Corteo carnevalesco siciliano a metà Novecento |
Due anni fa, nel post "1877 Carnevale del poeta Roccella" del 7 febb. 2013, Vi avevo proposto la lettura della poesia in gallo-italico L'urt'm giörn d' Carr'vèr di un nostro concittadino, il notaio Remigio Roccella (1819-1916), dove ci spiegava come si vestivano i nostri antenati nel Carnevale di 138anni fa.
Ci si apprestava a trascorrere l'ultimo giorno della festa, chiamato dai Ciaccësi "sdìrri"*, senza tanti fronzoli e tante prestese, vestendosi alla buona per imitare paesani e artigiani indigenti che avrebbero provocato ilarità e divertimento, senza cattiveria, almeno per un giorno. Per farvela meglio apprezzare oggi Vi propongo la mia traduzione.
Ci si apprestava a trascorrere l'ultimo giorno della festa, chiamato dai Ciaccësi "sdìrri"*, senza tanti fronzoli e tante prestese, vestendosi alla buona per imitare paesani e artigiani indigenti che avrebbero provocato ilarità e divertimento, senza cattiveria, almeno per un giorno. Per farvela meglio apprezzare oggi Vi propongo la mia traduzione.
L'ULTIMO GIORNO DI CARNEVALE
... E pensarono di andarci mascherati
così vestendosi:
Biagio, Pulcinella,
uscendosi di fuori la camicetta,
ch'era sporca
lorda e sudicia
nell'orletto;
e non avendo niente per cappello,
si fece una berrettina
con due pezzi di vecchia garza mussolina.
E Mario si vestì di Santiliporti**
prendendo in mano
forme e gambali in una sporta.
Si mise una giubba
coi gomiti rattoppati
un paio di vecchie scarpe
di qua e di là sfondate;
e si mise un cappello senza fondo
davvero un pover'uomo sembrando.
Antonio, ubriaco sin sulle ciglia,
si fece calderaio.
Vito con sua moglie
mettendosi erba intrecciata per capelli,
si vestirono di ripara brocche;
e prendendo piatti rotti
pentole, boccali e orci,
barili, imbuti, catini
ornali e tegamini,
riempirono sino all'orlo quattro cestini.
Dopo, col fumo si tinsero le guance
strofinando le mani nel fondo d'una pentola
e saltando e ballando, a quattro colpi
si gettarono sulla via...
Remigio Roccella
*Forse da sdunare = impazzire o da sdiliriu = forte frenesia, esaltazione, entusiasmo, eccitazione.
**E' il cognome di un calzolaio indigente di cui aveva già fatto una poesia.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
**E' il cognome di un calzolaio indigente di cui aveva già fatto una poesia.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
Interessante usanza.Si potrebbe pensare che,con questa forma di sd'liriu,volessero non solo ""bruciare "" l'anno vecchio ma anche e soprattutto esorcizzare la povertà.
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