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Lo stemma che, forse, indica la palma di Gerico |
Qualche anno fa, il mio amico Dario, mi invitò ad avvicinarmi ad una delle scalinate della nostra Chiesa Madre per indicarmi una pietra che per oltre 50 anni non avevo notato, pur essendoci passato accanto migliaia di volte e persino quando mi sono sposato. La pietra era quella nella foto in basso, incastonata nella facciata principale della nostra Cattedrale. La figura che vi è scolpita, rappresenta una palma e non si sa di preciso a chi o a che cosa si riferisca. Può darsi che sia un marchio che simboleggi l'architetto e tutte le maestranze (nella fase iniziale di origini iberiche) che operarono per innalzare i primi due piani del campanile dal 1517. Come può darsi che sia una pietra portata da un altro sito o, ancora più suggestivamente, che indichi la palma di Gerico* di qualche illustre pellegrino piazzese che volle ricordarla in eterno. Come si può benissimo vedere nella foto in alto, quella parte della Cattedrale fu realizzata successivamente per inglobare il campanile in pietra calcarea bianca, com'era tutta la chiesa madre preesistente già nel 1308 col nome di S. Maria Maggiore e poi abbattuta. Dal 1704, demolito il corpo delle navate preesistenti, il cantiere riprendeva per volontà del vescovo di Catania, il palermitano Andrea Riggio (1693-1717), con una festa solenne celebrata il 25 marzo 1705 in occasione dei lavori relativi ai nuovi muri perimetrali, che iniziarono dal lato del campanile. Contemporaneamente si definiva il prospetto (dal 1706)**. Pertanto, secondo me, è più probabile che questa pietra scolpita, forse per testimoniare un pellegrinaggio, appartenesse alla precedente fabbrica che fu demolita. Solo in un secondo tempo la scultura venne inserita nella facciata, proprio durante la ricostruzione diretta dal maestro messinese, capomastro dei lavori dal 1712 al 1719, Giuseppe La Rosa, che prevedeva l'inclusione dell'antico campanile. Però, rimane l'enigma: "Chi l'ha scolpito, perché si trova (va) nei pressi del campanile della Cattedrale?".
*In epoca medievale, il cammino del pellegrino veniva svolto principalmente nelle città di Roma, Santiago di Compostela e Gerusalemme. Una volta giunto all'agognata meta, il pellegrino, a testimonianza del viaggio compiuto, soleva adornare il proprio mantello con alcuni segni distintivi della sua presenza in quel luogo e in particolare: una quadrangula (placchetta in piombo quadrangolare forata agli angoli, per essere cucita sull'abito del pellegrino, recante le immagini dei SS. Pietro e Paolo o le chiavi incrociate per Roma); una conchiglia per S. Giacomo di Compostela; una palma di Gerico per Gerusalemme.
**D. Sutera, La chiesa madre di Piazza Armerina, Ed. Lussografica, CL, 2010, p. 114.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
Sei sempre presente mi fa piacere
RispondiEliminaMa chi beddu rùsicu di testa. Un veru e propriu rèbusu, ‘nframmiscatu a notizi e evidenzi e appalisati ntiressantissimi ca unu mancu si li fiurava ca putissinu fiurari. Sì, po’ ssiri marchiabbullu di l’architettu, o parma di Gericu, o petra di cusaccù ca si ntrummò pi riutilizzu. Epperò, pirchì nun pinzari ca fu lu scarpillinu ca, a mucciuni di monachi e parrini e santità, ci vosi fari un rialu a sciuri eternu a la scarpillina so’? Pirchì l’amurusanza li sapi fari, di sti genialità. Cià.
RispondiEliminachissà perché penso ai misteri della Cappella di Roslyn.
RispondiEliminaE ce lo addomandi a noi? 'Nga quelle, le Cappelle, sono cose intimistiche e ogneduno si chissà da solo. Da cui, sulità, santità. Capisti ora?
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