Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

martedì 30 luglio 2013

I Ciappèdde

Gli attrezzi necessari: i Ciappèdde
Per questo gioco, diciamo un po' grezzo e per questo molto semplice, occorrono delle pietre piatte non più grandi del palmo della mano, se no diventano poco maneggevoli, ma neanche più piccole, se no sono poco precise, specie nei lunghi lanci. Questo tipo di pietre noi le chiamiamo CIAPPÈDDE ovvero piccola CIAPPA = lastra di pietra, quindi piccola pietra piatta, anche se nel piazzese più recente la E finale ha ceduto il posto alla I (cappèddi). Per cultura generale vi ricordo che il piano Cattedrale* essendo originariamente mattonato da questo tipo di pietre locali, ma molto più grandi, veniva chiamato Piano Ciappèdde. Continuando a parlare del gioco è bene specificare che se non si vuole "rischiare" di vincere sempre, occorrono almeno due giocatori con una ciappèdda a testa. Le ciappèdde, facilmente reperibili in passato anche nel centro abitato, si lanciano a turno verso la ciappèlla più piccola chiamata MÈRCA o MÈRCU (bersaglio) da non confondere con MÈRCH che sarebbe u mèrcu sanguinante, cioè una ferita. Dopo aver lanciato u mèrcu, a una distanza che il lanciatore ritiene alla sua portata, uno degli altri inizia a lanciare cercando di avvicinarsi il più possibile al bersaglio. Alla fine dei lanci vince chi si è avvicinato maggiormente. Come si vede è molto semplice e per questo praticato soprattutto nelle scampagnate come Pasqualöngh e Trè d màiu. In questi casi è consigliabile praticarlo nelle ore antimeridiane, prima dei pasti, perchè di solito le bevande, specie quelle colorate di rosso, agiscono dannosamente sui giocatori che diventano molto "allegri" e quindi poco "responsabili" tirando di qua e di là a tantöngh.  In queste occasioni era tradizione che iniziassero a giocare i grandi: padri, zii e qualche volta nonni. Mai le donne, occupate com'erano a röst i cacòcciuli  e i custètti o cust'ceddi. Dopo le prime partite tra grìi, r'sàdi e sföttò i grandi lasciavano il campo, di solito 'n viulètt o viottulu, ai più giovani, così loro avrebbero potuto dedicarsi a faccende più "serie" parlando d polit'ca, affèri e, ancora più interessanti, d còrni d l'autri. Come posta era raro vedere del denaro, tutt'alpiù qualche cartella (figurina) sotto u mèrcu. Il gioco, che si avvicina a quello delle bocce, appunto perché praticato su campi irregolari non ha come attrezzi sfere o palline, che altrimenti risulterebbero instabili e poco precise, togliendo così u brìu alla base di ogni passatempo. Quindi il gioco è prettamente campestre ma fra "professionisti" risulta non tanto facile, perché occorre molta precisione, specie nei tiri lunghi e nei colpi cosidetti A 'MP'CCHÈR. Gaetano Masuzzo/cronarmerina

* Cattedrale: chiesa principale di una diocesi in cui ha sede la Cattedra Vescovile; Duomo: chiesa principale di una città; Basilica: chiesa di particolare importanza.

1 commento:

  1. A proposito della pericolosità di questo gioco, ricordo che un "Tre di Maggio" eravamo ospiti nella campagna di uno zio. Purtroppo i grandi decisero di giocare anche dopo mangiato, ed uno zio, che aveva esagerato nel bere, nel tirare la pietra, sbagliò completamente zona andando a colpire in pieno il mio malleolo. Pianti, grida, dolori e rimproveri allo zio che dopo si mise tranquillamente a dormire su una sedia come se niente fosse. Questo zio era anche famoso perchè non era mai puntuale. Se si pranzava alle 13, lui arrivava alle 14. Se ci si trovava alle 14, lui arrivava alle 15, con grandi rimproveri dai fratelli più grandi!!!!

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