La trippa
Il dì dell'Assunta il piazzese pensò di far baldoria, e con due tarì in mano se ne andò in piazza per la carne, che la vedeva ogni cent'anni. Ma gira e cammina, i soldi eran pochi e non gli bastavano neppure per uno stinco; e non sapeva che farsi. Finalmente, vista a un punto una gran trippa appesa all'uncino, tutta verde come la mantella di San Pietro e annuvolata dalle mosche, domandò che fosse; e sentito che non carne era ma trippa mangereccia, e i soldi gli bastavano, se ne fece tagliare una bella falda e mettere in carta.
- Ma - domandò prima d'andarsene, che non lo sapeva - o come si fa cotesta? Cruda o cotta? a brodo o s'ha da arrostire sulla graticola?
Il macellaio a spiegargli come, che doveva essere stracotta, e lui a imbrogliarcisi sempre, e si scordava ogni volta di raschiarla, sicché ci sentiva l'odore del ventre.
- E voi - disse infine spazientito - scrivetemelo su un bigliettino come si fa, ch'io non ci penso, e a casa me lo fo leggere da chi ci vede.
Il macellaio così fece; e lui se ne andò per la sua strada, la dritta avanti col bigliettino e la manca dietro con la trippa. Cammin facendo, il duomo gli veniva alla passata, e come c'era festa e dentro predicavano, ci entrò a darci un'occhiata. Ma aveva appena passata la porta ed era ancora con mezza berretta in testa, che il predicatore dal pulpito si volse a lui di botto come lo aspettasse là, e indicandolo a tutti con tanto di dito, cominciò a sbraitargli contro:
- O dove vai tu con cotesta carne? Tu, ti dico, che pensi sempre alla carne e vieni al cospetto del Signore con la carne. Buttala lungi da te, e pensa dunque alla tua anima.
Il piazzese si sentiva preso dai turchi, e gli occhi di tutti gli erano addosso, e il bisbiglio era grande; ma come quello non la smetteva con la carne di qua e la carne di là, finalmente non ne poté più e avanzando il braccio gliela mostrò che era.
- Che carne e carne - gridò - non vedete ch'è trippa, che me l'han data per tale?
Tutti lo zittirono, e non contenti di ciò, come voleva sbandierarla ch'era trippa e c'era anche scritto nel bigliettino, lo cacciarono fuori con scandalo e gli chiusero la porta in faccia. Tutto acceso in volto, lui gridava che intendessero la ragione; e come non volevano sentirlo, masticando minaccioso che non c'era più modo di vivere in pace, continuò pei fatti suoi come prima, la dritta avanti e la manca dietro. Andando così, un cane sentì l'odore della trippa e si mise a seguirlo passo passo, annusando: finché a un punto con una boccata non gliela strappò di mano, e via come una lepre. Il piazzese si volse a guardarlo senza scomporsi, con la manca dov'era; e levando in aria la dritta col bigliettino, gli gridò dietro:
- Ahbo', baggiano, corri quanto vuoi! La trippa l'hai tu, ma il bigliettino è qua, e non sai come farla.
Francesco Lanza (1897-1933), Mimi Siciliani, Milano, 1928
Gaetano Masuzzo/cronarmerina