Istituto Industriale "Calogero Cascino" anni '50 |
Ex Istituto Industriale oggi sede Uffici Comunali |
L'Istituto Industriale, nato come Regia Scuola Tecnica nel 1864, la prima sede l'ebbe nel Palazzo Vescovile al Monte, sotto la direzione del sacerdote Giuseppe Vaccaro. Mezzo secolo dopo, nel 1908, gli viene annessa la Regia Scuola di Avviamento Professionale, a Tipo Industriale e Agrario con Arti e Mestieri, che aveva sede nell'adiacente edificio, ex chiesa di San Giovanni Di Dio e poi Ospedale. Nel 1927 la scuola è intitolata al deputato al parlamento e sottosegretario di Stato Calogero Cascino (1864-1932), fratello del Generale Antonino. Dopo questa breve storia leggetevi la seconda parte dedicata all'Istituto da un altro ex:
GLI
SPECIALISTI DELLA DIDATTICA
Un docente
che ricordo particolarmente era il Prof. XY. La sua
lezione iniziava quasi sempre con una grattatina alle parti intime, una bella
pulizia al naso davanti a tutti noi mentre controllava il registro, ed una
accurata pulizia alle orecchie fatta infilando la chiave della macchina prima
nel foro destro e poi in quello sinistro. Dopo aver controllato accuratamente,
con occhio critico, la quantità di cerume asportata, finalmente ci concedeva un
po’ del suo sapere. Se doveva spiegare, si portava verso la lavagna ed
incominciava a scrivere senza curarsi minimamente di quello che succedeva alle
sue spalle. Per lui le principali regole della didattica non esistevano; cosa
gliene importava se nessuno capiva, o se stavamo nascosti a leggere il
giornale? L’importante era andare avanti con il programma, tanto poi a giugno
era possibile, così come spesso avveniva, rimandare a settembre la maggior
parte degli allievi senza che il preside, i genitori o qualche ispettore
dicesse qualche cosa. Sovente si vantava del fatto che era in grado di dirci
già ad ottobre quanti ne avrebbe rimandati, e spesso manteneva le minacce
(allora era opinione comune che gli insegnanti fossero degli dei scesi sulla
terra per concederci un po’ del loro sapere).
Immaginiamo cosa succederebbe adesso, nella scuola
moderna, se un insegnante si permettesse di rimandare a settembre il 95% degli
alunni: apriti cielo! Lettere sui giornali, indagini da parte del Provveditore
ed anche del Ministero, ecc. Invece da noi tutto veniva accettato supinamente,
e così i genitori erano costretti poi a pagare le ripetizioni estive, fatte
magari dai colleghi degli insegnanti che ci avevano bocciati. Durante l’estate
vi era infatti un continuo scambio di alunni, tanto che molti insegnanti
guadagnavano (in nero) di più in quei due mesi che durante tutto l’anno. In
pratica l’insegnante che ci rimandava, consigliava egli stesso a chi rivolgersi
per le lezioni, così poi lui poteva ricevere in cambio gli altri alunni che il
suo collega aveva, molto diligentemente, provveduto a rimandare.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
A proposito di didattica all'avanguardia, anche al Magistrale non si scherzava. Un anno la professoressa di filosofia, visto che gli alunni stentavano a capire i vari filosofi trattati, invece di fermarsi per spiegarli meglio, in un mese ne aggiunse altri cinque: la didattica "du cu pigghia pigghia, cu nan pigghia, resta a pgghiar"!
RispondiEliminaUn professore che spesso ricordo non solo per la sua bravura è S.T. Le sue lezioni si svolgevano in un silenzio assoluto mentre lui passeggiava per l’aula avvolto in una nuvola ... di fumo. Allora gli insegnanti fumavano in classe e quindi non vi era niente di scandaloso, ma il modo in cui il prof. "masticava" il fumo era eccezionale.
EliminaFumava Nazionali Esportazione senza filtro e, se decideva di accendersi una sigaretta, era uno spasso vederlo. Per prima cosa prendeva il pacchetto dalla tasca e, se era chiuso, lo apriva con una tale delicatezza come se invece di contenere tabacco contenesse nitroglicerina. Staccava i lembi incollati pian piano, estraeva il suo nettare e poi ripiegava la carta con molta cura tanto che il pacchetto sembrava ancora vergine. Dopo, la sigaretta veniva girata e rigirata tra le dita in modo da ammorbidirla, osservava attentamente quale parte doveva essere messa tra le labbra e, quando la accendeva, dava una profonda tirata a tal punto che per cinque minuti, mentre spiegava, ancora continuava ad emettere fumo dalla bocca. Per i miei compagni, che già fumavano dall’età di 14 anni, questa era una vera tortura tanto che alcuni, di nascosto, cercavano di mettere il naso vicino al loro pacchetto in modo da sentirne il profumo e sognare di fumare.
Io, alla scuola media, ne avevo uno di francese, che fumava le Philip Morris senza filtro che erano lunghe almeno 15 cm., o mi sembravano tali.
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