Questa è la Fontana n. 41 che si trova presso la Miniera di Grottacalda. La particolarità che la contraddistingue è lo stemma sopra il foro da dove fuoriesce l'acqua. Lo stemma, scolpito sulla pietra è sormontato da una corona di nobile (forse di marchese). All'interno, nella parte superiore della fascia orizzontale presenta 3 stelle a 6 punte che ricordano quelle dello stemma della famiglia Pennisi di Acireale, nella parte inferiore della fascia 3 fiori e in basso un teschio con ossa incrociate.
I Pennisi baroni di Floristella erano proprietari delle miniere di Grottacalda e Floristella. Un importante rappresentante di questa famiglia fu Agostino Pennisi (Acireale 1832-1885) imprenditore e numismatico ricordato sia per la costruzione nel 1873 dello stabilimento dei bagni termali e del vicino Grand Hotel des Bains ad Acireale, sia per la vasta collezione ereditata e ampliata di monete greco-sicule e romane conservata al museo di Siracusa. Inoltre, Agostino Pennisi è ricordato per l'impulso imprenditoriale al processo di estrazione e lavorazione dello zolfo nelle sue miniere. In quella di Floristella, fece erigere un grande palazzo utilizzato come dimora di famiglia e luogo di ricerca e sperimentazione. Tutto ciò non potè alleviare i sacrifici di tanti nostri antenati per un pezzo di pane.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
Grottacalda, frazione dimenticata di Piazza.
RispondiEliminaMolto interessante leggere che questi Pennisi vivevano da gran signori, costruendo alberghi di lusso, collezionando monete, ecc. mentre i loro dipendenti, nudi come dei vermi, strisciavano nelle viscere della terra per estrarre prodotti che li avrebbero resi ancora più ricchi (i Pennisi, naturalmente). La cosa triste è che poi, tanti di questi uomini-topo, per sfuggire alla triste sorte, andarono a finire in Belgio, a scavare carbone, sempre per altri padroni!!!
RispondiEliminaTriste capitolo della storia di Piazza e della Sicilia più interna.La bellissima immagine della fontana contornata dal verde ma soprattutto dal giallo di quella sostanza , lo zolfo ,
RispondiEliminache mietè tante vittime innocenti di una misconosciuta tratta degli schiavi.
Guardando la fontana mi sono augurato che le sue acque abbiano almeno alleviato la sete , anche di libertà di quei bambini uccisi dalla smania di potere e di ricchezza di
una classe dirigente imbelle e complice che segnò per sempre le sorti di questa terra.
Pesante fardello per chi vi lavorava.
RispondiEliminaCari amici, le condizioni dei minatori, pur con le dovute differenze di ambiente, erano le stesse dei contadini, legati e schiavi della terra che non apparteneva loro. Fu, però, quella classe nobiliare a consentire la sopravvivenza dei nostri nonni e padri. Furono loro la nostra classe imprenditoriale. Alcuni furono illuminati, come i Florio, che nella tonnara di Favignana introdussero le 8 ore di lavoro e crearono gli ambienti per l'assistenza ai figli, cioè gli asili. Fu anche, grazie a loro ed alla loro ricchezza che quando fu realizzata l" unità d'Italia, la Sicilia apportò il maggiore, di gran lunga maggiore, patrimonio alla nuova nazione. Ma a noi siciliani, abituati ai baroni e non ai veri imprenditori non è mai venuto niente di buono. Ugo Adamo
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RispondiEliminapurtroppo la nostra aristocrazia ebbe così scarso
senso imprenditoriale che non riuscì a salvaguardare nemmeno i propri interessi economici avendo una visione miope e medievale del mondo ; e , come se non bastasse , finì per affidare il patrimonio dell'isola ai vari CALOGERO SEDARA (vedi
GATTOPARDO) che ,più che una mentalità imprenditoriale,ne avevano una affaristica nel senso peggiore del termine .Questo comportò limitata lungimiranza anche da parte
di questa pallida borghesia all'interno della quale spiccano solo pochi esempi illuminati.