Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

martedì 29 aprile 2014

Giovanni Giudice, marmista / 2

La famiglia di Giovanni Giudice negli anni '30

  Il nipote Carmelo Nigrelli ricorda

2^ Parte


Durante la II Guerra Mondiale, nella bottega di mio nonno (n.d.r. Giovanni Giudice) in via Mazzini¹, dietro una enorme lastra di marmo, un piccolo gruppo di antifascisti ascoltava Radio Londra. Nella primavera 1943 su questa lastra erano incise le parole: "A Valfredo Carducci, fratello del poeta, maestro di Benito Mussolini, Piazza Armerina, morto in questa casa il 30 aprile 1919"² che era stata commissionata dal podestà e doveva essere collocata sulla facciata della casa in via Mazzini. Il gruppo di antifascisti che ascoltava Radio Londra era formato da cinque o sei persone: il ferroviere Di Marco, palermitano, insieme al fratello ingegnere e inventore di un modello di motosilurante MAS, licenziato perché antifascista; un altro ferroviere, tappezziere, catanese³; un ufficiale dell'esercito di stanza presso la polveriera, anch'egli palermitano. Mio zio Totuccio*, che aveva 14 anni, stava sulla porta come vedetta. Un altro gruppo, tutto di piazzesi, si riuniva presso la farmacia Salemi, ospite del dott. Gino. Nel giugno 1943, il più temuto caposquadra della milizia fascista, Totò Russo, andò da mio nonno e gli disse che negli uffici c'era un documento che lo riguardava e che, da lì a poco, lo avrebbero potuto mandare lontano dalla città. Lo aveva voluto avvertire, rispettandolo pur se di idee antifasciste, che stava per essere inviato al confino. Mio nonno rispose: "Qualunque cosa le abbiano detto di me, si ricordi che io, qui, faccio solo il marmista". Per fortuna, poche settimane dopo, arrivarono i canadesi e gli americani che il 10 luglio erano sbarcati a Gela.
Carmelo Nigrelli

¹ Il Giudice ebbe due botteghe in via Mazzini, la prima al n. 72, dove oggi c'è un macellaio, la seconda al n. 73, oggi negozio di Ceramiche Vitali. Mio padre Gino Masuzzo, falegname, lo conobbe perché acquistava le lastre di marmo da mettere sui comodini delle camere da letto e, quando aveva il negozio di ferramenta in via Garibaldi 11, il marmista, ormai pensionato, spesso lo andava a trovare per scambiare quattro chiacchiere tra una presa e l'altra di tabacco. Inoltre il Giudice fu il marmista che negli anni '30 trasferì l'altare dell'ex chiesa di Sant'Agata (al Monte) in Cattedrale, ricomponendolo nella navata di sinistra accanto all'entrata della sagrestia. 
² A tal proposito leggere tra le "RICERCHE STORICHE" di questo blog i 4 post sulla Famiglia Carducci a Piazza dal 31 ottobre 2013. 
³ Era addetto a rivestire di velluto i sedili delle carrozze di I Classe e mio padre Gino Masuzzo mi ha precisato che si chiamava Spinelli. 
* Era figlioccio di battesimo di mio nonno materno, poeta-falegname Gaetano Marino Albanese (1889-1958), per questo motivo col marmista Giudice si chiamavano compari. (tra i commenti arrivati c'è quello del 12/5/2014 del nipote Carmelo, dove ci precisa che non si trattava del battesimo ma della cresima).


Gaetano Masuzzo/cronarmerina

9 commenti:

  1. Bellissima ricostruzione. Sembra di essere stati tutti lì dietro ad ascoltare la radio. Molto interessante scoprire che a Piazza, alcuni coraggiosi, rischiando il carcere od altro, si appartavano per ascoltare Radio Londra. Come al solito Gaetano è riuscito ad "inserirsi" nel racconto descrivendo chi erano gli altri componenti del gruppo. Buon lavoro.

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  2. mi piace leggere queste storie inerenti al periodo fascista.Allora non si poteva manifestare la propria opinione i propri idea li contrari al fascismo.Ricordo ,brutti tempi si diffidava di tutti

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  3. Rosaria, mandami qualche aneddoto riguardante l'obbligo di spegnere le luci a una data ora o altro, fatto rispettare dai responsabili della zona o della strade.

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    1. in tempo di guerra ,la sera si dovevano tenere le luci abbassate e le tapparelle serrate non dovevano trasparire luci dall'esterno per non fare individuare al nemico i luoghi abitati
      .A-In casa si circolava con lumere ad olio o a petrolio
      .Ricordo che la sera appena faceva buio passavano carabinieri,guardie municipali e capi locali fascistie se vedevano trasparire un filo di luce erano contravenzioni.Una sera di gennaio del 1942,eravamo rientrati da un lutto in famiglia ;mio padre era sceso nella stalla per dare da mangiare al mulo



      Appena si faceva buio ,non doveva trasparire nemmeno il più piccolo spiraglio di luce.Dovevamo serrare tutte le tapparelle anche i gattaroli.In casa c'erano piccole lampadine accese ed anche lumere ad olio.La sera giravano per le strade carabinieri guardie municipali e capeti fascisti che prendevano multe se c'era infrazione.Una sera di gennaio i miei genitori erano rientrati a casa da un lutto in famiglia;in casa era rimasta una mia sorella per studiare,con una bajoure di cinque candele,e filtrava un filino di luce da fessurine del vecchio balcone ed abitando alle botteghelle è stato facile notarlo.Bussarono violentemente al portone,mio padre andò a vedere e c'erano i carabinieri che ci dovevano prendere la contravenzione.Mio padre raccontò che era appena rientrato dal lutto per la morte di una sorella di 33 anni e che era stata una ragazzetta a commettere quel l'infrazione.Mio padre era tutto vestito a lutto come si usava allora.I carabinieri ebbero pietà e sene andarono.Se fossero stati i fascisti non intransigevano.Se uscivamo di notte per delle riunioni in famiglia,Mio padre se era inverno,sotto il mantello portava una lanterna di quelle che si portavano al cimitero per vedere dove mettevamo i piedi.Tempi tristi.


      .

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    2. allora anche i cantonieri dell'anas prendevano le contravenzioni ai carrettieri.i carrettieri dovevano portare un lume a petrolio appeso sotto il carretto anche in pieno giorno-ci si doveva fare amici con dei regalini in natura :fave verdi piselli carciofi ceci verdi ecc...e come si facevano trovare in mezzo alla strada.Però non erano tutti uguali

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  4. foto di qualche lavoro fatto?

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    1. Per ora ti posso indicare solo quelli più importanti che lo vide tra i realizzatori: Monumento ai Caduti in Piazza Duilio, oggi Piazzale Litterio Villari, e il Monumento al Gen.le Antonino Cascino, come scrivo nel post precedente a questo.

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  5. Caro Tanino, grazie per le ulteriori precisazioni. Ti segnalo però un errore della memoria. Mio zio Totuccio non era figlioccio di battesimo di Gaetano Marino Albanese, ma figlioccio di Cresima. Mio zio era stato battezzato a Palermo. La storia della cresima è, più o meno questa. A Palermo non si usava fare la Cresima da piccoli, ma in occasione del matrimonio. Quando mio zio doveva fare la prima comunione il parroco disse a mio nonno che lo avrebbe anche cresimato e che occorreva scegliere il padrino. Mio nonno era buon amico di Marino, che stimava come artigiano, e gli portò suo figlio. Marino fu contentissimo della proposta e, su due piedi, prese dal taschino del panciotto 5 lire d'argento (che erano una bella somma) e le regalò come augurio a mio zio.

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    1. Allora ci si teneva tantissimo agli ottimi rapporti e al rispetto reciproco tra artigiani, e grazie per avermi riconfermato la generosità di mio nonno Tatano detto "Ciucciuledda".

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