Chiesa di S. Martino, ingresso laterale, XII sec. |
O Piazza Antica
II Parte
Culla ecclesiale dalle cento chiese
variegato e ventoso clima montano
patrimonio culturale dell'umanità contese
or inesorabile declino insorger nel falso e profano
Lesinato identità e discendenza
nel cosciente tramandato eco
fui pur fiero persister nella sostanza
al cospetto di celtiche genti
Oggi rimembrar vissuto trascorso
getto dipinto avvalorar memoria
fugger lontani reconditi pensieri
riverberar silente l'inequivoco desìo
Aver voluto ancor più assaporar l'essenza
per quanto vissuto nel tuo nobile borgo
aver voluto a iosa mostrar fiera appartenenza
per quanto apprezzato nel viver quotidiano
O Piazza antica riprendi lode del tuo vanto
senza arrogar discrimine o pretesto
nell'incupir dimesso tormento
invocar fatture e bellezze con amaro rimpianto
A te rifulger ogni remora di passata gioventù
a te porger tesoro di cultura che m'appartiene
a te mirar morale valore umano ormai disperso
a te l'augurale insorger nella folgore d'un tempo
Francesco Lavore
(33 poesie per un'illusione, Ed. Temperino Rosso, Brescia, 2015)
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
A me pare di cogliere nel testo , oltre al rimpianto amaro per le passate glorie ,una triste
RispondiEliminaincertezza tra il voler incitare la città a risorgere e la constatazione che il declino di essa
abbia ormai raggiunto dimensioni che rendono amaramente difficile una vera rinascita.
Io però voglio continuare a sperare che popolo ed autorità armerine escano da questo lungo sonno per salvare quel che resta di un capolavoro maltrattato e vilipeso per anni.
E' la mia stessa impressione e, secondo me, se ci sarà in futuro qualche miglioramento, non se ne percepiscono i sintomi, seppur lievi.
RispondiEliminaFrancamente molto addolorato dal contenuto della poesia e dei due commenti , ho cercato nei poeti dialettali del passato , parole che mi aiutassero a dipingere l'attuale desolante quadro. Due mi sono parse molto più incisive di tanti prosaici discorsi.
RispondiEliminaSono versi di G.Marino Albanese che riporto solo in parte.
La prima : al Marino che chiede notizie sulla sua """salute """ al morto poeta C. Scibona
quest'ultimo risponde ""Meggh' mort' zza so ch'o pais' d''nfami cumpagnà "".
La seconda,riferita all'Italia nell'immediato secondo dopoguerra ma riferibile alla città di oggi sostituendo la parola Italia con quella di PIAZZA o ,se volete, CIAZZA ,
L'Italia era n'ort era 'ngiardingh' / Pareva na r'gina tutta sciuri; / Ora p'rdì a guerra ,
va 'ncarringh' .........../ L'Italia ,i quattr' sa vonu strazzuliè .
P.S.Ho volutamente tralasciato il verso / E n' sbattoma a testa e muri muri / per la
constatazione amara che o non ci sono più le teste da sbattere o non ci sono più i muri dove sbatterle.
Allora, De Profundis!
RispondiEliminaOra che ci penso,nel DE PROFUNDIS cè un verso che dice SIGNORE ASCOLTA LA MIA PREGHIERA che non è necessariamente l'ultimo saluto.
RispondiEliminaI contenuti di queste invocazioni possono essere due e di genee diverso :
1 ) mett' na stizzia d' gnegn'ru ne testi di cummannanti.
2 )mucciuma u suu cu crivu .
Io nelle poesie di F.Lavore e di G.Marino Albanese ci leggo ,sia pure tra le righe , soltanto la prima