IL BARBIERE DI SICILIA
"Con le ginocchia leggermente piegate, le braccia tese, l'unghia lunga e i gemelli d'oro, una tazza sulla testa del cliente mentre il fornellino a spirito scaldava l'acqua, il barbiere siciliano pettinava la vita e, senza saperlo, teneva a battesimo la questione meridionale che sulla lotta quotidiana tra pensieri e capelli è notoriamente fondata. Con la brillantina lucidava anagen, catagen e telogen, mentre la Storia e il Diritto venivano tranciati con i peli della barba perché tutto si poteva dire dal barbiere, tempio della insensatezza aggregativa. Poi con la lacca stabilizzava il mondo: capelli biforcuti e pensieri messi in piega contro Roma, contro il Piemonte, contro le banche, ma sempre con spensierata gratuità. E a volte il barbiere faceva partire la musica: improvvisazioni alla chitarra e al mandolino che allentavano il rancore sociale perché, prima che prendesse piede la democrazia - ma ha poi preso piede? -, il salone al Sud aveva la stessa funzione che al Nord avevano le bettole, quelle dove Renzo va a mettersi nei guai. Ed erano raschi di gola e vocalizzi da "amatore", battendo il tempo sul flacone del proraso e del prep in mezzo al chiasso ma anche alle pernacchie, spesso di stomaco, alle risate e agli scappellotti che i carusi prendevano dal mastru. L'ultimo dei carusi scopava ciocche e cicche ed era come spazzare via le ribellioni più strampalate perché niente aveva rigore dinanzi al rigore di una lama affilata. Al primo dei carusi l'onore di preparare la saponata, C'era, d'obbligo, la Domenica del Corriere e il sabato u mastru officiava il rito della schedina. Ed era un mondo tutto maschile, greve e caprone. Alzandosi dalla sedia girevole, il cliente si toccava con la mano a coppa. Il calendario profumato era "sexy" e non ancora "porno", e i baffi erano a camminata di furmicula, a cammino di formica, "perché i fimmini vogliono sentire la polpa, ma ci piace pure il solletico". Ogni tanto u mastru andava a radere un morto. "Baciamo le mani" scandiva chi entrava; "ragazzo spazzola!" era il saluto d'uscita, quando al caruso toccava, con lo scappellotto, anche la mancia." (tratto da Francesco Merlo, Il Barbiere di Sicilia, La Repubblica.it, 15/11/2009 - Foto di Lino Lateano; riproposto in facebook: Rivutura, 24/2/2014)
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
Il mio barbiere, da piccolo, era il sig. Orlando di Piazza Marconi. Il locale era di pochi metri quadri con, nell'angolo, la "spiritera" per scaldare l'acqua. Quello era il barbiere del padre, ed i figli dovevano seguire la sue indicazioni. Ricordo ancora le scritte appese sui muri: "Vietato sputare per terra" e "La persona educata non bestemmia". Andavo sempre con molto imbarazzo da questo barbiere perché l'ambiente era molto "raffinato". I clienti parlavano sempre di donne o politica e spesso le loro battute con vari doppi sensi non riuscivo a comprenderli. A me non veniva mai rivolta la parola. Entravo, aspettavo il mio turno, ed uscivo come se fossi stato un fantasma. Mi facevano pena quei ragazzini mandati a lavorare e che spesso venivano presi a schiaffi perché non scaldavano bene l'acqua o non pulivano secondo gli ordini del barbiere-padrone. Qualche volta sono andato da barbieri "moderni". In questi locali l'arredamento è molto elegante, ma gli argomenti non sono molto cambiati. Si parla solo ed esclusivamente di calcio, gridando ed offendendo i vari amici tifosi delle squadre avversarie, oppure si decantano le colonne di marmo, i viali alberati, le sedie in stile e le grandi feste che i titolari fanno nelle loro ville sparse attorno la città.
RispondiEliminaricordo la barberia Trupiano che negli anni 60 fu ceduta al suo lavorante Totò Comendatore e la barberia dei sigg. Ficarra e Cordaro con le sedie in bambù e finocchino, qui si suonavano chitarra e mandolino.il Cordaro oggi avrà oltre 90anni e in estate se ne và ancora in giro con il suo motociclo < ciao>. praticamente la via Marconi era la via dei barbieri.
RispondiEliminaio i barbieri me li ricordo in tempi ancora più remoti,quando le donne passavano per via Marconi arrossivano poichè si sentivano scrutate dagli uomini che stavano seduti davanti alle barberie come se fossero i soci di club.Allora il barbiere si pagava a mese o ad annata.mio padre lopagava ad annata con grano.IL barbiere veniva pure in casa a tagliarci i capelli e anche a cavarci i denti guasti.Allora erano come i medici e ce ne erano pure bravi.Io solo a vederlo passare un barbiere avevo paura.Mi piaceva l'odore del viso di mio padre la domenica sbarbato.fino a quando stavamo a Piazza A. mio marito si serviva dal Poeta Pino Testa;le sue prime poesie giele diede lui su fogli scritti a macchina.Altri tempi
RispondiEliminaPer ricordare particolari essenziali e meno personali,bisognerebbe citare a bac'ledda d' ramu come insegna di riconoscimento di una barberia.
RispondiEliminaSenza dimenticare l'altra baccinella in metallo messa per terra per raccogliere i "raschi di gola" che veniva lavata a fine giornata dai "carusi" nella fontanella sutta "u chianu barùn" !
Eliminaquesta non l'avevo mai sentita.Mi piace e ci credo.Mia nonna ne aveva una piccola in porcellana,la chiamavamo A sputachera
EliminaHai perfettamente ragione. Qualche volta si vedevano anche nei film dei western all'italiana in prossimità dei banconi dei saloon.
Eliminaquesta non la sapevo.Mia nonna ne aveva una piccola in porcellana che teneva per la notte sul comodino.
RispondiEliminale sputacchiere, le più comuni in acciaio smaltato bianche,erano presenti anche in alcuni bar e nei circoli come: la società operaia,di cultura,dei reduci di guerra,etc.etc.. poi, come barbiere cavadenti con barberia sempre in piazzetta Marconi (oggi è la sede di una nota agenzia immobiliare) e sicuramente l'ultimo della serie, fu un signore di cui mi sfugge il cognome ma comunemente inteso " gnimignami ". piccoletto, occhiali a fondo di bottiglia.......
RispondiEliminaCarmine, aspetta domani per sapere tutti i cognomi.
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