Il poeta Carmelo Scibona (1865-1939) nella sua falegnameria |
Carmelo Scibona, ormai anziano e molto indigente, si fece convincere dagli "amici Piazzesi residenti a Milano" soprattutto dal "Milanese di Piazza Armerina", l'avv. Nino (Antonino) Arena, a pubblicare le sue poesie perché "non sono un patrimonio suo personale, ma della sua amata Patria, Piazza, che ne reclama la divulgazione." L'Arena, ricevuto il manoscritto, non di pugno dello Scibona bensì di un amanuense, forse un apprendista della sua bottega cui l'autore affidò la copiatura, pubblica il primo quaderno, tralascia il secondo e aggiusta (elimina a suo piacimento e in altri casi rifà quel che non gli è chiaro) alcuni componimenti per preparare l'uscita a Milano, nel 1935, del libro U Cardubu (Il Calabrone, per il contenuto prevalentemente satirico e pungente) che lo Scibona avrebbe voluto intitolare I mì f'ssarì (Le mie fesserie) e che, sempre per l'Arena, avrebbe dovuto avere un duplice nobile scopo: onorare Piazza Armerina onorando "un suo diletto figlio", e "far vivere beatamente" all'autore ormai anziano "la sua ultima parte della giornata con i profitti della sua opera poetica". (continua)
(tratto da C. SCIBONA, a cura di S. C. TROVATO, I mì f'ssarì - U CARDUBU e tutti gli altri componimenti editi e inediti, Edizioni IL LUNARIO EN, Tip. Lussografica CL, 1997.)
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
Qui la storia diventa veramente interessante e c'è anche un po' di... puzza di bruciato. Sono curioso di sapere come andò a finire e se il povero Scibona "Visse beatamente la sua ultima parte della giornata". Attendiamo le puntate successive.
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