L'11 gennaio u.s. avevo accennato alla poesia che Gioacchino Fonti aveva dedicato al centralinista di via Garibaldi "L'ddùzzu Di Giorgio", eccola:
L’ddùzzu
Quas
d’ front â scala a San Giuànn
com
s’ disg ê témpi dû ziu mòn’ch
ô cant dû t’rrànu tant rann,
s’ truvàva l’offici
telefòn’ch.
E
a traff’chiè cu i spini e a manuèdda
tu
ggh’ truvàvi a fè u central’nìsta
a
L’ddùzzu D’ Giòrg (cu dda bedda
vösgiàzza)
a temp pérs giornalista.
V’dènn’lu
s’ttà darrera ô banch
cu
a testa d’ n g’gànt d’ r’spètt
nan
l’avìsci mai ditt ch’ ô to sciànch
quànn
sc’nnéva nvèci era nanétt.
Pronto,
chi parla?: Caru e böngh L’ddùzzu…
mpùru
tu t’ giungësti ô S’gn’rùzzu!
Iacchino Fonti
Eccovi la
traduzione
LILLINO
(n.m.: diminutivo di
Lillo=Filippo)
Quando di fronte la
scala di San Giovanni
(nota mia:
Evangelista)
come si dice ai tempi
dello zio monaco
al cantone del terreno
tanto grande,
si trovava l’ufficio
telefonico.
E a trafficare con le
spine e la manovella
tu ci trovavi a fare
il centralinista
a Lillino Di Giorgio
(con quella bella
vociazza) a tempo
perso giornalista.
Vedendolo seduto
dietro al banco
con la testa di un
gigante di rispetto
non lo avresti mai
detto che al tuo fianco
quando scendeva
invece era nanetto.
Pronto, chi parla?:
Caro e buon Lillino…
pure tu ti sei unito
al Signore!
Vi ricordate che di fronte al centralino di via Garibaldi, dove adesso c'è l'outlet, c'era un grande ristorante dal nome altisonante: "Plaza", facevano le arancine più grandi del mondo! Slurp, Slurp!!
RispondiEliminaUn goloso di altri tempi
E' vero. Anch'io andavo a prendere le arancine in quel posto. Nessuno è mai stato capace di imitare i loro prodotti. Se non sbaglio, negli anni '60 dovevano costare circa 50 lire. Vi ricordate anche del signore che le vendeva al cinema Ariston, tenute in una pentola avvolta in una tovaglia bianca? Non mi ricordo come si chiamava, ma sicuramente il nostro Gaetano saprà dirci un sacco di cose su questo personaggio (se non sbaglio ne ha già parlato a proposito dell'Ariston).
EliminaAll'Ariston era il sig. Santangelo a vendere le arancine, però più piccole di quelle del Plaza. Il sig. Santangelo aveva la trattoria in via Umberto, dove adesso c'è un sindacato, e il figlio Gaetano era compagno mio di scuola. Non le vendeva solo al cinema ma anche durante la ricreazione alla scuola media Capuana. Ricordo un particolare: c'era un mio compagno che delle arancine mangiava solo la parte esterna abbrustolita, quella interna la gettava, e noi, che mangiavamo il panino, seguivamo tutta l'operazione con invidia e incredulità! Al Plaza andavano a mangiare anche i giocatori di calcio della Mosaici, e per noi erano come quelli di serie A.
RispondiEliminaCredo che chi vendeva le arancine al cinema Ariston si chiamasse Campo e li portava in una teglia di alluminio avvolta con un tovagliolo bianco e all'inizio usava, a mo di tovaglioli, dei quadrari di carta cosidetta "Camoscio" che aveva una parte semilucida e l'altra leggermente vellutata e con questa serviva le arancine ai clienti al costo di 20 lire (erano piccolini). teneva quelle speciali (più grosse al costo di 40 lire, ma erano riservate ai clienti speciali). Questi i miei ricordi di circa 64 anni fa. Questa tradizione fu continuata per breve tempo dal figlio del Sig. Campo, che poi fece il cameriere credo nel ristorante "Centrale" (Ora Da Totò) in via Mazzini
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