Il piazzese
Tant'era valente il piazzese che non mangiava per non portarsi il pane alla bocca, e piuttosto che adoperare le mani preferiva lasciarsi morire di fame.
Si buttò dunque sotto una ficaia carica di frutti maturi, e aspettava con la bocca aperta che gli cascassero dentro, senza mai avanzare il braccio o il collo per prendere quelli d'intorno.
Passa ora passa poi, uno finalmente gli cascò in bocca, ma per non muovere i denti e ingozzarselo neppure lo toccò, e rimase così, finché non morì come un piazzese che era.
Francesco Lanza (Valguarnera Caropepe 1897-1933), Mimi Siciliani, Milano 1928
Per completeezza...l'albero era suo...o approfittava dei frutti degli altri?
RispondiEliminaI frutti degli altri (du zìu strànu) sono i più dolci, mentre quelli dell'invidia sono i più amari e difficili da digerire!
EliminaParliamo di accidia o di acidita'?O il Piazzese soffre di tutte e due?!
RispondiEliminaI compaesani lo lasciarono secco li aspettando, che se lo mangiassero i cani lasciando il fico che nel frattempo era diventato passolone.
RispondiEliminaOra si poneva il problema: eh chi si doveva calare, per raccoglierlo?
e ancora u passulun è ddà!
RispondiEliminaè passà u ù g'lis e u r'cugghi! e allura u chiazzis ch era dda ch spttava gh diss chieè mu duni menzu?
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