Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

giovedì 9 ottobre 2014

La Catradali

1605-1767, lavori minori sino al 1884¹
Oggi la prima poesia di tre che il poeta Girolamo Giusto dedica alla nostra maestosa Cattedrale

 

LA CATRADALI


Dunni tu trasi trasi colossali,
supra un puntu di Chiazza lu chiù âtu,
la gran viduta di la Catradali
tutta si para all'occhiu tò 'ncantatu.

Ma chiù 'mpunenti e chiù monumentali
la fa ddu campanili mintuatu;
e la cùpula poi tant'oru vali
quantu va Chiazza e tuttu lu sò statu.

Sta chiesa granniusa ed eleganti
inchi lu celu e pari 'na furtizza
chi pruteggi di Chiazza l'abitanti.

S'adura cca Maria di la Vittoria;
sta bedda Chiesa ccu la sò grannizza
nni canta li miraculi e la gloria.


Girolamo Giusto, 1937
(1868-1941)

¹ I lavori iniziati nel 1605 dall'architetto carrarese Giovanni Maffei, sul progetto redatto in collaborazione con altri due architetti, i messinesi Simone Gullì e Natale Masuccio, proseguiranno molto lentamente sino al 1627, quando verrà confermato, dopo la consultazione di un'altra decina di architetti da tutta Italia, l'architetto di Bracciano (Roma) Orazio Torriani, il quale si servirà dell'opera dei capomastri Cappelletti milanese, Costa messinese e Nicossia catanese. In seguito i lavori saranno diretti da altri architetti e diversi capomastri, sino al definitivo completamento delle scalinate ai tre ingressi nel 1881 e del piano antistante nel 1884.   

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

9 commenti:

  1. E chista è la mia.
    La cattidrali.
    E ti la trovi dda! La cattidrali!
    Sbùmmicu di giniusu e d’eleganza
    cu lu paisi a giru e pi fadali
    ca ci arrivurgi scattacori e spranza.

    Mentri, già dda prisenti pe’ natali,
    la turri campanaria supravanza
    e parra cu la cùpula a puntali
    ca la cummogghia e fa di capustanza.

    Petra cu l’arma misa di straventu
    a risciucari lacrimi di chiantu
    mentri addumanni ospiziu e sacramentu.

    Petra cu l’arma di dda mavarìa
    ca duna cori, amurusanza e vantu
    all’Onoranza Santa di Marìa.

    RispondiElimina
  2. mi piace molto la similitudine chiesa-fortezza e quindi luogo di accoglienza,rifugio e protezione dagli attacchi esterni che non sono e non erano solo le soldataglie.Credo che questa senzazione non sia stata provata solo dal poeta ma anche da tanti fedeli e non.Ben sottolineata è poi la maestosità sobria ed elegante dell'architettura.Questa mia chiave di lettura è forse dettata dalla nostalgia.Mi piacerebbe sapere che ne pensano i molti che ne possono godere la vista quotidianamente o quasi.

    RispondiElimina
  3. Concordo interamente. Peccato quelle solite macchine posteggiate davanti il palazzo del finanziatore della CATTEDRALE .

    RispondiElimina
  4. All'inizio degli anni 50 nel piano della Cattedrale, ovviamente in estat e, per una intera settimana, venivano rappresentate le più belle opere liriche . certo allora era più facile perche non c'era traffico veicolare tranne qualhe carretto e pochissime auto.Le strade di accesso al piano venivano chiuse da palizzate di tavole che ovviamente permettevano il passaggio a persone e cose, proprio sotto il palazzo Trigona veniva montato il palco scenico mentre le numerose sedie pieghevoli di legno arrivavano a ridosso del monumento a Marco Trigona. SOTTO LA balaustra della scalinata centrale, si vendevano gazzose, ditta Ficarra & Rabita. Mi sono sempre chiesto perché non riprendere la " Cosa ".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La ditta Ficarra & Rabita era quella con lo "spaccio" a Santa Rosalia.

      Elimina
    2. La bottega "Ficarra e Rabita", con lo spaccio a Santa Rosalia era un posto incantevole. Quando si entrava si veniva colpiti dal profumo intenso della mortadella di Bologna. Io ne andavo pazzo (a dir la verità, ancora oggi tra prosciutto di Parma e Mortadella preferisco la seconda). Buona serata.

      Elimina
  5. SPACCIO FICARRA RABITA : una vera istituzione per la città di allora,un supermercato antelitteram dove servivano clienti di ogni estrazione sociale ,da chi comprava solo 50 gr. di salsina a chi consumava salumi e marmellate; a proposito di salumi , un episodio per tutti, indicativo della realtà storico sociale dei primi anni '60 :una signora dallo spiccato accento settentrionale forse acquisito forzosamente in quanto "" oriunda"", scoprendo scandalizzata che non c'era il prosciutto crudo da lei richiesto ,esclamò ,con tono di disprezzo, ""ma cosa mangia questa brava gente! ""si sentì rispondere dal sig. Ciccino Ficarra con la flemma che lo contraddistingueva e con un sorrisetto ironico ""panuzzu e v'rduredda"" Alla signora non restò che alzare i tacchi senza alcun commento e avendo incassato il colpo.E' questa una scena che non ho mai dimenticato e che mi fece riflettere allora sulla presunta unità d'Italia.
    :

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un anziano mi ricordava che un giorno nello spaccio pieno di gente, più o meno, forse di più quelli "meno", agiati, assistette a questo dialogo: Il Ficarra: "Allura chi c'avit b'sognu?" Il benestante che era insieme alla moglie: "Ma non sacciu... questo ce l'ho, questo ce l'ho, questo pure, chissu l'avemu. Chi pigghiamu?" Tutto ciò mentre gli altri aspettando, già sapevano quello che "non" dovevano e potevano prendere!

      Elimina
  6. a HERALD:il profumo della mortadella dello spaccio non l'ho mai nè dimenticato nè più ritrovato,neppure al nord.Sarà perchè era prodotta dalla PREMIATA DITTA GIOVENTU' ?

    RispondiElimina