Traduzione de
"Ancora m' r'söna n' l'aréggi"
-------
"Ancora mi risuona nelle orecchie"
-------
"Ancora mi risuona nelle orecchie"
Non mi ricordo chi fu a dirlo, credo un poeta
E secondo me, lui aveva mille ragioni
Certe parole hanno dentro una specie di magia
Tu le pronunci e di colpo ti ritrovi trasportato da un'altra parte
Altri tempi, altre situazioni
Una di queste parole è "RICOTTA".
A nominarla mi sembra di sentire la stessa voce del ricottaio*
Che due volte alla settimana veniva nella mia strada gridando il suo richiamo
"Il ricottaio, nel cestino bella calda calda, la ricotta, e che è?"
Ed ecco che in casa mia si metteva in moto una specie di catena di montaggio
Il "PRONTI... VIA" lo dava mia nonna.
Lei all'anagrafe era registrata col nome di Crocifissa
Ma non voleva essere chiamata così
Perché diceva che era un nome più vecchio dell'urina
Queste erano le sue precise parole
Per questo lei stessa l'aveva modernizzato con quello di Fifì.
Me la ricordo sempre seduta sopra la sedia
Dietro il balcone che dava sulla via Crispi
Questa era una buona postazione per guardare chi passava per strada
Se era solo, in compagnia, com'era vestito
E poi il taglia taglia insieme a sua sorella Ciccina.
Anche lei abitava in casa mia perché, ormai vedova e senza soldi
La manteneva mio padre
Così le due sorelle si facevano compagnia
E non avendo altro da fare
Chiacchieravano tra loro dalla mattina alla sera
E a chi davano e a chi promettevano.
Ora che abbiamo spiegato la situazione in casa mia
Torniamo indietro al "PRONTI... VIA"
Mia nonna Fifì era un po' tesa di orecchie
Ma quello che le piaceva sentire lo stentiva meglio degli altri
Per questo era la prima che sentiva la voce del ricottaio anche da lontano.
Al primo richiamo cercava con gli occhi sua figlia
E poi gridava "Angelina Angelina, c'è il ricottaio
Muoviti che quello non aspetta i tuoi comodi."
Angelina che era mia madre cercava me
"Rosà, Rosàlba, vieni qua"
Mi metteva nella mani il solito piatto con le foglioline dorate
Questo piatto ce l'ho ancora conservato per ricordo
E io scendevo giù al pianterreno.
Trovavo il ricottaio con la sua bisaccia sulla spalla
E i cestini in una mano appoggiato dietro la porta
Lui era un uomo magro e alto con due baffetti neri
E in testa un berretto a quadretti.
La scena era sempre la stessa, io gli tenevo il piatto
E lui scuotendo il cestino vi faceva andare dentro la ricottella.
A guardarla così bianca e morbida che si cullava tutta
Veniva voglia di mangiarsela nello stesso momento
Ora, dopo tanti anni se chiudo gli occhi
Riesco a sentire lo stesso sapore
E pure il richiamo
ANCORA MI RISUONA NELLE ORECCHIE
Rosalba Termini
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
"Il ricottaio, nel cestino bella calda calda, la ricotta, e che è?"
Ed ecco che in casa mia si metteva in moto una specie di catena di montaggio
Il "PRONTI... VIA" lo dava mia nonna.
Lei all'anagrafe era registrata col nome di Crocifissa
Ma non voleva essere chiamata così
Perché diceva che era un nome più vecchio dell'urina
Queste erano le sue precise parole
Per questo lei stessa l'aveva modernizzato con quello di Fifì.
Me la ricordo sempre seduta sopra la sedia
Dietro il balcone che dava sulla via Crispi
Questa era una buona postazione per guardare chi passava per strada
Se era solo, in compagnia, com'era vestito
E poi il taglia taglia insieme a sua sorella Ciccina.
Anche lei abitava in casa mia perché, ormai vedova e senza soldi
La manteneva mio padre
Così le due sorelle si facevano compagnia
E non avendo altro da fare
Chiacchieravano tra loro dalla mattina alla sera
E a chi davano e a chi promettevano.
Ora che abbiamo spiegato la situazione in casa mia
Torniamo indietro al "PRONTI... VIA"
Mia nonna Fifì era un po' tesa di orecchie
Ma quello che le piaceva sentire lo stentiva meglio degli altri
Per questo era la prima che sentiva la voce del ricottaio anche da lontano.
Al primo richiamo cercava con gli occhi sua figlia
E poi gridava "Angelina Angelina, c'è il ricottaio
Muoviti che quello non aspetta i tuoi comodi."
Angelina che era mia madre cercava me
"Rosà, Rosàlba, vieni qua"
Mi metteva nella mani il solito piatto con le foglioline dorate
Questo piatto ce l'ho ancora conservato per ricordo
E io scendevo giù al pianterreno.
Trovavo il ricottaio con la sua bisaccia sulla spalla
E i cestini in una mano appoggiato dietro la porta
Lui era un uomo magro e alto con due baffetti neri
E in testa un berretto a quadretti.
La scena era sempre la stessa, io gli tenevo il piatto
E lui scuotendo il cestino vi faceva andare dentro la ricottella.
A guardarla così bianca e morbida che si cullava tutta
Veniva voglia di mangiarsela nello stesso momento
Ora, dopo tanti anni se chiudo gli occhi
Riesco a sentire lo stesso sapore
E pure il richiamo
ANCORA MI RISUONA NELLE ORECCHIE
Rosalba Termini
*Anche ricottaro, chi vende ricotta.
N.B. Nei prossimi giorni riproporrò i post pubblicati nell'aprile del 2013 che parlano della differenza tra i due tipi di cestini per la ricotta, uno chiamato fascèdda e l'altro cavagnèdda. Perché quelli nella foto non sono fascèddi.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
Bravo Gaetano a tradurre la bella poesia di Rosalba,ti ringrazio perché mi chiarisci qualche termine capito solo leggendo la frase.A tutti i piazzesi BUON ANNO silvio
RispondiEliminaPiù che il suono, a Rosalba torna vivo il ricordo del Ricuttaro, per il profumo della ricotta che, ancora calda, scivolava nel piatto con la fogliolina dorata.Infatti ciò che imprime nel profondo del nostro cuore,i ricordi più cari, è il profumo delle cose; ho letto, che l'olfatto è il senso per eccellenza, a fare rivivere emozioni apparentemente sopite.
RispondiElimina