Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

mercoledì 28 gennaio 2015

Edicola n. 17


Quasi due anni fa avevo già parlato di questa Edicola Votiva in due post del 6 e 7 aprile 2013. Oggi Ve li ripropongo per intero ne L'Edicola Votiva al Gen. Cascino - n. 17 del mio censimento. 

Finalmente dopo tanti anni ho potuto leggere quello che c'è scritto alla base del quadro che sta nell'Edicola Votiva al Generale Cascino, tra i numeri civici 11 e 12. Era da tanto che mi ripromettevo di approfondire le notizie in merito, anche perché proprio sotto la cornice c'è una targa, oggi in plastica, ma mi ricordo di averla vista alcuni anni fa in ceramica, con la seguente scritta: "Il.mo Rev.mo Mons. D. Filippo Trigona vescovo di Siracusa concede gg. 40 d'indulgenza a chiunque e quante volte reciterà una Ave a l'immagine di Maria Santissima 1809". Ebbene questa mattina, con la gentile collaborazione e disponibilità del gestore del bar vicino Sig. Giuseppe Castellana che, dopo aver pulito il vetro che ricopre il quadro, si è approntato a fornirmi di scala a forbice, ho potuto scattare alcune foto senza la grata e nel contempo ho potuto leggere da vicino la scritta che si trova alla base del quadro stesso. Intanto è abbastanza evidente, e io non sono un intenditore in materia, che è stato ritoccato tante volte, poi l'immagine si rifà a quella del quadro della Madonna delle Vittorie e alla base sta scritto in tre righe: "IMAGINE DI MARIA SS.MA DEL SOCCORSO SOTTO // TITOLO DELLA ROCCA PEL CASTELLO CHE ERIGRASI IN QUESTA // ADIACENZA".
Le poche parole riportate alla base del dipinto ci fanno sapere a chi è dedicata l'Edicola e il perché si trovi in quel posto. Il titolo "del Soccorso" è chiaro che richiama il nome della chiesetta dirimpetto l'edicola (da considerare che nei primi anni dell'Ottocento ancora non c'era il cinema Ariston), già esistente nei primi decenni del XII secolo, su cui resti fu costruita la Commenda di S. Giovanni Battista dai Cavalieri Crociati Ospedalieri intorno al 1145. Infatti, tutta la zona circostante la Commenda dentro le antiche mura della Città, veniva intesa come Quartiere di S. Maria del Soccorso e, dopo la costruzione della Commenda, Quartiere di S. Giovanni Battista. Senza dimenticare che le Commende nacquero soprattutto per prestare soccorso ai pellegrini e ai cavalieri di passaggio diretti o di ritorno dalla Terra Santa. Per l'altro titolo "della Rocca" bisogna sapere che proprio in questa adiacenza nel piano delle Botteghelle esisteva la chiesa (non si conoscono le dimensioni) di S. Maria della Rocca, che ho elencato nel mio libro tra le 5 chiese urbane abbattute. Rocca era chiamata la zona del quartiere Casalotto situata al di sopra dell'edicola, infatti ancora oggi esiste la via Madonna della Rocca, dove doveva esserci un piccolo castello sede per tanto tempo del Comando della Milizia Urbana della Comarca di Piazza. Inoltre, si chiamano Rocca sia il torrente, oggi sotterraneo, proveniente dall'alto del quartiere, e sia la valle attraversata dallo stesso, sotto la costa S. Francesco. Per quanto riguarda il Vescovo che concedeva l'indulgenza nel 1809, si tratta di uno dei tre Vescovi della famiglia Trigona*, mons. Filippo Maria Trigona Bellotti dei baroni di Imbaccari Sottano Terra di Mirabella e di S. Cono, nato a Piazza nel 1735 e morto nel 1824. Vescovo di Siracusa dal 1807, nel 1818 ricoprì la carica anche di Delegato per i primi adempimenti della nascente Diocesi di Piazza.
Sono sicuro che chi ha letto queste righe, la prossima volta guarderà con più attenzione quest'edicola semplice ma importante o General Cascinu.

*La famiglia Trigona annovera anche un Vicario Apostolico della Diocesi di Piazza dal 1867 al 1872, mons. Benedetto Maria Trigona della Floresta.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

domenica 25 gennaio 2015

Ruota degli Esposti 3

Medaglietta per la mercatura della 316^ bambina nel 1956 a Napoli
Solo per i fortunati poteva accadere che i genitori, una volta superate le difficoltà economiche, decidevano di riprenderseli. Ciò era possibile se il bambino veniva abbandonato con un oggetto che ne rendesse certa la riconoscibilità: una moneta, una medaglietta, l'immagine di un Santo, oggetti spezzati a metà, nastri colorati ai polsi o alle caviglie, un biglietto scritto. In molti brefotrofi (istituti per i neonati abbandonati) vi era l'abitudine poco ortodossa di marchiare a fuoco o tatuare gli esposti per tutta la vita, per affermare l'appartenenza alla nuova famiglia dei proietti. Questa consuetudine registrata a Venezia con una "p" di pietà sul tallone, a Siena con una scaletta, a Roma con una croce a doppio braccio dell'Ordine di Santo Spirito, a Napoli con un cordoncino con medaglietta al collo detta mercatura (da merco = marchio, vedi foto), a Piazza non è stata riscontrata. Al momento dell'accoglienza veniva dato anche un cognome e un nome al neonato abbandonato e la scelta era del tutto casuale, cioè senza uno schema ben preciso, se non addirittura il cognome che avrebbe ricordato per sempre l'abbandono come quello dato a migliaia di bambini a Roma: PROIETTI, a Napoli: ESPOSITO*. Si andava dai nomi di oggetti di uso comune (Sasso, Ortica, Erba, Violetta, Vapore, Fuoco, Fiore), ai nomi di frutta e cibo (Susina, Focaccia, Pera, Ovo, Oliva), agli aggettivi derivanti dalle caratteristiche fisiche dei bambini (Naso, Ciglio, Gola, Grido, Piede, Gigante), ai fenomeni climatici del periodo dell'abbandono (Vento, Tuono, Neve, Natale), a qualche nome di origini nobili (Conte Teresa). In caso di adozione il nome rimaneva quello originale, pertanto poteva accadere che in famiglia i fratelli avessero cognomi diversi, creando perplessità e problemi una volta adulti. (tratto da V. Careri e F. Cassibba, Il fenomeno dell'abbandono..., tesi A.A. 2006/2007) (continua)

*La prima volta che venne dato questo cognome fu il primo gennaio del 1643 presso la Ruota degli Esposti della basilica SS. Annunziata Maggiore di Napoli, al bambino di due anni di nome Fabrizio, come risulta dal volume più antico dell'archivio. 

DOMENICA PROSSIMA IL 4° E ULTIMO POST

Gaetano Masuzzo/cronarmerina    

venerdì 23 gennaio 2015

Edicola n. 16

L'Edicola Votiva n. 16 è quella nella mia campagna in c/da Uccelli-Bosco Blandino. Semplicissima, ospita due quadri, uno della Madonna delle Vittorie e l'altro di S. Giuseppe patrono dei lavoratori. Quello della Madonna perché è rivolta verso l'eremo di Piazza Vecchia, quello di S. Giuseppe perché sia mio padre Gino che mio zio Guido erano artigiani, uno falegname e l'altro fabbro ferraio. Da sempre questa piccola campagna è stata frequentata da amici e parenti soprattutto per le scampagnate, essendo a pochi chilometri dal centro urbano, dalla chiesa dell'Indirizzo e di fronte al percorso che il 3 di maggio la Madonna fa per tornare a Piazza Vecchia. La contrada prende oltre al nome di Uccelli, facilmente comprensibile per la numerosa presenza di volatili, quello di Bosco Blandino perché quasi mille anni fa era di proprietà della figlia del Conte Ruggero, Blandina o Flandina, poi sposa di Enrico Aleramico signore di Paternò e di Butera e capo degli Aleramici di Sicilia.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

mercoledì 21 gennaio 2015

Edicola n. 15

L'Edicola Votiva n. 15 è quella sulla dx all'inizio della Strada Provinciale n.15, manco a farlo apposta, che porta dai Canali alla chiesa dell'Indirizzo. Dedicata alla Patrona Maria SS. delle Vittorie è stata costruita veramente bene, abbellendo così lo spoglio muro di contenimento in cemento armato. Come si vede dalla foto, è tenuta benissimo con tanto di recinzione in legno ed è sempre con fiori e lumini. Un plauso all'autore, specialista nella pietra a vista, e ai numerosi Canalari e non che la visitano e la mantengono dignitosamente.  

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

domenica 18 gennaio 2015

Ruota degli esposti 2

Ruota degli Esposti presso l'antico ospedale di Santo Spirito in Saxia (Roma)
E' del 1188 la prima vera RUOTA degli ESPOSTI, aperta a Marsiglia nell'Ospedale gestito dai religiosi dell'Ordine di Santo Spirito fondato dal Cavaliere degli Ospitalieri di Gerusalemme Guy (Guido) de Montpellier (m. 1208) grazie alla sua esperienza in Terrasanta. La casa madre dell'Ordine fu in seguito trasferita per volontà di papa Innocenzo III a Roma, dopo aver assistito alla "pesca" nel Tevere dei corpi di tre neonati abbandonati da altrettante prostitute e annegati. Il sito scelto nel 1198 fu un reparto dell'Ospedale di Santo Spirito dotato di ROTA già sorto, a due passi da piazza S. Pietro, nell'VIII secolo come centro di accoglienza dei pellegrini della comunità anglo-sassone (Schola Saxorum, Saxia). Le Ruote si diffusero rapidamente in Francia, Italia, Spagna e Grecia e il meccanismo era abbastanza semplice (nei prossimi post vi mostrerò le foto di quelli di Piazza Armerina): un cilindro in legno con una apertura in cui si riponeva il bambino, capace di girare intorno a un asse verticale. La ruota era posta possibilmente in un lato isolato dell'edificio, accanto c'era una campanella per avvisare colui che era preposto a girarla senza vedere il genitore e per questo era chiamato rotaro/a o custode. I trovatelli, che riuscivano a superare le grosse difficoltà dovute all'allattamento, alle malattie infantili o alle pessime condizioni igieniche e sanitarie degli istituti, una volta cresciuti, erano quasi sempre condannati a essere emarginati sociali, soprattutto i maschi, in quanto le femmine, almeno parte di esse, grazie alla dote fornita dai conventi o dalle varie Opere Pie (come abbiamo visto nei post dedicati ai Legati di Maritaggio del nostro Monte di Pietà), potevano sposarsi o rimanere in convento. (continua) (tratto dalla tesi di laurea degli all. architetti V. CARERI e F. CASSIBBA, Il fenomeno dell'abbandono..., A.A. 2006/07)

DOMENICA PROSSIMA IL 3° POST

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

mercoledì 14 gennaio 2015

Edicola n. 14

Questa è l'Edicola Votiva accanto alla chiesa di S. Pietro, Pantheon* della Città. Dopo l'ultimo restauro, fa bella mostra a qualche metro di distanza a dx dall'ingresso principale della chiesa. Su 40 mattonelle di ceramica è rappresentata la nostra Patrona Maria SS. delle Vittorie con la scritta in latino alla base: IMAGO DEIPARAE PLATIENSIS (Immagine della madre dei Piazzesi). 
Veramente la tradizione ci tramanda che questo era il sito di un'altra immagine miracolosa, sempre dedicata alla Madre di Gesù ma affrescata su pietra e venerata non solo dai Piazzesi ma da tutti i Siciliani e perciò la chiesa fu chiamata anche della Madonna "della Grazia". Successivamente, questa immagine fu colpita al capo della Madonna da un sasso lanciato da un giocatore ebraico, che causò l'uscita di sangue dalla ferita, in gergo locale mercu. I cittadini dopo aver punito l'ebreo, misero l'immagine all'interno della chiesa (terza cappella a sx**) che da quel momento fu chiamata chiesa "della Madonna del Merco" (da Madonna du Mercu) oltre che di San Pietro.

*Chiesa dove sono sepolti illustri cittadini.
**L'affresco odierno è della fine del XIII inizio XIV secolo, forse copia di un altro di età precedente.       

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

domenica 11 gennaio 2015

Ruota degli esposti 1


Disegno della probabile Columna Lactaria* a Roma
In passato di frequente si commettevano infanticidi, dovuti all'ignoranza sul tema del controllo delle nascite, al bisogno di nascondere relazioni proibite e alla povertà delle famiglie. Per questi motivi si sceglieva di abbandonare i neonati in luoghi dove avrebbero trovato la morte lontano dagli occhi dei genitori. In certi casi i problemi nascevano dal sesso del neonato e la tendenza era di abbandonare prevalentemente le bambine, data la condizione della donna impossibilitata a lavorare al di fuori della propria casa e difficile da mantenere, considerando soprattutto le spese per darla in sposa. Così, per non ucciderli direttamente, si cominciò ad abbandonare i neonati per strada, in posti poco visibili o a lasciarli morire di fame, riposti dentro grandi giare, per non essere visti o sbranati dai cani randagi. Per mitigare questa vera e propria strage i Romani istituirono la Columna Lactaria*, una sorta di gazebo permanente, con al centro un ripiano per appoggiare sopra il bambino da esporre mettendolo in vendita come schiavo o per essere immolato nei riti pagani a fini propiziatori. In questo modo il temine esporre venne usato per indicare l'abbandono, termine usato sino ai nostri giorni, per rinunciare così definitivamente a qualsiasi diritto su di lui. Tranne qualche eccezione durante i periodi di calo demografico, i neonati continuarono a essere eliminati, sino a quando furono varate delle leggi a favore del pubblico mantenimento, sopprimendo la pratica dell'esposizione. Ma con l'arrivo dei barbari si ritornò alle eliminazioni cruente dei figli illegittimi, facendo aumentare il numero dei piccolissimi morti. E' in questo periodo che sui gradini davanti le chiese vengono deposti i neonati, nella speranza che qualcuno della chiesa se ne prendesse cura. Ma ci si accorse che i bambini deposti durante le ore notturne, morivano a causa del clima, così si pensò di costruire delle strutture riparate per accogliere gli esposti e tutelarli, per quanto possibile, dalle intemperie. Per questo sorsero, davanti gli ingressi delle chiese, separati dalla strada, ripari per piccole conche di legno o di marmo con dentro un giaciglio di piume o di lana. (continua) (tratto dalla tesi di laurea degli all. architetti V. CARERI e F. CASSIBBA, Il fenomeno dell'abbandono..., A.A. 2006/07)

*Originariamente era un luogo di ritrovo, che aveva come riferimento una colonna, dove si potevano portare i bambini poveri per essere nutriti con il latte o dove si potevano assumere balie, quando le madri non erano in grado o sceglievano di non allattare il neonato. 

DOMENICA PROSSIMA IL 2° POST

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

venerdì 9 gennaio 2015

Scuole nel piano Castello anni 20

La classe di suor Marina Coppa davanti il Palazzo Trigona di Gerace al piano Castello, anni 20
Tra i benefattori della casata Trigona, oltre al più noto Marco Trigona barone di Gatta Alzacuda e Sofiana, che lasciò un'enorme eredità per la nuova Chiesa Madre, troviamo anche Vespasiano Trigona barone di Gerace. Questi, oltre a donare il suo latifondo di Rossignolo al Monte di Prestami, fondato dal chierico Michele Chiello nel 1771, alla sua morte nel 1853, lascia parte dei beni, compreso il feudo Ciappa, all'Ospedale "Chiello" riservando l'usufrutto, sino a quando fosse rimasta in vita, alla moglie, Carmela d'Acquino dei principi di Caramanico (1816-1898). La baronessa però rinuncia all'usufrutto facendo sì che per alcuni anni l'ospedale cittadino si chiamasse Ospedale Michele Chiello-Vespasiano Trigona. Dopo essersi risposata col fratello del marito, Antonino Trigona, nel 1879 rimane vedova per la seconda volta e alla sua morte, nel 1898, lascia una cospicua eredità per fondare nel 1902 l'Istituto baronessa Carmela Trigona di Gerace nel palazzo baronale di Piano Castello. L'Istituto comprende un asilo, una scuola elementare e un laboratorio di sartoria e ricamo che nel 1912 si trasforma in Scuola Professionale Femminile gratuita. Nel 1919 la Scuola Professionale dell'Istituto viene trasferita nell'antico Monastero delle Benedettine di S. Giovanni Evangelista e nell'edificio accanto con l'ingresso dalla via Garibaldi, anche questo donato dalla baronessa al VI vescovo di Piazza, mons. Mariano Palermo. Qui l'Istituto eredita tutte le antiche e redditizie attività delle Benedettine (cucito, ricamo, dolciaria, musicale), mentre alcune classi elementari rimangono nel palazzo baronale sino agli anni 60. L'edificio di via Garibaldi in seguito sarà la sede delle Suore Salesiane figlie di Maria Ausiliatrice*. Come si vede nella foto la classe femminile è formata da circa 60 alunne, tra le quali tante probabili nostre mamme o nonne nate tra il primo e il secondo decennio del secolo scorso. Sappiamo anche il nome della suora maestra. Si tratta della Consigliera Scolastica suor Marina Coppa nata nel 1869 a Monticello d'Alba (CN) e morta nel 1928 a Nizza Monferrato (AT). Cresciuta in una famiglia agiata di Monticello, consegue a Torino da novizia la patente di maestra per la scuola elementare. E' Consigliera Scolastica dal 1900 al 1928 e per la sua sesibilità educativa è detta "educatrice delle educatrici" dando ulteriore sviluppo alle scuole delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) contribuendo ad ottenere dalla riforma Gentile la trasformazione in parifica delle scuole normali.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

*Tantissimi ricordano con affetto le suore che gestivano sino agli anni 80 l'asilo infantile, fra queste suor Graziella, maestra del mio giovanottino Fabio.      

mercoledì 7 gennaio 2015

Edicola n. 13


In via Carmine, all'incrocio con la via Carbone, c'è l'Edicola Votiva n. 13 dedicata forse a Santa Rita. Infatti, fra due Angeli c'è una Santa distesa con un Crocifisso sul petto. La via Carmine porta, appunto, alla chiesa del Carmine dedicata alla Madonna o Beata Vergine dell'Annunciazione, costruita nel 1652 sulle rovine di un'altra più antica della quale non si hanno notizie. Accanto alla chiesa c'è uno dei più belli chiostri che abbiamo a Piazza. E' il chiostro dei Padri Carmelitani costruito nella II metà del Cinquecento che meriterebbe un radicale restauro per immetterlo in un circuito cittadino di chiostri assolutamente da visitare, se non di più, almeno quanto i mosaici della Villa Romana del Casale.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it           

martedì 6 gennaio 2015

33 poesie di Francesco

Il nostro concittadino Francesco Lavore (si firma Ciucciu o ciaccës') ha da poco pubblicato un libro di poesie e ci spiega il

 Per maggiori dettagli: https://www.produzionidalbasso.com/project/33-poesie-per-unillusione/

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

lunedì 5 gennaio 2015

Edicola n. 12


 Questa nella foto in alto è l'Edicola Votiva dedicata alla Sacra Famiglia che si trova a metà Viale della Libertà. Ben tenuta e accolta in una nicchia alquanto decorosa, fa bella mostra nell'edificio subito dopo quello che ospita la Scuola Media "Roncalli-Cascino", salendo verso la zona di Costantino. Sino ai primi anni del Novecento questo viale presentava edifici a un solo piano dalla parte opposta a quella dell'edicola, come si può benissimo notare nella foto in basso. Quelli esistenti erano occupati soprattutto da magazzini e/o alberghi (i cosidetti fondachi = dall'arabo funduq) e officine per carri e carretti. Per farvene un'idea ho pensato bene di allegare una foto relativa a quel periodo. Oltre alla pessima qualità del fondo stradale e alle "numerose auto" in transito, salta subito agli occhi, dove poi negli anni 50 venne costruito il Jolly Hotel, il grande spiazzo e una bassa baracca in legno. Forse l'antesignana dell'odierno B&B?
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

domenica 4 gennaio 2015

Com'era il mercato del pesce a Piazza

L'ex pescheria in piazza Santa Rosalia

 

Il mercato del pesce nella prima metà del Novecento a Piazza raccontato dal prof. Giovanni Contrafatto (1910-2004)


<< Il pesce, e non tutti i giorni, lo portavano da Licata dei pescivendoli intesi cavagnari, dentro due grandi coffe a dorso di mulo. I poveretti si partivano da Licata nel tardo pomeriggio. Camminavano tutta la notte attraverso mulattiere e scorciatoie che ne riducevano notevolmente la distanza ed arrivavano alla pescheria di Santa Rosalia il mattino dopo. Ad informare la popolazione che era arrivato il pesce, ci pensava il banditore, un certo Carlino*, che la gente chiamava Carrino, gran tracannatore di vino, dotato di una voce fortissima che richiamava alla memoria i versi di Carducci per Alberto da Giussano nella battaglia di Legnano: "E la sua voce, come tuon di maggio". Carlino iniziava subito il suo giro portandosi in piazza Duomo e, affacciato alla balaustra che circonda la piazza e che dall'alto domina il quartiere Monte, con la sua voce potente dava la notizia agli abitanti del quartiere. Indi passava al Piano Barone, oggi Largo Capodarso, continuando il suo lavoro di banditore per le famiglie del sottostante quartiere Canali. Infine, al Piano Duilio, per gli abitanti del Casalotto. Durante i suoi spostamenti, ripeteva la stessa solfa per quanti abitavano nel centro. A seconda della intonazione della voce, faceva capire la qualità del pesce arrivato al mercato. Se poi si trattava di sarde, era un accorrere di gente da tutti i quartieri. >> (tratto da Giovanni CONTRAFATTO, Memorie Armerine, ILA Palma, PA, 1991)

*Qualche decina di anni dopo, quindi verso la fine degli anni 30, il posto di Carlino lo prese un certo Vittorio abitante nel Cortile Minnella, proprio dietro la Centrale Elettrica e la pescheria. Questo banditore, purtroppo, fece una brutta fine. Un giorno mentre si trovava seduto all'angolo tra la piazza Garibaldi e la via Vittorio Emanuele, na cantunera, venne sbattuto violentemente al muro da un'auto in retromarcia che lo uccise sul colpo. Nella pescheria c'era sia chi vendeva i grandi fogli di "cartapaglia" color giallo, per involtare il pesce a 2 soldi il foglio, sia chi cercava il momento buono per prendersi un pesce e arrostirselo sullo scaldino portato da casa, contando sulla bontà del pescivendolo. Inoltre, sul banco in marmo appena si entrava a destra, c'era la rivendita della "carne di basso macello", ovvero di pezzi di carne non tanto pregiata e a basso prezzo che così poteva essere acquistata dalle persone meno agiate.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina      



sabato 3 gennaio 2015

Si recupereranno?

Mercoledì 31 dicembre scorso ho letto sul giornale "La Sicilia" che "GLI AFFRESCHI SARANNO RECUPERATI" nel corso dei lavori di ristrutturazione dell'ex Convento dei Frati Minori di S. Pietro. Vi propongo una foto di uno dei tanti afrreschi che ho avuto la fortuna/sfortuna di fotografare alcuni anni fa. Mi sono posto questo interrogativo: "Ma possono essere recuperati questi affreschi ridotti così?".

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

venerdì 2 gennaio 2015

Edicola n. 11

Questa è l'Edicola Votiva dedicata alla Madonna col Bambino di via Mons. Sturzo (1861-1941, VII vescovo della Diocesi di Piazza dal 1903 al 1941), quasi di fronte l'autolavaggio e la salita Liurno. Come vi avevo accennato nel post "Via del Tubo" dell'11 dicembre scorso, questa strada nel secolo passato ha avuto altri due nomi prima dell'odierno. Il primo che si ricorda è stato Stradale Altacura*; il secondo, degli anni 30 e 40, Stradale Mazzarino, che arrivava sino ai Canali comprendendo l'attuale via Salvatore Principato. Essendo un tracciato stradale tra la collina del Piano dei Teatini, una volta all'interno delle mura cittadine, e quella del Carmine, fuori le mura, originariamente seguiva il fondo valle della Taccura. Infatti, se si percorrono i due lati, sottostanti di almeno 4 metri, nella seconda parte della sede stradale, si notano gli ingressi delle antiche abitazioni costruite prima e che seguivano l'andamento originario della vallata. La sede stradale fu rialzata, probabilmente a metà Ottocento, perché altrimenti sarebbe rimasta molto ripida e pericolosa per i carri, carretti e, poi, automobili, sempre più numerosi.

*Ricordo che il nome deriva dall'acqua solfurea curativa proveniente dalle sorgenti del Piano del Patrisanto o dei Teatini, ormai completamente prosciugate o coperte e che continuano a scorrere sotterranee.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina