L'intera operazione della lavatura del corpo era conosciuta con il termine di stufarsi, ed era molto apprezzata a tutti i livelli della società. Certo, le classi meno abbienti difficilmente poterono godere dei lussi descritti, soprattutto in relazione al fatto che solamente i ricchi potevano permettersi i fuochi di legna per scaldare l'acqua in inverno. Le abluzioni quotidiane avvenivano dunque con l'ausilio di un piccolo catino, e solo raramente si riempiva una grande botte a cui veniva tolta la parte superiore. Questo perché lo sforzo e la fatica di riempirla con l'acqua prelevata dal pozzo facevano sì che venisse utilizzata solamente in occasioni eccezionali. Da qui sono nate due leggende: il bagno annuale e buttare il bambino assieme all'acqua sporca. La prima riguarda l'unico bagno dell'anno che avveniva nel mese di maggio e che starebbe all'origine del bouquet di fiori matrimoniale. Essendo infatti giugno il mese preposto agli sposalizi, ed essendo maggio il periodo in cui avveniva l'unico bagno dell'anno, intercorreva un periodo abbastanza lungo da permettere agli sposi di presentarsi sull'altare emanando l'olezzo di un letamaio. Pertanto l'unico rimedio era un numero cospicuo di fiori che riuscisse quanto meno a mascherare gli odori nauseabondi. La seconda leggenda parla dello sforzo di riempire d'acqua la botte, così faticoso che l'acqua veniva utilizzata da tutta la famiglia. L'uomo di casa aveva il privilegio di un'acqua pulita, dopo venivano i figli maschi, poi le donne e i bambini e per ultimi i neonati. A questo punto l'acqua sarebbe stata così sporca che si poteva correre il rischio di perderci qualcuno dentro. O almeno così deve aver pensato Thomas Murner, un francescano tedesco del XVI secolo, che nella sua satira Narrenbeschwörung, "l'esorcismo dei pazzi", conia l'espressione "Non buttare il bambino assieme all'acqua sporca!". Invece, gli infanti godevano di una cura particolare e venivano lavati in un catino più piccolo colmo di acqua pulita; quanto al resto della famiglia, è difficile immaginare che si immergessero in una conca traboccante di acqua sudicia. (continua) [tratto da G. Staffa, 101 Storie sul Medioevo, N.C.ed.] Gaetano Masuzzo/cronarmerina
Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina
lunedì 25 novembre 2013
Igiene medievale e non / parte 2^
L'intera operazione della lavatura del corpo era conosciuta con il termine di stufarsi, ed era molto apprezzata a tutti i livelli della società. Certo, le classi meno abbienti difficilmente poterono godere dei lussi descritti, soprattutto in relazione al fatto che solamente i ricchi potevano permettersi i fuochi di legna per scaldare l'acqua in inverno. Le abluzioni quotidiane avvenivano dunque con l'ausilio di un piccolo catino, e solo raramente si riempiva una grande botte a cui veniva tolta la parte superiore. Questo perché lo sforzo e la fatica di riempirla con l'acqua prelevata dal pozzo facevano sì che venisse utilizzata solamente in occasioni eccezionali. Da qui sono nate due leggende: il bagno annuale e buttare il bambino assieme all'acqua sporca. La prima riguarda l'unico bagno dell'anno che avveniva nel mese di maggio e che starebbe all'origine del bouquet di fiori matrimoniale. Essendo infatti giugno il mese preposto agli sposalizi, ed essendo maggio il periodo in cui avveniva l'unico bagno dell'anno, intercorreva un periodo abbastanza lungo da permettere agli sposi di presentarsi sull'altare emanando l'olezzo di un letamaio. Pertanto l'unico rimedio era un numero cospicuo di fiori che riuscisse quanto meno a mascherare gli odori nauseabondi. La seconda leggenda parla dello sforzo di riempire d'acqua la botte, così faticoso che l'acqua veniva utilizzata da tutta la famiglia. L'uomo di casa aveva il privilegio di un'acqua pulita, dopo venivano i figli maschi, poi le donne e i bambini e per ultimi i neonati. A questo punto l'acqua sarebbe stata così sporca che si poteva correre il rischio di perderci qualcuno dentro. O almeno così deve aver pensato Thomas Murner, un francescano tedesco del XVI secolo, che nella sua satira Narrenbeschwörung, "l'esorcismo dei pazzi", conia l'espressione "Non buttare il bambino assieme all'acqua sporca!". Invece, gli infanti godevano di una cura particolare e venivano lavati in un catino più piccolo colmo di acqua pulita; quanto al resto della famiglia, è difficile immaginare che si immergessero in una conca traboccante di acqua sudicia. (continua) [tratto da G. Staffa, 101 Storie sul Medioevo, N.C.ed.] Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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