Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

domenica 27 gennaio 2013

Ricordiamocene

"Chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo"

 

Foto e intervista/testimonianza dedicata ai negazionisti della shoah 

(che in lingua ebraica vuole dire "catastrofe" che portò allo sterminio di circa 6 milioni di ebrei, ovvero di due terzi degli ebrei d'Europa, oltre a tutti quelli ritenuti dalla dottrina nazista "inferiori", tra i quali il nostro concittadino Militello, oppositore politico.)

"Il 5 maggio del '45 è finita la nostra odissea. Durante la notte sono scappati. Difatti, la mattina quando ci siamo alzati abbiamo visto questi qui che entravano là dentro e quelli durante la notte... e le guardie che ci stavano attorno non c'erano più. Però non ci è venuta una cosa da dire "Siamo liberi". Ci guardavamo tutti in faccia... ormai eravamo tutti debilitati. Non c'era quella cosa da dire ci abbracciamo... niente, eravamo come sperduti... non credevamo, forse... chissà che cosa ci ha preso... ma eravamo dementi, non c'avevamo più niente. Perché loro le persone le facevano diventare che non dovevi essere più una persona. Loro ci chiamavano Schweine, oppure Scheisse, "Uomo di merda, Scheiss Mensch!". Oppure Schweine, dice, "Maiale!", ti dicevano... il maiale aveva il grasso, ma noi non l'avevamo (ride). Lui mi fece pesare, e io manco lo sapevo... pesavo 24 chili. Ero tutto pelle e ossa. Difatti, quando mi hanno messo la prima notte sul letto, con le lenzuola bianche, mi facevano male le spalle, le ossa da tutte le parti. Poi piano piano si è cominciato... difatti dopo un mese e mezzo che stavo lì ero già 32 chili, ero arrivato."

Questa è un brano della trascrizione dell'intervista fatta dal ricercatore Andrea Giuseppini nel 2009 al nostro concittadino Rosario Militello nato a Piazza Armerina il 14/04/1925, arrestato: inizio ottobre 1944 nelle Langhe, carcerato: presso carceri "Le Nuove" di Torino, data di internamento 02 Dicembre 1944, motivo: Schutz-IT (protezione), luogo d'internamento: KZ Bozen/Bolzano, 11 Gennaio 1945 KZ Mauthausen, 07 Febbraio 1945 KZ Mauthausen Gusen II, lavoro coatto: Steinwerke (scavi).

Ancora il Militello nel 1984 durante una riunione fra ex-deportati politici ed ex-deportati ebrei organizzata da una commissione internazionale: 
- Io mi sono alzato e ho domandato: "Ma allora, che dobbiamo fare noi per buttare fuori questo magone che ci portiamo dentro?" 
- Un professore della commissione, rivolgendosi a tutti, mi disse: "Dovete sapere che tutti gli intervistati, in Polonia, in Germania, in tutti gli altri paesi dove siamo stati, tutti hanno lo stesso vostro dilemma, il dilemma di non essere creduti, ma voi, proprio per questo, dovete parlare, dovete andare in giro a raccontare tutto quello che avete visto e vissuto."

Per concludere questa dovuta, anche se minima, rievocazione mi sembra più che opportuno riportare queste poche righe che ci ha fatto avere un nostro concittadino:

"Ciò che era accaduto non era qualcosa che si potesse scrivere o leggere. Quantomeno, così credevo allora ...". Così in una delle testimonianze contenute nel libro di un non specialista, Pier Vincenzo Mengaldo, di professione filologo, intitolato "La vendetta è il racconto. Testimonianze e riflessioni sulla Shoah", uscito qualche anno fa, e nato da un convegno sulla Resistenza. Testimonianze a distanza, anche a grande distanza temporale, tra vuoti e pieni, tra l'orrore e la deportazione e dei lagher nazisti e il racconto, la vendetta del racconto, come recita il titolo. La vicinanza del passato alla coscienza odierna si misura ed è misura del grado della nostra civiltà, senza strumentalizzazioni, dando voce alle fonti, soprattutto quelle testimoniali, perché la memoria è patrimonio di tutti, e perché la parole non divengano, come spesso accade, pietre.
                                                                                                          Salvatore Lo Re

1 commento:

  1. Rosario Militello non era ebreo bensì un prigioniero di guerra come risulta dall'elenco pubblicato dalla Regione Sicilia. Si dimentica sempre che nei campi di sterminio c'erano anche prigionieri di guerra, omosessuali, handicappati e zingari. Non solo ebrei. In Sicilia non c'è stata nessuna deportazione diretta di ebrei. Eppure, all'epoca, come oggi, c'erano tanti ebrei in città come Messina o Siracusa o in paesi come Salemi, Castel di Judica, Caltagirone. I pochi ebrei nati in Sicilia deportati abitavano tutti al nord per ragioni di lavoro e l'elenco si può vedere sul sito dell'assessorato regionale ai beni culturali http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/giornomemoria2012.html . Spesso si vedono monumenti in giro per la nostra isola con elenchi di prigionieri di guerra scambiati per ebrei. Io rispetto gli ebrei ma quando celebrano la Shoà dovrebbero ricordare che non sono state le uniche vittime della follia nazista

    RispondiElimina