Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

venerdì 29 gennaio 2016

1785 Turista Abate de Saint-Non/Piazza 2

Veduta presa dai dintorni di Piazza, graziosa città situata al centro della Siclia, e nella parte più fertile della Val di Noto
Vista dei dintorni delle città di Piazza e Pietra-Percia
(Abate de Saint-Non, Voyage pittoresque..., Vol. IV, Parte II, Cap. XIV, Tavola CXXVII, p. 328)
- traduzione a cura di Maria Rizzo e Salvo Sinagra -
- segnalazione di Maurizio Prestifilippo -

2

Uno dei più interessanti tra questi giardini è quello detto dei Cappuccini Vecchi¹, di proprietà del Marchese della Floresta². La tecnica non è intervenuta per creare ciò che occorre per godere di una splendida natura e per sfruttarne tutta la sua fecondità. Non è un giardino Inglese, ancor meno un giardino Francese; niente è stato fatto per schema; non (è stato) realizzato alcun progetto; si è favorita solamente la circolazione delle acque, l'accostamento degli alberi, la moltiplicazione di piante di ogni specie e il giardino è stato fatto. Gli alberi da frutto di ogni specie sono mescolati con le querce, i pini, i pioppi, i melicuques (n.d.t.: bagolari) e il cipresso. Gli arbusti odoriferi guarniscono gli spazi tra i grandi alberi. I vigneti si uniscono con i noccioleti e gli aranceti e formano dei festoni passando dagli uni agli altri. Tutto è confuso e tutto riesce perfettamente, perché la natura si esalta in tutte le sue espressioni, quando non si voglia forzare il suo aspetto e la sua forma. L'occhio si riposa piacevolmente su tutto, non è stanco per la monotonia delle forme, né per l'uniformità delle sfumature. Il caldo è temperato dalle acque che s'innalzano in zampilli, cadono le cascate, scorrono da tutte le parti. Gli usignoli sembrano esser qui venuti da ogni parte della Sicilia e mostrano con il loro canto la predilezione che hanno per questo bel sito, aumentandone il godimento. I giardini di Centorbi e di Costantino non sono meno a nessun altro in godimento. Vi si nota dappertutto la stessa abbondanza, la stessa fertilità, la stessa quantità di acqua: vi si notano anche grandi viali di cipressi, querce enormi, i cui tronchi sono guarniti di edera, boschetti di arbusti, notevole quantità di grandi alberi da frutto, boschi di noccioli che raggiungono le dimensioni di un ceduo di querce, un insieme di aranci, di limoni, di aloe, di viti, il tutto disposto confusamente. Qui gli alberi crescono tanto velocemente che in venticinque anni raggiungono le dimensioni che altrove raggiungerebbero in cinquanta. Anche i giardini dei Capucins e dei Récollets³ sono molto belli, tanto per la loro posizione ed estensione che per la quantità di alberi che comprendono. (Quei giardini) potrebbero aiutare i Monaci a sopportare le privazioni alle quali sono condannati, se fosse loro possibile dimenticare che hanno sacrificato la loro libertà e che non resta loro né quella di pensare, né quella di agire: non esistono luoghi belli, né di posizione piacevole se colui che vi si trova in essi, non vede nient'altro che una prigione, i Padroni e la Regola austera da osservare. (continua)

¹La località è proprio al di sotto dell'odierna Torre di Renda, in c/da Rambaldo o c/da Palermi, chiamata Cappuccini Vecchi perché nel 1538 i Francescani Cappuccini fabbricarono il loro primo convento in un appezzamento di terreno avuto in concessione dal nobile Giovanni Filippo Jaci. Poi, nel 1606 (per altri nel 1592) si trasferirono accanto all'odierno Campo Sant'Ippolito. 
²Doveva trattarsi di Ottavio Maria Trigona Bellotti (1733-1785) X barone di San Cono Sup. e I marchese della Floresta.  
³ I Frati "Recolletti" sarebbero la forma francese a imitazione dei  Frati Francescani (o Minori) Osservanti Riformati che erano soliti "raccogliersi" in conventi solitari. A Piazza si erano "raccolti" originariamente nel convento di Santa Maria di Gesù, poi anche in quello di San Pietro.  

giovedì 21 gennaio 2016

1785 Turista Abate de Saint-Non/Piazza 1

Frontespizio originale in Voyage Pittoresque..., A. de Saint-Non, 1785

 Vista dei dintorni delle città di Piazza e di Pietra-Percia
(Voyage Pittoresque... , Vol. IV, Parte II, Cap. XIV, p. 327, Tavola CXXVII)
- traduzione a cura di Maria Rizzo e Salvo Sinagra -
- segnalazione di Maurizio Prestifilippo -

1

Se la bellezza delle campagne della vecchia Enna, adesso Castrogiovanni, è al di sotto dell'idea che ci si è potuto formare dalla descrizione dei Poeti; se la loro fertilità, sebbene abbastanza grande, non corrisponda a ciò che ci si dovrebbe attendere, secondo l'ipotesi che Cerere vi avrebbe stabilito il suo soggiorno, si può certamente assicurare che i dintorni di Piazza superano tutto ciò che si possa immaginare in abbondanza e in rigoglio vegetativo. Questa Città, collocata nel centro della Sicilia, è costruita su una piccola Montagna isolata. Non ha niente di eccezionale nei suoi Edifici pubblici e privati, ma deve inorgoglirsi della ricchezza del suo territorio e della bellezza delle sue campagne. Tutti i generi di prodotto gli sono propri e riunisce ciò che è caratteristico di tutti i climi e tutte le temperature: la vite si è appoggiata indifferentemente sull'arancio e sul noce. La Città è cinta da Valloni che, come fossati naturali, potrebbero servire alla sua difesa, ma che sono usati unicamente per la coltivazione delle verdure e per pascolo di ogni genere; ne forniscono (prodotti) non solamente per il consumo degli Abitanti, ma (che) costituiscono anche oggetto di commercio lucrativo con le Città che sono a qualche distanza e che sono meno favorite dalla natura. Le Valli vicine che formano il suo territorio, sono fertilissime e presentano ovunque aspetto incantevole. Una delle colture più interessanti è rappresentata dai boschi di nocciole che occupano tutti i luoghi dove le acque sono abbondanti e offrono dei luoghi per passeggiare, suggestivi per frescura e ombra. C'è un numero infinito di giardini in tutti i dintorni della Città, ognuno ha il suo, o piuttosto la campagna intera è un esteso e bel giardino, diviso da alcuni fossati, per servir da limite alle proprietà; quelle che appartengono ai Nobili, nelle quali non si è sacrificato tutto alle sole coltivazioni utili e dove sono state ammesse anche essenze di puro godimento, sono luoghi deliziosi. (continua)

*Osservando attentamente il frontespizio nella foto, al terzultimo rigo, dopo la dicitura "VAL DI NOTO", troviamo la nota "(1)". In questa nota a piè pagina dell'originale, il Saint-Non ci fa sapere che le notizie riportate in questo capitolo sono di Déodat (o Dieudonné) de Dolomieu: ... les descriptions que M. le Commandeur de Dolomieu nous en a envoyèes = ... le descrizioni che il signor Commendatore de Dolomieu ci ha inviato. Della visita del Dolomieu, effettuata nel 1781, ho già parlato nei post dell'1 Febbraio 2013 1781-Turisti tra leggende e verità e del 3 Febbraio 2013 1781-Turisti di due secoli fa. Déodat de Dolomieu era chiamato Commmendatore/Comandante per essere stato un ufficiale dell'Ordine Cavalleresco di S. Giovanni Battista di Gerusalemme poi di Malta.  

lunedì 18 gennaio 2016

Traduzione 'N r'gòrd d' l'bertà

Via Castellina
Un ricordo di libertà

C'è una strada a Piazza che si chiama via Castellina
essa è tutta in discesa e all'epoca era fatta di pietre
proprio per frenare gli zoccoli degli asini che una volta
salivano e scendevano da qui.

Ora, se era vero che le pietre frenavano
qualche buona scivolata agli animali,
era pure vero che loro facevano inciampare anche il tacco
delle scarpine delle belle signore che la domenica
dal Buco salivano per la via Castellina
per andarsi a fare una passeggiata al Generale Cascino.

Potete credere quant'era difficoltoso salire e scendere per questa strada
tanto che le donne,
ce l'ho ancora davanti agli occhi,
camminavano a due o tre insieme
tenendosi a braccetto per non scivolare
ma col pericolo che se scivolava una
si portava dietro anche le altre.  

Ma per me non era così.
Io ancora ragazzina e senza tacchi
questa strada la facevo tutta di corsa all'impazzata e mai da sola.
Ero sempre in compagnia di un gruppetto di ragazzine
mie compagnette dell'Azione Cattolica
così si chiamava allora la frequenza in parrocchia
che per me era quella di Santa Venera.

Qualche volta duo o tre ragazzini maschietti si univano
al nostro gruppetto di femminucce 
ma loro lo sapevano dall'inizio che era "partita persa"
correvano sì, ma sempre dietro
senza mai poterci raggiungere.

Proprio belle quelle corse per le stradine
che partendo dalla via Castellina
s'infilavano dentro l'altra come in un dedalo
ma appena ci sembrava d'esserci perse
di colpo ci ritrovavamo al punto di partenza...
e il gioco riprendeva.

Entravamo in un vicolo e spuntavamo in un'altra
sempre di corsa
come se dovevamo andare a prendere il palio
invece era per ritagliarci un'oretta di libertà. 

Quella corsa infatti ci faceva sentire più grandi e più LIBERI
peccato che allora non lo sapevamo
ora dopo tanti anni lo posso dire
quel sentimento di libertà che provavamo
era per la disobbedienza che facevamo.

Eh già, questo fatto di andare a girare per le stradine della Castellina
era una cosa proibita specie da mia madre
che mi avrebbe voluto sempre sotto la sua gonna. 
Ma prorpio per questo io non l'ascoltavo e la domenica
dopo il catechismo col solito gruppetto di ragazzini
 partivo per la solita spedizione
"la corsa pazza e sfrenata per i vicoli."

Nel mentre che correvamo gridavamo parole senza senso
parole senza significato che ci facevano ridere
a quel suono argentino della nostra risata 
le persone si affacciavano al balcone
e c'era chi rideva e chi ci diceva più di una parolaccia. 

E quant'era bello scansare il pericolo di prendersi un colpo di bastone
da un vecchietto seduto di giornata sullo scalino davanti la sua porta. 
Lui con gli occhi socchiusi sembrava sempre addormentato 
ma come ci sentiva arrivare gridando in quel modo
cominciava a santiare: 
"Guarda, guarda, stanno arrivando gli sfrenati...
andatevene a casa... via di qua!"
Nel mentre faceva ruotare in aria il suo bastone
ma senza mai colpirci.

Secondo me questo della domenica era anche per il vecchietto
una specie di appuntamento con noi ragazzini
credo prorio che lui ci aspettava
perciò la sua reazione era solo una pantomima per darsi un contegno
ma sotto sotto era contento.

Ora, che anch'io non sono più ragazzina,
questo ricordo di libertà  
davanti agli occhi mi conforta.

Rosalba Termini, gennaio 2016 

  


 
 

domenica 17 gennaio 2016

Incontro di Pace

L'UFFICIO DIOCESANO PER L'ECUMENISMO E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO 
ORGANIZZA OGGI

LA 49a GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

"VINCI L'INDIFFERENZA E CONQUISTA LA PACE"

e l'incontro di preghiera

"CHIAMATI PER ANNUNZIARE A TUTTI LE OPERE MERAVIGLIOSE DI DIO"
(I Pietro 2, 9)

CATTOLICI, ORTODOSSI ed EVANGELICI
insieme

DOMENICA 17 GENNAIO 2016 ALLE ORE 17:30 CHIESA DI FUNDRO'

PROGRAMMA

RADUNO in Piazza Garibaldi (davanti al Circolo di Cultura)
CORTEO e INGRESSO nella chiesa di Fundrò, monumento UNESCO per la Pace
VEGLIA di Preghiera Ecumenica per l'Unità dei Cristiani

PARTECIPANO le Parrocchie e gli scouts di Sant'Antonio, S. Pietro e Sacro Cuore, i gruppi giovanili di S. Giovanni Bosco, Giovani Orizzonti, Associazioni e Club Services, Cavalieri del Santo Sepolcro, Quartieri Storici, Legambiente, Uciim e cittadini.

VEGLIE DI PREGHIERA presiedute dal Vescovo, S. E. Mons. Rosario Gisana
- a Piazza Armerina c/o Parrocchia Fundrò il 17 gennaio ore 17:30
- a Niscemi c/o Parrocchia Sacro Cuore il 20 gennaio ore 19:00
- a Gela c/o Parrocchia Regina Pacis 21 gennaio ore 19:00
- a Enna Bassa c/o Chiesa Evangelica Apostolica 26 gennaio ore 19:15.

Don Antonino Scarcione

venerdì 15 gennaio 2016

Ricordi in via Castellina


Tra le viuzze del centro storico della Castellina una volta si provava anche l'ebbrezza della libertà.

'N r'gòrd d' l'bertà

Ggh'è na stràta a Ciazza ch' s' ciama via Cast'ddina
jèdda è tutta p'nningh e all'éb'ca era faita d' balatèddi
pròpriu p' fr'nè i zzoculi di scècchi ch' 'na vota
cianav'nu e sc'niv'nu d' döch.

Ora, s'era veru ch' i balatèddi fr'nav'nu
'ncorch bona sc'dd'càda all'armài,
era mpùru veru ch' jèddi fasgèv'nu 'mping'r u tacch
di scarpini di beddi s'gnùri ch' a drumènia
do P'rtusg cianav'nu pa via Cast'ddina
p'annès a fè na passiada o Generau Cascìngh.

Putè crèd quant'era d'f'curtos cianè e scenn'r p' cössa stràta
tantu ch' i fömni,
ggh' l'oia ancora davanzi a l'òggi,
camm'nav'nu a doi o tre n'semula
t'nen's a braccett' p' nan sc'dd'chè
ma cu pricu ch' s' sc'dd'cava una
s' purtava darrera mpùr l'àutri.

Ma p' mì nan era accuscì.
Jè ancora carusetta e senza tacchi
stà stràta ma fasgeva tutta curren a scattacör e mai sòla.
Era sempr 'ncumpagnhia d' ngruppètt d' föm'neddi
me cumpagnètt d' l'Aziongh Cattol'ca
accuscì s' ciamava tànn a frequènza na parrocchia
ch' p' mì era cödda d' Santa Ven'ra.

'Ncòch vòta döi o tré carusètti masculiddi s' iungiv'nu
o nostr' gruppètt d' föm'neddi
ma jèddi u savev'nu d' pr'ncìpiu ch'era "partita persa"
currev'nu scì, ma sèmpr darrèra
senza mai putér'n iung'rn.

Pròpriu beddi ddi cörsi pì stratuzzi
ch' partenn' da via Cast'ddina
s' 'nf'lav'nu dìntra l'autra com' n' dedalu
ma appena n' parèva d'ess'n p'rdui
d' n'cop n' r'truvàv'mu o pönt d' partènza...
e u giö r'p'gghiàva.

N' trasìv'mu n' na vanèdda e scattiav'mu n' nàutra
sèmpr d' cörsa
com' s'av'm anné a p'gghiè u pàliu
inveci era p' r'tàggh'ern n'öretta d' l'bertà.

Dda cörsa d'fàtt n' fasgeva sent ciù ranni e ciù L'BERI
p'ccà ch' tànn non savèv'mu
öra dòp tant'anni u pozz dì
ddu s'nt'mènt d' l'bertà ch' pruvov'ma
era pa d'subb'diènza ch' fasgev'mu.

Eh già cöss fàtt d'annè f'rriè pi stratuzzi da Cast'ddina
era na còsa proibìta speci d' me ma'
ch' m'assa volùt sempr sötta a so gonna.
Ma propri p' cöss jè nan scutàva e a drumènia
dop u catechism' cu sol't gruppètt d' caruseddi
partiva pa sol'ta sped'ziöngh
"a cörsa pazza e allegracör pi vanèddi."

No méntr ch' currev'mu griav'mu a vösg d' tèsta
paroddi senza s'gn'f'cà ch' n fasgèv'nu rid
a ddu songh arg'ntìngh da nostra r'sàda
i cr'stiài s' facciav'nu o balcön
e ggh'era cu r'dìva e cu n' d'sgeva ciù d' na paròddazza.

E quant'era bèu scanzè u' prìcu d' p'gghiers 'n corp d' bastöngh
d' n' v'gghiètt s'tà d' giurnàda 'ntô scalöngh davànzi a so porta.
Jéu cu l'òggi a pampanèdda pariva sempr durmù
ma com n' s'ntiva r'vè griannu a ddà manèra 
cum'nzava a santiè:
"Talè, talè, s' stana r'cugghieènn i scavaddài...
annév'n 'n casa... via d' zzà!"
 No mentr fasgèva rotar n l'aria u so bastöngh
ma senza mai 'ngagghiarn'.

Secönn mi cöss da drumènia era mpur pu v'gghiètt
'na speci d'appuntàment' cu niàutri caruseddi
crèd pròpiu ch' ieu n' sp'ttava
perciò a so reaziöngh era sö 'na pantumìma p' ders 'n vànt
ma sötta sötta era cuntènt.

Ora, ch' mpùru jé nan sign ciù carusetta,
cöst r'gord d' l'bertà 
davànzi a l'oggi m' cunòrta.

Rosalba Termini, gennaio 2016

Gaetano Masuzzo/cronarmerina









domenica 10 gennaio 2016

1785 Turista Abate de Saint-Non/Lago di Proserpina


Vista del Lago di Proserpina, Tavola XLIX
Vista del Lago di Proserpina vicino ad Enna
(Voyage Pittoresque... , Vol. IV, Parte I, Cap. V, Tav. XLIX, p. 125) 
(traduzione a cura di Maria Rizzo e Salvo Sinagra)

Partimmo dunque pieni da ardore e nella speranza di (poter) disegnare (vedendo) dal vivo un luogo così spesso immaginato con la fantasia, ma non restammo affatto soddisfatti. Innanzitutto scendemmo inutilmente per tre miglia, senza ritrovare né questi boschetti, né queste sorgenti affascinanti che dovevamo incontrare ogni momento, senza vedere né i fiori, né le viole di cui la terra doveva essere cosparsa sotto i nostri passi e che dovevano profumare l'aria. Nel nostro umore, eravamo tentati tutti di guardare Diodoro come un vecchio sognatore, della parola del quale ci si possa ben poco fidare. Una grande e fastidiosa Vallata fu la sola cosa che sostituì unicamente tutte queste belle chimere. Entrammo poi in un'altra Vallata più piccola, dove invece di qualche sorgente trovammo alcuni maleodoranti ruscelli melmosi e persino il Lago, tanto desiderato, chiamato ancora, è vero, il Lago di Proserpina, ma che non è più di una grande Palude di quattro miglia di circonferenza, senza boschetti, senza prati, senza ombra e senza rive fiorite, senza spiaggia degna di ricevere il piede di una Ninfa, ma dei bordi tristi e aridi, dei giunchi paludosi, con dei rospi enormi, un'aria appestata che ne rende gli approcci pericolosi e il riposo che vi si potrebbe prendere, mortale. La scura Grotta di Plutone si trovò sostituita da brutti buchi quadrati da otto a dieci piedi di profondità; cavità prodotte dalla cavatura delle pietre con le quali sono state costruite alcune bicocche dei dintorni. Eravamo desolati: la fantasia dei Poeti aveva costruito ogni cosa, ma la natura non si prestava a niente. Infine, a forza di girare e guardare il Lago da ogni parte, trovammo tuttavia un aspetto, un punto di vista che poteva fornire un quadro abbastanza piacevole. E' quello sotto che è rappresentato qui (n.d.r.: è la vista riprodotta in questo post). Alcuni Abitanti di Castrogiovanni che si erano raccolti sulle rive del Lago per immergere la loro canapa, vennero, molto a proposito, ad arricchire e ornare il primo piano del quadro. Alcuni arbusti, un poco di fiori di prato, coloravano fortunatamente in questa parte le rive più vicine del Lago e infine l'Etna, sebbene a quaratotto miglia di distanza, venne in nostro soccorso per fornire al Pittore uno sfondo paesaggistico splendido e ci fece dimenticare per un momento (il cattivo) umore da cui non ci eravamo potuti difendere, vedendo questo Paese, tanto vantato (dai poeti classici) ed oggi in un abbandono così deplorevole.
(seguirà il post relativo alla veduta della Città di Piazza)   

Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

mercoledì 6 gennaio 2016

1785 Turista Abate de Saint-Non/Enna 2

Voyage Pittoresque... , Vol. IV, Parte I, Cap. V, Tav. XLVIII, Veduta del Tempio di Cerere a Castrogiovanni
 Visita alla Città di Enna, sostituita oggi da Castro Giovanni
(Voyage Pittoresque... , Vol. IV, Parte I, Cap. V, Tav. XLVIII, p. 123)
- traduzione a cura di Maria Rizzo e Salvo Sinagra -
- segnalazione di Maurizio Prestifilippo - 

2

La sua ubicazione, in un luogo molto elevato e da cui si scorge una grande parte della Sicilia, è senza dubbio ciò che, nei tempi di guerra, ha potuto convincere i Normanni o i Saraceni a costruirlo. Circondato da ogni parte da Montagne, senza alberi né verde, mai luogo più povero e più miserabile si era presentato ai nostri occhi; tuttavia dall'alto delle muraglie di questa specie di Fortezza, che non aveva niente di notevole, né per la costruzione, né per la forma, vedemmo a poca distanza, come una specie di poggio pittorescamente scosceso e una parte considerevole della rupe, assolutamente isolata da tutte le parti, la cui vista sembrava essere l'unica cosa un poco interessante da osservare. Le antiche tradizioni del Paese pretendono, infatti, che, sulla cima di questa Montagna isolata, esisteva una volta il celebre tempio di Cerere; se ciò sia potuto mai esser (vero), bisogna convenire come tutto questo paese abbia cambiato prodigiosamente forma e natura e che anche il clima e la temperatura dovessero essere molto differenti, perché durante l'inverno, la cima della Montagna è coperta quasi sempre di neve e il freddo è molto intenso¹. In quanto alla Rocca, sulla sommità della quale era posto il tempio di Cerere, c'è da pensare che una grande parte ne sarà crollata per qualche vecchia rivoluzione o qualche terremoto e che oggi non resta più che il centro e il nocciolo della Montagna; ma siccome i nostri Disegnatori² volevano a tutti i costi vedere ancora in questo luogo qualche resto di un Tempio di Cerere, sembrò loro che la massa solo della Rocca, nel suo degrado, potesse ancora darne l'idea: la forma di questa Roccia pressapoco priramidale, alcuni gradini grossolanamente intagliati per salire sulla superficie e i resti di una Croce, caduti in rovina, il cui piedistallo somigliava discretamente a un altare antico, bastarono per richiamare alla loro immaginazione l'altare di Cerere e rendere piacevole ai loro occhi la vista di uno dei Siti più selvaggi che si possa incotrare. Incaricammo il nostro Paesaggista di prendere con la più scrupolosa esattezza, una Vista alla quale solo il prestigio dell'arte poteva apportare qualche valore e ci consolammo pensando che era molto difficile che un Monumento, un Edificio qualsiasi, abbia potuto avere tanta solidità da resistere sin dal tempo trascorso della ragazza di Saturno, fino a noi; ma almeno, ci dicevamo, troveremo il Lago di Proserpina, la Grotta di Plutone, i Prati deliziosi di cui gli Antichi ci hanno lasciato così belle descrizioni; i Monumenti cadono in rovina, ma la natura è più costante, più duratura nelle sue forme e nelle sue manifestazioni. Tutti gli Esperti di antichità, i Ciceroni del paese ci garantivano sia il Lago che la Grotta, non era possibile dubitarne.
(seguiranno i post sulla visita del Lago di Proserpina e dei dintorni di Piazza)

¹Nella traduzione il traduttore apre una parentesi per farci fa notare che questa è un'indicazione precisa sul clima dell'epoca. 
²I loro nomi poco leggibili si trovano alla base e ai lati della tavola, appena sotto il disegno. Quello di sx è Décoré par Chatelet = "Disegnato da Chatelet", uno dei 27 disegnatori; quello a dx Gravée par Varin = "Inciso da Varin", uno dei 66 incisori dell'Opera. Inoltre in basso a sx è riportato il numero arabo della tavola n. 48. Sicile e in basso a dx la sigla A.P.D.R. ovvero "Avec Privilége Du Roi" (col privilegio del Re).

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

lunedì 4 gennaio 2016

1785 Turista Abate de Saint-Non/Enna 1

Prima veduta dei Dintorni e dell'arrivo di Castrogiovanni, tavola LI

Visita del territorio e della città dove si pretende che sia stato il luogo dell'antica e celebre città di Enna, sostituita oggi da Castro Giovanni
(Voyage Pittoresque...,¹  Volume IV, Parte I, Capitolo V, Tavola XLVIII, p. 120)
 - traduzione a cura di Maria Rizzo e Salvo Sinagra -
- segnalazione di Maurizio Prestifilippo -

1

Dopo avere percorso da Léon Forte¹ cinque o sei miglia di strada, in un territorio abbastanza collegato, salimmo per altre sei miglia per giungere all'altezza di Castogiovanni², questa famosa Enna, una delle più vecchie Città conosciute della Sicilia. Questo sarebbe, seguendo l'opinione di tutta l'antichità, il soggiorno di Cerere e la capitale del Regno di questa Dea, figlia di Saturno e di Cibele. Si sa che gli Antichi l'avevano messa tra gli Immortali, per avere insegnato agli uomini l'arte dell'aratura e se si crede pertanto a questa leggenda questo sarebbe stato uno dei Paesi dove si cominciò a farne uso. L'origine di questa Città si perde nella notte dei tempi e dei secoli, anche dei secoli eroici. Fu celebrata come il luogo dove Plutone avrebbe rapito Proserpina, in mezzo alle Ninfe, nelle campagne così deliziose, che diventata Dea, vi sarebbe venuta ad abitarle con Diana e Minerva. Questo era dunque il paese che le descrizioni dei poeti avevano reso magico con la fantasia. Purtroppo noi ne dovevamo pagare le spese, perché niente che riguardasse la natura rispose a queste ridenti e magnifiche descrizioni. La tristezza del paesaggio che avevamo sotto gli occhi ci fece credere dapprima che la parte deliziosa, tanto vantata dell'antica Enna, dovesse essere dall'altra parte della Montagna e che non potevamo vederla da dove eravamo, poiché niente lì vi rassomigliava. La Città stessa di Castrogiovanni, tanto pittoresca per il suo sito e la sua ubicazione, come ci sembrò al primo aspetto, offrì (invece) il quadro della miseria più deplorevole. Ubicata su una piattaforma scoscesa, tutte le case che si incontrano per arrivarvi, sono sparse qua e là e scavate nelle grotte, su dei costoni tagliati a picco. Queste brutte cavità, da dove sono cavati i materiali per costruire, sostituiscono le case, quando il tempo le ha distrutte, senza che ci si preoccupi di ricostruirne di nuove. Nell'interno della Città, strade tristi e spopolate non offrono maggiore interesse e ciò che vi si vede, di più appariscente, si limita alle chiese o ai conventi, con alcune grandi case deserte e abbandonate. Ecco come trovammo ridotta la mirabile Enna, che tutti gli Storici hanno amato dipingere e descriverci come il centro delle ricchezze e dell'abbondanza, il santuario della religione e il luogo dove fu istituito il culto più osservato dagli Antichi. Uno dei più importanti abitanti della Città, al quale eravamo stati molto raccomandati, cercò di consolarci, assicurandoci che ci avrebbe fatto vedere, sugli stessi luoghi, le antichità più curiose; ci parlò del Tempio di Cerere, del suo Palazzo, della Grotta di Plutone; ardevamo per la voglia di vedere i resti di questi monumenti rispettabili, ma quale fu il nostro stupore, quando fummo condotti nella parte più alta della montagna, (ove si trova) ciò che prende il nome di Castello di Castrogiovanni, nel non trovare di interessante che grandi muri merlati, alte torri quadrate, porte ogivali, in una parola, un vero Castello gotico del tempo barbaro. (continua) 

¹Il titolo completo dell'Opera è Voyage Pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicile.
²Nell'opera originale: Leon Forte; Castro Giovani; 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina  

sabato 2 gennaio 2016

1785 Turista Abate de Saint-Non/L'opera

Abate de Saint-Non, particolare del ritratto, autore H. Fragonard, Louvre
Jean-Claude Richard de Saint-Non (Parigi, 1727-1791), meglio conosciuto come Abbé de Saint-Non (Abate de Saint-Non), fu destinato dalla famiglia alla vita religiosa e per questa ragione nel 1749 potè anche entrare come consigliere ecclesiastico nel Parlamento di Parigi. Superata la trentina, si dimise dal proprio seggio per dedicarsi a una vita da artista, sempre in viaggio alla scoperta degli angoli più pittoreschi d'Europa. Dal 1760 Saint-Non con diversi artisti visitò tutta l'Italia, raccogliendo appunti scritti e grafici accumulando un vastissimo patrimonio di fogli di pittori e disegnatori (27), architetti e incisori (66). Con tutti questo materiale in mano, iniziò a lavorare al grande progetto che rimane uno dei documenti più importanti dell'epoca. Nel 1781 esce il primo dei 4 volumi del Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicile (Viaggio pittoresco¹ o descrizione dei Regni di Napoli e di Sicilia). L'opera che in realtà è suddivisa in 5 libri per un totale di 5 parti (nel 1° libro c'è la 1^ parte; nel 2° libro, considerato come 2° volume, la 2^ parte, pubblicati nel 1781; il 3° libro è considerato il 3° volume pubblicato nel 1783; nel 4° libro si trova la 1^ parte del 4° volume e nel 5° libro la 2^ parte del 4° volume pubblicati tra il 1785 e 1786) raccoglie appunti di diario di viaggio corredati da 11 carte geografiche a doppia pagina, 3 piante e 277 tavole con 390 incisioni su rame². Le stampe rappresentano le vedute delle città, i paesaggi, le distese di rovine, le schede dei dipinti delle chiese e dei reperti archeologici, da cui emerge un'immagine dell'Italia del Sud che è, al tempo stesso, entusiasmante e malinconica. Tutta l'opera fu stampata a Parigi dalla Regia Stamperia Clousier e nelle 2 parti del 4° volume ci descrive la Sicilia partendo da Messina, poi Taormina, i dintorni dell'Etna e Catania, per poi inoltrarsi verso l'interno, parlando di Centorbi, Agira, Leonforte, Castrogiovanni, Sciacca, Agrigento e, infine, dell'isola di Malta nella 1^ parte; Siracusa, Val di Noto, Piazza, Pietraperzia, isole di Lipari, Vulcano e Stromboli nella  2^ parte.  
Nei prossimi post ci saranno le descrizioni di Enna e Piazza Armerina con la traduzione dal Francese, curata da Maria Rizzo e Salvo Sinagra, gentilmente inviatami da Maurizio Prestifilippo, dalle quali scaturisce un confronto impietoso tra le due Villes nel XVIII secolo.   

¹L'espressione può essere fatta risalire al pittore Galloche in una conferenza del 1752 pronunciata all'Accadémie de peinture di Parigi, dove egli aveva invitato gli allievi ad intraprendere un "voyage pittoresque", ossia un viaggio "da pittore" nelle principali città artistiche italiane, quali Roma, Bologna e Venezia. [MUNSTERS 1991, p. 70] Per poi allargarsi "a comprendere l'insieme di immagini raccolte dall'artista nel corso di un viaggio..." unendo " nel lussuoso formato in folio, un vasto corredo di tavole incise messe a punto da uno o più artisti." [Francesca LUI, Rivista La Questione Romantica, Ed. Liguori, NA, 2003-2004, n. 15-16, p. 32]
²Le incisioni su rame, chiamate anche all'acquaforte, è una tecnica di incisione su metallo in cui la lastra, in questo caso di rame, ricoperta di un sottile strato di vernice e incisa da una punta d'acciaio, viene sottoposta all'azione dell'acido nitrico che segna il metallo solo sulle parti scalfite.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina