per la cultura e la conoscenza, ezzenziali per tutta l'umanità. Infatti, non bastano gli studi, le competenze e le genialità se non ci sono questi operai responsabili e onesti che oltre ad aiutare a restaurarli non li tutelano, rispettandoli quasi come beni dei propri diretti avi, per "traghettarli" (è il termine usato dall'arch. Meli) nei migliori dei modi alle future generazioni. Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

*Nel prossimo post le foto dei due restauratori a lavoro.

I due fotografi e altri



Queste sono due foto della stessa manifestazione: l'inaugurazione alla stazione dell'arrivo della ferrovia a Piazza il 7 Settembre del 1920. Mentre la foto in alto con la visuale più ravvicinata, è anonima, quella in basso porta chiaramente la firma dell'autore Foto Caponetti, per la precisione Angelo Salvatore Caponetti, conosciuto anche come "u mutu", in quanto sordo e muto. Quella in alto è dell'altro fotografo più famoso, ma sempre piazzese, Antonio Balbo, nato il 24 Febbraio 1888 e morto il 2 Settembre 1957. Del primo sappiamo che era nato a Piazza il 30 Giugno 1893 da Francesco Caponetti e Fortunata Allegra. Sposatosi nel 1916 con Ermenegilda Caponetti (forse una cugina) emigrò per breve tempo nel 1936 a Tripoli, per poi trasferirsi definitivamente nel 1950 a Torino, dove morì il 4 Gennaio 1963. La sua abitazione, dove c'era anche l'attrezzatissimo laboratorio fotografico all'ultimo piano, era in via Commenda 6 (oggi via Pietro Cagni), l'ultima traversa a sx della via Garibaldi. I due eccellenti fotografi erano quasi coetanei ma a noi sono rimaste soltanto tantissime foto di Balbo, tante da poterne fare alcune mostre. Antonio Balbo era sposato con Amoroso Elvira e il suo studio prima era in via Marconi 40 (oggi gioielleria Barbera) poi si trasferì in via Umberto 68 (dentro il cortile). Nel 1938 si adoperò con le sue foto per far conoscere i mosaici ritrovati alla Villa Romana e incentivare così ulteriori campagne di scavi, opera iniziata nel 1929 dal prevosto della Cattedrale Egidio Franchino e dal sacerdote prof. Filippo Piazza, e continuata dall'avvocato Antonino Arena nel 1945. Grazie alle foto di questi due fotografi, di cui ora sappiamo qualcosa in più, possiamo a distanza di un secolo conoscere com'era la nostra Piazza e i vizi e le virtù dei nostri avi, che poi sarebbero anche i nostri di oggi. Col passare degli anni, tra i fotografi che immortalarono generazioni di piazzesi, ricordiamo il sig. Commendatore e suo fratello con lo studio in via Roma, Totò Macrì a Sètt Cantunèri, Giuseppe Arena di Aidone in via Garibaldi, ma che aveva iniziato lavorando come ritoccatore di lastre da Caponetti, Malfa in via Garibaldi che aveva preso il posto di Arena che si era trasferito nella stessa via più in alto, Cascino allievo di Commendatore, Gioacchino Minuto (1894-1970) con lo studio, dove scattava foto con lampo al magnesio, in via Mazzini e l'abitazione in via Santangelo e Bruno Battacchi, prima di fronte la villa Garibaldi e poi in piazza Gen.le Cascino. Il Commendatore il più delle volte, come studio usava la piazzetta accanto alla cancellata quasi di fronte l'edicola della Madonna di via Roma. Le foto, specie quelle in primo piano per i documenti, quasi sempre si effettuavano o in mezzo alla via o in cortile per avere più luce, e dietro ai soggetti u carùsu aiutante-fotografo di turno stendeva come sfondo una tela nera, mentre u màstr armeggiava dietro al treppiede. Gaetano Masuzzo/cronarmerina

mercoledì 26 giugno 2013

La vita è bella

Mi piace


Mi piace la vita
perché scandita dal passare dei giorni diversi,
dalle stagioni che tornano
e vanno senza fare rumore.

Mi piace il silenzio
perché cerca la pace.

Mi piace l'amore 
sincero, impegnato, costante,
che apre le porte del cuore.

Mi piace ascoltare
per capire che non siamo soli
e che tutti possiamo sbagliare.

Mi piace donare
perché in fondo al nostro cuore
ciò che conta è sempre un ardito sentire
che tutti abbiam bisogno d'amore.

Roberto Lavuri

A SAN PIETRO

PROGRAMMA FESTA DI S. PIETRO 2013

26 mercoledì dopo la Messa delle 18:30 proiezione del film Il Pescatore di Galilea;

27 giovedì - per i ragazzi di V elementare e I media Giochi all'aperto (Villa Garibaldi);

                 - dopo la Messa delle 18:30 Lectio Divina su Tu sei Pietro;

28 venerdì - dopo la Messa delle 18:30 presentazione dei lavori di restauro del Convento; 

                 - ore 22 Facciamo tre tende (canti, animazione) sagrato davanti la chiesa;

29 sabato - ore 18:30 Celebrazione Eucaristica per la festa di S. Pietro e S. Paolo;

                - ore 20:30 Concerto di S. Pietro con la Polifonica Armerina S. Laurella.

Benefattore poco conosciuto

Foto del ritratto in mostra nella sagrestia della Cattedrale
In questi giorni un amico mi ha fatto pervenire il libro del canonico Filippo Piazza (1884-1959) La Valanga primogenita e la bonifica ruro-biologica del 1941. Quasi alla fine del suo libro a pag. 140, il professore di latino e greco ricorda, oltre al famoso gesuita Prospero Intorcetta, anche un grande benefattore suo antenato, Antonino di Piazza: "Ritorna sempre cara l'ombra di Antonino di Piazza che dettò a beneficio della Cattedrale le celebri parole: Vendete e fabbricate. Nel suo testamento del 1628 lascia erede universale di tutti i suoi beni la Chiesa Cattedrale, che allora s'incominciava a fabbricare. Dispose che vi si costruisse una cappella dedicata a S. Antonino, in cui si sarebbe seppellito il suo cadavere.... Morì nel 1638 ed ebbe sepoltura provvisoria nella chiesa di S. Antonio, dove un marmo lo ricorda moderator, cioè superiore della Confraternita dei Nobili. Dal 1746 (anno in cui fu terminata la fabbrica della Cattedrale) ad oggi i Sigg. Fidecommissari non hanno provveduto all'osservanza di tale disposizione. Si ricordino che ingenti son le sue ricchezze... Secondo l'Ufficio Araldico di Palermo, egli proviene da quel Piazza tedesco, che nel sec. IX faceva servizio diplomatico da Berlino a Torino. Le sue propaggini sono diffuse dall'Alta Italia alla Sicilia per mezzo delle colonie lombarde. Nicolò Piazza nel 1739 è il primo ad avere il cognome << Piazza >> e non << di Piazza >>, come risulta chiamarsi suo padre Domenico nell'atto di battesimo del 1709... appare certo che l'indice nobilesco del << di >> scomparse tra il 1729 e il 1739." Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

martedì 25 giugno 2013

Al Duomo

 

Sottostanti e indifferenti


Grande e maestoso sovrasti 
da sopra il Monte l'intero paese.

Al tramonto le tue pietre s'arrossano
di un caldo colore e ti illumini 
come il sole, caldo e immenso. 

Per la tua esistenza 
tanta gente t'ha voluto,
per la tua longevità
tanta gente t'ha curato e venerato.

Ogni forestiero ti ammira
e chiunque sia passato t'ha reso onore.

Dalla tua alta sommità 
la croce sembra toccare il cielo,
così lontana da noi
che le stiamo sottostanti e indifferenti
come mai nessun altro che ci ha preceduto.

4 marzo 1987                      Sergio Piazza

Nel busto di Dante




Per noi che siamo stati studenti all'Istituto Magistrale "F. Crispi" di Piazza, quello nella foto è un ricordo che difficilmente potremo dimenticare, insieme al nostro prof. Carlo Bondì grande studioso che ostinatamente ce lo voleva far conoscere nei minimi particolari. Ma noi eravamo pronti persino a tesserarci alla Società Dante Alighieri pur di rimandare le interrogazioni, c'è chi ha investito nella Società fior di quattrini in quegli anni. Il busto in marmo del grandissimo poeta Dante Alighieri lo incontravamo ogni mattina al suono della campana alla sinistra della grande entrata del prestigioso Istituto, col bidello Di Dio accanto. Dopo la maturità lo abbiamo perso di vista, sino a quando lo abbiamo ritrovato alla Biblioteca Comunale e, ancora dopo dal Dicembre 2011, nel vestibolo della Pinacoteca Comunale, con tutto il basamento. Ma non tutti, anzi nessuno, avevamo letto cosa ci fosse scritto su questo enorme blocco di marmo, scolpito dall'artista Francesco Messina (Palermo ? - Palermo 1914) conosciuto per alcuni monumenti funerari a Palermo e Agrigento. A distanza di 43 anni c'è voluta una enorme dose di curiosità per leggere da vicino tutte le parole che, anche se scolpite, si confondevano col bianco del marmo. 
Eccovi la scritta completa indicata nella foto dalla freccia gialla:
al centro, sul libro scolpito in rilievo, Divina Commedia, poi in basso

IL CULTO DI DANTE
GUIDO BACCELLI*
RIDESTAVA IN ITALIA

LA R. SCUOLA NORMALE DI PIAZZA ARMERINA
DIRETTRICE MARIA ROMANO

LA GENIALE IDEA SECONDANDO
AD OMAGGIO DEL DIVINO POETA
 POSE

XXIX GIUGNO MDCCCC 
 
* Guido Baccelli (1830-1916), medico e politico italiano, umanista e appassionato di antichità classica (tra le tante iniziative promosse i restauri del Pantheon e diede impulso determinante agli scavi di Pompei)  fu tra i protagonisti principali nella lotta alla malaria (fu tra i primi a usare sistematicamente lo stetoscopio). Tra gli uomini di Stato più influenti in Italia ricoprì la carica di ministro della pubblica istruzione per 6 volte tra il 1881 e il 1900.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

lunedì 24 giugno 2013

Sul tempo che passa

Domande senza risposte !

Parrocchia S. Pietro

Oggi iniziano gli incontri organizzati dalla Parrocchia per la "FESTA DI S. PIETRO - 2013". Alla villa Garibaldi dalle ore 10:00 si svolgeranno i "Giochi all'aperto" di genitori e figli per i ragazzi di III elementare. Domani per quelli di IV elementare, il 27 giovedì per quelli di V elementare. Buon divertimento. 

Compagno indimenticabile del 1937

Prof. Giuseppe Secondo
Quando ho letto che tra i compagni di classe nell'anno scol. 1937-38 del prof. Giuseppe Peritore c'era un certo Secondo, ho provato a chiedere al mio vicino di casa prof. Giuseppe Secondo se quel cognome gli ricordasse qualcuno, sapendo della sua frequenza del magistrale e della sua ottima memoria. Prontamente e senza alcuna titubanza il prof. Secondo ha risposto che era il suo compagno di classe d L'cata (di Licata - CL). Dopo avermi elencato, confermandomeli, altri nominativi, tra i quali anche quello della preside di allora, ha aggiunto anche un particolare degno di nota. In segreteria in quel periodo anteguerra prestava servizio niente di meno che una nipote del poeta e scrittore Giosuè Carducci (1935-1907). Infatti, la signora Clelia Carducci, moglie del dottore piazzese Salvatore Marino abitante in via Mazzini al n. 95, era la figlia di Valfredo, fratello del premio Nobel per la letteratura. Valfredo visse a Piazza, presso l'altra figlia Ildegonda, sino alla sua morte avvenuta nel 1919. Inoltre, il prof. Secondo ha ricordato, senza che io gliene avessi parlato, di quella volta che andarono per una scampagnata a "Zazza veccia", come dice il Peritore nella sua autobiografia, nel terreno del compagno di classe Di Stefano e, lasciandoci, mi ha manifestato il grande desiderio di voler rivedere il suo indimenticabile compagno della provincia di Caltanissetta. Se ci pensiamo, si sta parlando di un signore di 91 anni che, dopo 76, si ricorda benissimo di un suo compagno, col quale è stato in classe solo per un anno e di una scampagnata trascorsa insieme! Altre generazioni ! 
Il prof. Secondo Giuseppe (per gli amici Peppino) classe 1922, compagno alle elementari di mio padre Gino, dopo il diploma magistrale partì per la guerra, al rientro dopo qualche anno iniziò a insegnare in alta Italia. Nel 1951 ottenne il trasferimento a Piazza, al I Circolo Elementare della Trinità. Successivamente divenne Segretario del Patronato Scolastico, però tutti lo conosciamo come proprietario-gestore dell'altro grande cimena della nostra Città, l'EXCELSIOR. 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

domenica 23 giugno 2013

Il tempo passa

 

Il tempo passa


Passa il tempo e non si ferma,
va per i viali e i borghi,
ovunque fugge
come un bimbo vivace che gioca.

Orologi rintoccano l'ora,
e campane di chiese suonano a festa,
non teme il passare dei giorni,
e non fema il suo passo,
ma va e non si volge mai dietro,
il tempo non torna.

E se ti guardi allo specchio
già vedi il tuo viso invecchiare
e senti che i giorni son tanti,
poiché anche tu come tutto
sei parte del tempo che fugge 
e non si guarda di nulla.

Roberto Lavuri


Famiglia Miccichè

Di rosso al braccio destro armato al naturale tenente una palma d'oro; il tutto sormontato da tre stelle d'oro a sei punte in fascia nel capo.
Famiglia originaria della Germania di cui un ramo è portato a Messina dal cavaliere Guidone Miccicherio nel 1355. 1578 Girolamo Miccichè oriundo di Pietraperzia acquista il feudo Consorto (nei pressi di San Michele di Ganzaria). 1580 Melchiorra Miccichè si sposa con Giovanni Paolo Trigona barone di S. Cono Superiore. 1598 Andrea è barone del feudo Consorto avuto in eredità dal padre Girolamo. 1610 Andrea barone del Consorto lascia una ingente somma in eredità alla chiesa di S. Lorenzo (Teatini). 1621 Francesco è barone di Consorto e nel 1645 giurato della Città. 1634 i Miccichè del Consorto acquistano il feudo Mastra e diventano tra le più cospicue famiglie di Platia. 1642 Girolamo junior, barone del Consorto e giurato, lascia un'ingente somma per una messa perpetua presso la chiesa di S. Lorenzo dei Teatini. 1666 Anna Maria Miccichè, figlia di Vincenzo, è baronessa dei feudi Consorto, Gatta e Mastra, inoltre è sposa di Scipione Di Giovanni barone di Pedara dei principi di Trecastagni. Alla baronessa viene applicata sul petto un'immagine metallica raffigurante il Beato Gaetano da Thiene e subito guarisce dai continui disturbi cardiaci di cui soffre. Alla sua morte è sepolta nella cappella gentilizia (la IV a dx) della chiesa di S. Pietro. Sempre nel 1666 Pietro è barone di Grottacalda. 1669 le sorelle Chiara e Antonia dei baroni di Grottacalda si fanno monache nel monastero di S. Agata e nel contempo lo ingrandiscono con la loro casa attigua. Nell'occasione, sulla porta laterale della chiesa, viene murato il blasone dei Miccichè (sicuramente è quello i cui resti si trovano nel chiostro dei Gesuiti). 1694 Marco Antonio, barone di Grottacalda, è cavaliere dell'Ordine degli Ospedalieri. 1713 Caterina Miccichè in Romeo è baronessa di Grottacalda. 1714 il sacredote Michele ha confiscati tutti i suoi beni per essere fuggito da Piazza per osservare l'interdetto. 1746 Pietro è Padre Agostiniano Centuripino presso il convento della "Neve". 1751 Michele è Padre Gesuita docente nel Collegio di Piazza. Di questa famiglia, oltre allo stemma nel chiostro dei Gesuiti, abbiamo due stemmi nella chiesa di S. Pietro nell'ultima cappella a dx. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

sabato 22 giugno 2013

Soluzione oggetto misterioso n. 13

Ve n'eravate dimenticati ? 

L'oggetto misterioso era uno SPEGNIMOCCOLO, cioè serviva a spegnere le candele senza brucciacchiarsi le dita.

Gonfalone restaurato

Il Gonfalone emblema della Città di Piazza Armerina risalente alla seconda metà dell'Ottocento, non quello che di solito viene usato nelle processioni o negli eventi speciali, nei giorni scorsi è stato consegnato al Comune dopo il restauro effettuato dal Centro Regionale per il Restauro dei Tessuti di Palermo. Il gonfalone, costituito da un drappo di tessuto rettangolare di colore bordeaux contiene lo stemma araldico e l'iscrizione "CITTA' di PIAZZA ARMERINA", inoltre è sospeso mediante un bilico mobile ad un'asta ricoperta di velluto dello stesso colore che termina con una freccia sulla quale è riprodotto lo stemma della Città. Lo stemma araldico della città di Piazza Armerina, presente nella parte centrale del gonfalone, è costituito da uno scudo e da una corona a sette punte con fascia di base gemmata. Lo scudo su campo argentato è interrotto nella parte centrale da una fascia di colore rosso e nella parte esterna mostra le seguenti decorazioni dall'alto a dx in senso orario: 5 aste lanciate, 1 cornucopia con fiori e frutti, 2 aste lanciate con drappo celeste, 1 tamburo, 2 cannoni, 1 alabarda, 1 tromba e 1 elmo metallico. Il Sindaco uscente, Carmelo Nigrelli, ha voluto ricordare che questo restauro del gonfalone ormai in pessime condizioni, era una delle cose programmate per l'850° Anniversario della fondazione della Città e che il Gonfalone, tra i simboli dell'identità della nostra Comunità, una volta riportato alla bellezza originaria, sarà esposto in una teca nella sala del Consiglio Comunale. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it       

Eccovi lo studente fuori sede nel 1937

Giuseppe Peritore, studente a Piazza nel 1937

Prof. Giuseppe Peritore, classe 1922
Dopo avervi fatto partecipi delle impressioni di uno studente fuori sede a Piazza negli anni '30, è arrivato il momento di presentarvelo. Si tratta di Giuseppe Peritore, nato nel 1922 a Licata dove vive tuttora. Laureatosi in giurisprudenza nel 1946 fa l'avvocato, poi l'insegnante di filosofia e storia, infine è professore al liceo di Licata e Canicattì. Lascia gli studi storici per dedicarsi a quelli di filosofia-teologia della storia e filosofia della religione pubblicando numerosi scritti. Qualche giorno fa mi sono imbattuto su internet nella storia che lui fa della sua vita, sotto il titolo di "La Storia di una Famiglia media", dove ho trovato le interessanti impressioni sulla nostra Città nell'anno in cui, proveniente dalla sua città, frequenta il Magistrale e che vi ho proposto in quattro puntate. Chi vuole approfondire maggiormente può cercare cliccando su:
http://docs.exdat.com/docs/index-518489.html?page=2 
oppure 
https://sites.google.com/site/therockgiuseppeperitore/home/autobiografia.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

venerdì 21 giugno 2013

Estate

Lido La Conchiglia, Gela anni '60

Estate


Estate calda estate,
il vento ti accarezza
il sole ci riempie di tutta la sua bellezza.
Il sole è il tuo veliero
è lui che ti fa ricca.

Riempie le tue spiagge,
le campagne ed i monti,
matura i tuoi bei frutti,
ti regala splendore.

Estate dolce estate,
tu sei la più bella stagione,
ci riempi di ricordi,
ci fai gioia nel cuore.

Peccato che il tempo passa 
e neanche tu ti fermi.
Dovrà passare un anno
prima che tu ritorni.

Roberto Lavuri

Campanile scomparso per sempre


Proponendovi la 10^ e la 10^ bis vedute della Città, vi avevo accennato al campanile della chiesa di S. Domenico, nel complesso del Seminario Vescovile, indicato con la freccia bianca nella foto in alto, con la rossa nella foto in basso, accanto a quello di S. Vincenzo. In effetti le foto panoramiche sino ai primi anni '40 presentavano il campanile "vivo  e vegeto". Ma in seguito alla sua instabilità, che poteva provocare dei crolli improvvisi, il vescovo di allora, mons. Mario Sturzo, prese la decisione di far abbattere la parte eccedente sino al tetto dell'edificio sottostante. Ma ci chiediamo: "La campana, se era una, che fine ha fatto?". Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it   

giovedì 20 giugno 2013

Soluz. Aguzzate la vista n. 21/Fontana n. 2


Eccovi segnate con la freccia in alto la fontana di cui avevamo già parlato, in basso quella relativa alla soluzione di oggi. Si trovano a pochi metri l'una dall'altra, lungo la via Canale Carmine al Casalotto. Quella in basso è ancora più difficile da individuare perché si trova in un cortiletto appartato in cui ci si deve andare appositamente. Nei tempi passati erano molto conosciute per le fermate dei mezzi di trasporto di allora: muli e asini si dissetavano prima del loro rientro. Gaetano Masuzzo/cronarmerina

1937 - Studente fuori sede / 4^ e ultima parte



Il Vescovo mons. Mario Sturzo (1861-1941)

"Chiudo il periodo piazzese rendendo omaggio a due uomini di valore che operano nella città dei Normanni. Mario Sturzo, il fratello di Luigi, è il vescovo di Piazza Armerina. In rotta con la curia romana per via delle sue ardite pubblicazioni su S. Agostino è in odore di giansenismo. Quando Mussolini si ferma a Piazza per visitare la tomba del generale Cascino (nel 1936), tutte le autorità cittadine sono lì a salutare il capo del fascismo. Mario, impassibile, resta in vescovado e manda il Duce a farsi benedite. Insegna al Magistrale superiore un ventiseienne catanese, professore d'italiano, alto, magro, con i capelli biondi lunghi fino alle spalle e barbetta. Somiglia a Gesù di Nazareth della "rock opera" Jesus Cgrist super star. E' Cannavà, un discendente di Vincenzo bellini. Il fascino della sua parola è senza pari. In Paolo e Francesca, ne Il Conte Ugolino, i suoi alunni, immobili e con gli occhi fissi su di lui, hanno gli occhi pieni di lacrime. Di lui ricordo il discorso d'inaugurazione dell'anno scolastico in una affollatissima aula magna e la commemorazione della morte di D'Annunzio. Egli morirà di grave malattia dopo qualche anno che io ho lasciato Piazza Armerina. Nessuno dei suoi studenti potrà mai dimenticarlo."
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Dopodomani viene svelato il nome dello studente fuori sede.

mercoledì 19 giugno 2013

Mezza soluzione Aguzzate la vista n. 21/Fontana n. 2

Come potete ben vedere il mascherone si trova in questa fontana, ma la fontana dov'è ?

L'icona preziosa


Ieri mattina presso la pinacoteca comunale c'è stata la presentazione dell'ICONA RITROVATA, della quale sino all'altro ieri si è potuta ammirare solo la stampa. Nella breve introduzione il sindaco Carmelo Nigrelli, nell'ultima iniziativa del suo mandato amministrativo, ha voluto ricordare come suo padre, prof. Ignazio Nigrelli, abbia individuato tanti anni fa l'icona tra gli scaffali della Biblioteca Comunale, riconoscendone immediatamente l'enorme valore storico-artistico. L'icona chiamata Madonna col Bambino, dipinta a tempera e olio, rappresenta la Madre della Consolazione e dopo più di un anno di restauro, per le pessime condizioni della tavola di tiglio, effettuato con estrema perizia con tecniche all'avanguardia di alta precisione dal giovane maestro ennese Pier Paolo Tirrito, potrà essere finalmente ammirata. Per oltre un'ora il dirigente della soprintendenza ai Beni Culturali Artistici di Enna arch. Luigi Gattuso e lo storico dell'arte Maria Katja Guida, ci hanno illustrato il capolavoro databile tra la fine del 1400 e l'inizio del 1500, molto probabilmente del pittore cretese Nicola Tzafuris, non riuscendo però a stabilirne l'ubicazione nè la provenienza durante tutti questi secoli. Un altro prezioso pezzo si aggiunge così al lungo elenco di pregevoli opere d'arte della nostra Pinacoteca, sta a noi usufruirne e, come ci ha ricordato la sovrintendente a i BB.CC. di Enna arch. Fulvia Caffo, curarne la manutenzione e la tutela in futuro. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it      

10^ bis Veduta di Piazza

Veduta da Sud, fine Ottocento inizio Novecento
Eccovi la stessa 10^ veduta di ieri, con uguale orientamento e periodo, ma un po' più ravvicinata e utilizzata come cartolina postale. Quello che salta subito agli occhi è, per prima cosa, la presenza del grande 2° campanile (della chiesa di S. Domenico) da sx dopo quello di S.Vincenzo, se guardate le foto dei periodi successivi non lo si trova più. La seconda osservazione riguarda la gran quantità di case a un piano, al massimo due, in basso al centro. Qui, inoltre, si distingue più nettamente, in basso a dx, la grande vallata che c'era sotto l'odierna via Roma. Questa zona scoscesa faceva ottima guardia sul lato Est dell'antica Città che, inoltre, proprio da questo versante, aveva una delle 7 porte sulla via proveniente dalla Tacura. La porta era chiamata dell'Ospedale, perché qui si ebbero i primi elementari edifici adibiti a ricoveri per i pellegrini e i viandanti, retti dai frati dell'Ordine di S. Giacomo d'Altopascio sin dal XII secolo. La via Roma per l'esposizione a Sud era la più ambita dagli artigiani sino agli anni '60/'70. I più numerosi erano i fornai, i falegnami, i fabbri (ecco perchè si chiamava a f'rraria) e persino qualche fotografo. Approfittavano della luce e del calore del sole, quasi sempre battente sugli edifici, per svolgere la maggior parte delle loro attività fuori dai laboratori sul grande marciapiede. Per rinfrescarsi a pochi passi c'era a funtanèdda da villa sempre a disposizione. L'esposizione, la lunghezza e la larghezza di questa via, a pochi passi da ciàzza Garibaldi, la resero molto idonea allo svolgimento delle fiere annuali, senza dimenticare l'ottima vista verso û ciangh û t'rr'mòt per godere "du iochu focu p' menzaustu". Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it
   

martedì 18 giugno 2013

10^ Veduta di Piazza

Veduta da Sud, fine '800 inizio '900

Questa è una delle tante foto della nostra Città di questo periodo, fine Ottocento inizio Novecento. La veduta è da Sud (anche se nella foto è indicato Sud-Ovest) e il primo campanile che si nota in alto a sx è quello tra le chiese di San Vincenzo e Sant'Antonio Abate. Accanto a dx ce n'è uno che oggi non esiste più. Probabilmente deve essere quello di San Domenico, nel complesso del Seminario Vescovile. Abbastanza grande, lo troviamo distintamente anche in altre foto, però sino in quelle degli anni trenta/quaranta. Ancora più a dx svetta quello di S. Giovanni Evangelista, più in basso al centro è la fila di edifici inconfondibile che già caratterizza la via Roma (ex f'rraria), chiaramente limitata dalla zona più scura della valle sottostante, in seguito colmata da abitazioni del quartiere Canali e, soprattutto, dalla Villetta delle rose (oggi gen.le Ciancio). Infine a dx la chiesa di S. Maria delle Grazie unita al convento dei Frati Cappuccini. Gaetano Masuzzo/cronarmerina

* Domani ne verrà proposta un'altra dello stesso periodo e orientamento.          

lunedì 17 giugno 2013

L'icona ritrovata

DOMANI ORE 10:00 ALLA PINACOTECA COMUNALE in Via Monte

"L'ICONA RITROVATA"

1937 - Studente fuori sede / 3^ Parte

Insegnanti e alunni delle scuole superiori di Piazza, anni '30 e '40*
"L'anno trascorso a Piazza Armerina è uno dei ricordi più belli della mia adolescenza. L'Istituto Magistrale è diretto dalla signora Garzaroli, ottima preside. Miei professori: Pappalardo, lettere, un padre di famiglia, affettuoso, benvoluto da tutti. Quando si ha la comunicazione ufficiale che i soldati tedeschi hanno invaso l'Austria, fa mille sforzi per convincerci che Hitler ha ben ragione di annetterla alla Germania. La signora Bottari è la nostra professoressa di francese; viene da Grenoble. Il professore Argento, ottimo insegnante di matematica. Il prof. Amore insegna musica. Zio Cocò, disegno. Un ufficiale della Farnesina, ginnastica. Un centurione della Milizia, reduce della disfatta di Guadalajara (guerra civile, Spagna), cultura militare; padre Federico, religione. Il detto popolare Co nescia arrinescia (Chi va fuori del proprio paese rinasce), ha fondamento. Tranne la seconda elementare e un po' la prima classe d'Avviamento, fino al 1937 sono un "intellettualmente inferiore". La scuola di Piazza Armerina scopre che io faccio il miglior tema di italiano di tutto il Magistrale inferiore e mi manda ad Enna per gli Agonali. Sono bravo in latino. Il professore Argento mi fa scoprire la matematica. Sono il più bravo di francese; sono il solo e unico della classe che sa fare la piccola conversazione. In palestra salgo la pertica in pochi secondi; salgo la corda a squadra. I miei compagni di classe mi vogliono bene. Ricordo ancora Di Stefano, Secondo, Mongelli e La Vaccara (mio avversario in matematica). Supero l'esame di licenza."
(continua) 

*La foto è tratta dal "Calendàri â ciaccësa - Öttövr 2011" di Lucia Todaro.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

domenica 16 giugno 2013

Vento

 

Il vento


Il vento gioca, urla, ti sconpiglia i capelli.
D'improvviso sferza le strade,
impazza, ti sbatte la polvere in faccia,
poi scappa codardo
ed urlando ti ruba il cappello.

Il vento è un capriccio del tempo.
Le nubi trasporta correndo nel cielo
con scrosci di pioggia
fischiando alle imposte
facendo rumore
sbattendo finestre socchiuse.

Alberi piega e contorce,
ballano come fantocci, la musica
al rumoreggiar del loro movimento,
e lui gridando dice:
io sono il vento
e son padron del tempo.

Roberto Lavuri

Famiglia La Vaccara

Stemma presso il chiostro dei Carmelitani "vacca passante"
Il primo nome che troviamo appartenente a questa famiglia è quello di Giovanni Pietro La Vaccara eletto nel 1574 priore del Convento dei Carmelitani di Plaza. Il Priore dal 1574 al 1579 realizza la costruzione degli ultimi due portici del chiostro (ecco spiegato la presenza del suo blasone scolpito nella seconda colonna del portico nella foto). Per trovare altri nominativi di questa famiglia dobbiamo fare un salto di quasi tre secoli. 1815 Giacomo La Vaccara è dottore e senatore urbano, lo stesso anno Gaetano è consulente (consigliere comunale), giudice supplente e, nel 1830, iscritto alla Carboneria. 1816 Benedetto è fidecommissario della Chiesa Madre e nel 1838 è decurione (altro termine equivalente a consigliere comunale), Gaetano è consulente comunale. 1842 Calogero La Vaccara è medico e fa parte della commissione per collocare un cimitero nella "selva" del convento francescano di S. Maria di Gesù. 1839 il dott. Domenico è decurione, 1848 Filippo, Giuseppe e Maria La Vaccara contribuiscono al prestito per contrastare l'esercito borbonico. Giuseppe sarà sindaco nel 1859 e rimosso l'anno dopo. 1848 il dott. Pasquale La Vaccara fa parte del Comitato Rivoluzionario Piazzese insieme ad altri 13 e recluta piazzesi nella Guardia Nazionale. Nel 1849 è il 2° eletto (vicesindaco), nel maggio 1860 è tra i membri del Comitato Rivoluzionario che si riunisce nell'abitazione del dott. Vincenzo Bonifacio. Intorno al 1850 è rettore dell'ospedale Chiello, e alcuni anni dopo viene allontanato. 1860 Adelaide La Vaccara effettua una grossa donazione all'ospedale Chiello. 1860 ca. Tommaso La Vaccara è canonico tesoriere delegato del Tribunale della Regia Monarchia e Apostolica Legazia di Piazza. 1874/1960 Giuseppe è sacerdote e prevosto della Cattedrale ed è tra i fondatori dell'attuale Liceo Classico. 1892 l'avv. Benedetto La Vaccara-Giusti (1848-1915) umanista e poeta è sindaco (1879-1882) e successivamente deputato al Parlamento per la XVIII legislatura (1892-1895), esiste una via in Città a lui intitolata. 1901 Giuseppe e Alfonso La Vaccara sono consiglieri comunali. 1914 il notaio Calogero La Vaccara è consigliere comunale. Dal novembre 1941 al gennaio del 1942 mons. Giuseppe La Vaccara è parroco-prevosto e governa la Diocesi alla morte del vescovo Sturzo, esiste una via in Città a lui intitolata. 1943 Luigi è tra i promotori del movimento separatista di Finocchiaro-Aprile. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it

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Dopo sei mesi di vita il blog ha raggiunto 43.290 visite: non c'è male !

Grazie

sabato 15 giugno 2013

L'angolo della poesia


La vita


La sfera che gira, la vita che va.
Ogni giorno è un sospiro
ogni giorno è un'età.

22 settembre 1987    Sergio Piazza  

A fussetta / 2° e ultimo TEMPO


I bottoni erano di diverso valore, c'erano quelli piccoli d l'aucch'tèra (abbottonatura dei calzoni, quelli piccoli delle camicie neanche erano considerati) da 1 patàcco, quelli medi da giàcca da 2 patàcchi, e quelli grandi di cappötti da 3 e 4 patàcchi, i più ricercati e ambiti, decisamente da scartare quelli di forma irregolare dei cappotti delle donne (poco regolari e inaffidabili... i bottoni!). I giocatori di alto livello non si accontentavano più di giocare per così "poco", allora alzavano la posta con monete di diverso taglio. Le più comuni erano da 5, 10 e 20 Lire, i più accaniti arrivavano alle 50 e persino alle 100 Lire, roba che le rare volte che si assisteva a tali sfide venivano i brividi, perché 9 volte su 10 ci scappavano i cazzotti col conseguente fuggi fuggi. Ho lasciato l'uso delle biglie di vetro per ultimo perché si usavano poco, sia per la scarsa reperibilità e sia perché poco indicate per i nostri "campi" da gioco. Bastava un granello di sabbia o na scagghiòla per cambiarne la direzione e quindi c'era poco "brio", pertanto, se proprio si volevano utilizzare le biglie su percorsi adatti e lisci, si aspettava di andare quella volta al mare sulle spiagge dorate di Gela, al lido "La Conchiglia" o a Macchitella, poi a Manfria, stando però alla larga, Déu n' scansa, dal pericolosissimo PUNTÍL! Questo gioco come gli altri, di cui sto parlando e parlerò su questo blog, presupponevano la frequenza assidua delle vie che allora non erano così trafficate come oggi. Al limite passava qualche mulo o carretto a bassa velocità, al quale ci si aggrappava per un passaggio di qualche decina di metri con relative imprecazioni, sempre molto contenute e gentili, del "pilota". Anche questo era considerato un gioco d'altri tempi, divenuto però un po' pericoloso quando il carretto fu sostituito dalla "velocissima" LAPPA. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it