L'altro ieri, mercoledì 21, in piazza Duomo il Sindaco, con tutta l'amministrazione comunale, ha posto questa lapide a memoria dell'850° anniversario (1163-2013) della ricostruzione della nostra Città. Nella lapide è stato riportato un brano dello storico gesuita piazzese Giovanni Paolo Chiarandà (1613-1701) dove si ricorda come la nostra Città fosse stata ricostruita dell'istesse pietre e materiali della destrutta PLUTIA o PIAZZA VECCHIA. Con tutto il rispetto per lo storico Chiarandà, bisogna precisare che in nessun diploma o altro documento di quel periodo, ovvero del XII secolo, è stata riscontrata la parola PLUTIA, bensì il primo termine è stato quello riscontrato in un diploma del conte Enrico Aleramico del 1122, dove si legge di un testimone tal Gausonis de Placia, e in un altro diploma del conte Simone Aleramico di vent'anni dopo, dove si legge Platza, cioè la pronuncia in greco del nome latino Platia. Per concludere, sempre in quel periodo, in un altro diploma dello stesso conte Simone del 1148, si legge il nome di Placea e nell'opera "Il libro del re Ruggero" scritta in arabo intorno al 1150 dal geografo arabo Edrisi, si legge 'Iblatasah (per il Villari), 'Iblatsah (per il Nigrelli), che non sarebbero altro che i nomi in arabo del nome greco Platza e di quelli in latino Placia e Placea. In un'altra occasione riporterò quello che ha scritto, abbastanza chiaramente, a tal proposito lo storico Litterio Villari nella sua opera del 1981 Storia della Città di Piazza Armerina. Gaetano Masuzzo/cronarmerina
Nessun commento:
Posta un commento