A sx Chiesa di San Rocco o Fundrò, a dx Municipio, Piazza Armerina
Stemma famiglia Calascibetta/Villanova, facciata Municipio, Piazza Armerina
(dalla Parte 1) Aumentando la popolazione, lo slargo Piano del Borgo è chiamato Foro Centrale, oppure Piazza Maggiore che, a metà del Cinquecento, assume pure la denominazione di Piazza Pescara, di cui ci parla il generale Litterio Villari nella sua opera¹: «La nostra città accolse il viceré don Francesco Ferdinando de Avalos d’Aquino, marchese di Pescara, nell’anno 1569, ottenendone l’approvazione del progetto di costruzione dell’attuale piazza Garibaldi, che allora era detta Foro Centrale ed in seguito Foro Pescara». Accanto alla citazione, però, non viene menzionato il documento da cui il Villari trae questa notizia, mentre, per altre notizie dello stesso anno, ci rimanda al Libro dei Privilegi ma, avendolo consultato di recente, non è stata rintracciata quella inerente al nome di Piazza Pescara. Inoltre, nella stessa pagina, si parla del rivelo o censimento voluto dal viceré e riportato dal paleografo Garufi, che registrava a Piazza 13.817 abitanti, quando Catania ne contava 26.000. L’altra tesi, un po’ meno prestigiosa, dei primi del Novecento, dice che si sarebbe chiamata Piazza Pescara, per la presenza della pescheria o mercato del pesce dalla parte opposta del Palazzo di Città, per intenderci dove c’era il negozio di giocattoli e profumi del sig. Valentino Alessandro. Potrebbe darsi, come dice qualcuno, che il Villari abbia inteso Pescara invece di Pescheria, conoscendo l’interessamento del viceré de Avalos per la città in quel periodo. A questo punto occorre, per il principio che senza documenti non si perpetuano errori di date, nomi e avvenimenti della tradizione, prendere le distanze e aspettare ulteriori ricerche e approfondimenti a tal proposito. Questo piano del Borgo o Piazza Maggiore rimase il centro della nuova città in espansione sino ai nostri anni Sessanta/Settanta, sino a quando il centro si trasferì nell’attuale Piazza Generale Cascino, prima intesa come Butt’ghèddi, per una serie di botteghe in piccole baracche di legno prima, casette in muratura poi, mentre la nuova strada mastra divenne l’odierna via Marconi assieme alla via Garibaldi. Adesso passiamo alla descrizione vera e propria. Nella nostra piazza Garibaldi esistono palazzi ecclesiastici e civili. Iniziando da dove finisce la via Marconi, prima chiamata Cas’varìa, abbiamo il prospetto ovest dell’attuale Municipio, dal 1622 monastero e abbazia dei Benedettini provenienti da quello di Fundrò, borgo e casale a metà strada lungo l’antica trazzera che collegava Piazza ad Enna. L’abbazia nel borgo di Fundrò era stata fondata nel 1418 dal piazzese frate benedettino Guglielmo Crescimanno. Dieci anni prima del loro arrivo, nel 1612, i Benedettini avevano manifestato la volontà di trasferirsi in un centro abitato perché, da quando dopo un incendio, a metà Cinquecento, il casale era andato distrutto, le vie e le trazzere senza manutenzione erano diventate impraticabili e pericolose, e l’abbazia di conseguenza rimaneva isolata e scomoda e, quindi, aperta a possibili attacchi di bande di malfattori. La scelta tra Piazza ed Enna cadde sulla nostra città che doveva garantire dei locali per il monastero e una chiesa attigua. Nel 1622, il monastero si sistemò nelle case donate dalla famiglia Tirdera, che stavano accanto alla chiesa di San Rocco. Nove anni dopo, nel 1631, si aggiunsero i locali donati dal nobile Placido Villanova, figlio di Francesco Villanova e Silvia Calascibetta. Ecco spiegato lo stemma delle due famiglie che si può ammirare ancora oggi sulla porta del Caffè del Centro (foto in basso). (continua)
¹ Litterio Villari, Storia della città di Piazza Armerina, IV edizione, IBN Editore, Roma 2013, p. 347.
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