Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

giovedì 28 dicembre 2017

Visti dagli altri/8


Panorama di Piazza Armerina da Est, anni '50

Il prof. Lorenzo Zaccone originario di Modica (RG), dalla metà degli anni '40 e sino al 1958, insegnò Lettere nel nostro Liceo Classico e alla Scuola Media. Nel 1947 si sposò con una professoressa piazzese, Anna Maria Cerasuolo, per poi trasferirsi a Milano. La loro carriera scolastica la concludono a Siracusa per motivi di salute e, una volta in pensione, si ritirano a Vittoria (RG). Nel 1997 il professore, che si era dedicato alla realizzazione di opere di geografia, pubblica il libro di racconti TRA FILARI DI VITI, Serarcangeli Editore, ROMA 1997, di cui ne dona una copia alla nostra Biblioteca Comunale. Leggendo il libro, mi sono accorto che l'ultimo racconto, AFFRESCHI, è ambientato a Piazza, che lui ha conosciuto molto bene. Ecco come descrive a p. 72 Piazza Armerina: <<Piazza Armerina è una cittadina di provincia tra le più interessanti di Sicilia. Strade strette e a saliscendi, scalinate, miniature di marciapiedi, casette appollaiate l'una sull'altra nel dedalo delle viuzze medievali tra la Castellina e il Monte; chiese millenarie, misticamente povere e disadorne come San Martino, o fastose di affreschi come il Gran Priorato dei Cavalieri del santo Sepolcro, "emblema dello splendore e della decadenza di una delle più importanti prelature della Sicilia"¹; gioielli di arenaria giallo-rosata che si fondono con la possanza della torre del Carmine e la levità del campanile della Cattedrale; archetti gotico-catalani che si aprono a spaziosi corti interne, bifore di palazzetti tardo-rinascimentali, sfarzone balconate barocche. Questa è Piazza Armerina, ma ogni tanto è anche una misera finestrella aggettante, ornata da un vaso di terracotta - che in questa terra si chiama ancora grasta, come nel Trecento - magnificato da esuberanti cespi di basilico e legato agli affissi con fil di ferro, quasi fosse una preziosità da difendere, come nella lamentazione per la sventura di Lisabetta: "Qual esso fu lo mal cristiano che furò la grasta?..."². Anche la parlata, in questa città, ha una sua caratteristica particolare. Qui, di fatti, si parla un idioma gallo-italico, la cui tradizione risale agli albori del secondo millennio, quando gruppi di cittadini delle Marche monferrine vennero in Sicilia, al seguito degli Aleramici, e si stanziarono in alcune località isolane³ ove persiste sino ad oggi un linguaggio e soprattutto una cadenza che si distingue nettamente dal quella del robusto, corposo, sanguigno dialetto siciliano, per una sua vellutata morbidità, specie nella pronuncia delle consonanti doppie e delle sibilanti, dette quasi come una carezza>>.

¹ I. Nigrelli, Piazza Armerina medievale.
² (Decameron - g. IV, 5.)
³ Piazza Armerina, Aidone, Sperlinga, Nicosia, San Fratello...

cronarmerina.it

Nessun commento:

Posta un commento