Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

mercoledì 15 ottobre 2014

Sette Cantoni un secolo fa

Via Sette Cantoni provenendo da Largo Demani o da Santa Rosalia

Via Sette Cantoni, in fondo l'incrocio con le vie Mazzini e Marconi
Il professore Giovanni CONTRAFATTO (1910-2004) nel suo libro Memorie Armerine ci ha lasciato questi suoi semplici ma preziosi ricordi di Piazza nella prima metà del Novecento.

<< La via Sette Cantoni*, ove abitai dalla nascita fino all'età di 44 anni, allora era una strada di intenso traffico. Dalle quattro del mattino fin verso le sei, era la volta del passaggio ininterrotto di carri, contadini e agricoltori, che a cavallo dei loro quadrupedi si recavano in campagna. Scendevano a frotte dal quartiere Monte e prendevano vie traverse per evitare le strade col selciato di pietra lavica, poco agevoli perché facilmente scivolose per persone con scarponi chiodati e per gli animali con i ferri agli zoccoli. Oltre al rumore prodotto dallo scalpitio di quella cavalleria rusticana, vi erano quelli che, malgrado l'ora e fregandosene di quanti immersi nel sonno dei loro letti venivano svegliati, passavano per le strade cantando a squarciagola. Le note delle canzoni di due soli versi erano sempre le stesse. Ne ricordo alcune che, a furia di essere svegliato e di sentirle cantare, mi sono rimaste impresse nella mente.

Non cantu né p'amuri e né pi sdegnu,
ma cantu pi svanìrimi lu sonnu.
Lu gghiantu di la povira cativa**,
ghiangi lu mortu e pi lu vivu penza.
Lu suli si nni va, dumani torna,
si mmi nni vaiu iu non tornu ghiù.

Potrei elencare moltissimi distici, ma mi sono limitato a citarne qualcuno tra i più significativi. Un tempo, anche nel cuore della notte, si veniva spesso svegliati dal suono di violini, chitarre e mandolini: erano le cosidette "notturne" portate a qualche ragazza del posto. A seconda della canzone che l'improvvisato menestrello cantava, o se era uno spasimante non gradito, non era raro il caso che i suonatori andassero via grondanti di acqua piovuta dall'alto. Verso le sei del mattino, erano le botteghe di frutta e verdura che aprivano i battenti, in attesa degli ortolani che le avrebbero rifornite di verdure assortite. Tranne poche primizie che provenivano dalle vicine zone calde, la frutta consumata dalla popolazione era di produzione locale. >> (tratto da Giovanni Contrafatto, Memorie Armerine, ILA Palma, PA, 1991)

*Via Sette Cantoni nella nostra lingua gallo-italica Sètt Cantunèri
**Cativa o Cattiva = Vedova.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

13 commenti:

  1. Matinalori, i setti cantuneri.
    La quarta e già si senti battaria
    di campagnoli e carri e carritteri
    ca muntaroli scìnninu la via
    e sturbanu la basula ca sduna
    vacazziannu zoccula e scarpuna.

    La quarta e già si senti, cantarinu,
    lu primu “do” ca ntona e sbuccazzìa,
    di cunfortu a lu pedi ormai ‘n caminu
    mentri cu ancora dormi sfirnicìa
    e ntantu a la luntana li sturneddi
    cuprìnchinu li strati e li vaneddi.

    “Non cantu né p'amuri e né pi sdegnu
    ma cantu pi svanìrimi lu sonnu.”
    vucìa Caloriu ntisu “menzugnegnu”
    tra chiddi ca vulìssinu e nun ponnu
    e si capisci ca ddu brachittuni
    si l’assa fattu, n’autru pinnicuni.

    “Lu chiantu di la povira cattiva
    chianci lu mortu e pi lu vivu penza.”
    rispunni Peppi “taratà, ca aviva
    na menza spranza, e forsi cchiù di menza
    pirchì la morti è morti e ma lu chiantu
    nun sempri si cumpanaggìa lu santu.

    “Lu suli si nni va, dumani torna,
    si mi nni vaiu iu non tornu cchiù.”
    e canta e ridi “e ntantu fazzu corna”
    penza e scungiura Ciccu “vaccitù”
    pirsuasu ca la vita è babba assai
    senza qualchi risata ammenzu e' guai.

    E ntantu è già la sesta e i virdurara
    a picca a picca grapunu putìa
    spittannu l’urtulani, terra amara,
    mircantiannu qualchi primintìa
    e la roba locali, chianu chianu
    cu qualcaduna puru do ziu stranu.

    Dopu, a la nona, la jurnata ammutta
    “Accattamu, piccio’, talìa ch’è bedda.”
    “Signura, nun si pigghianu di sutta.”
    “Cumpà, quantu la vinni, sta pisedda.”
    “Gnorlei, nga si smuvissi, ca scurì.”
    E si fa notti, e qualchi rififì

    ci mposta la “nutturna” a la picciotta,
    e viulini e chitarri e mandulini
    pu sì e pu no, si paranu la botta
    nfinu a chi, n’allanzata d’acquazzini
    renni la paci a tuttu lu quarteri.
    E agghiorna e scura, e setti cantuneri.

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  2. quel ritmo cadenzato prodotto dagli zoccoli delle cavalcature mi pare di sentirlo ancora;segnava,forse anticipatamente ,.l'inizio di un giorno nuovo ma ugualmente faticoso.Non ricordo invece i canti di cui però conoscevo e ricordo ancora le parole per esempio quelle relative ad una vedova piuttosto ""allegra"" o forse consapevole della sua condizione di donna senza autonomia economica.

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  3. Quanta tristezza e quanta saggezza negli ultimi due versi!L'ignoto autore conosceva bene la precarietà della vita dell'uomo e l'eternità del tempo.Credo che quello dei canti popolari sia poco noto e degno di indagini.

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  4. Ma, sono veramente 7 i cantuneri? O forse 8.

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    1. Per questo dilemma puoi leggerti i post nell'elenco dele CURIOSITA' del 1 Gennaio 2013: "Il dilemma Sette Cantoni" e "Sette Cantoni secondo me".

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  5. Mio zio di "n'guria" faceva Cantalanotte

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  6. Sett' cantuneri : profumo d' SAVIARDI e PASTI D'MANDURLA! Un capolavoro della gastronomia che,mi auguro,non si sia perduto.

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    1. No, non si è perduto, le tradizionali bontà p'i gulusi continuano a essere offerti dai figli del sig. Consoli.

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  7. Ricordo che qualcuno diceva che pi lagnusi il SIGNORE,nella sua infinita bontà, c' penza trid'c' voti o iornu,menomale che non si è dimenticato di licchi indirizzando questi giovani a non disperdere il patrimonio di conoscenze della nostra storia gastronomica















    Un tempo si diceva .""pi lagnusi u S'gnur' c' penza trid'c' voti o iornu"".E menomale che il SIGNORE,nella sua infinita bontà, ha pensato puru pi licchi, accompagnando questi giovani sulla strada del recupero e della conservazione di un vero patrimonio storico-gastronomico.I LICCHI ,come me ringraziano.



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  8. settecantoni voleva dire: botteghe di frutta e verdura, cantine (una nella stessa via,l'altra in via Cucuccio), macellerie che la sera del giorno della macellazione esponevano la sedia con la mappina bianca perchè nell'angolo c'era il pentolone di alluminio e all'interno, ben caldo, il sanguinaccio......che tempi!

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  9. Sett' Cantuneri : se i profumi erano il suo forte non lo era il silenzio che non era rotto solo dal calpestio di cavalli ed altri quadrupedi; erano soprattutto i toni elevati delle voci di v'rdurari che cercavano di convincere e di attirare i clienti a comprare ed anche quelle degli acquirenti,soprattutto dei più indecisi, che vendevano cara la pelle dei portafogli attraverso serrati interrogatorii e confronti-scontri su qualità e prezzo. Si potrebbe dire che ,in quel tempo ed in quel luogo, u BACCANIU era l'anima del commercio.

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  10. I virdurari oltre af esporre ciò che la campagna dava, esponevano anche il baccalà secco e spugnato. Quest'ultimo stava appoggiato su un piano di marmo Carrara su cui cadeva una doccetta lenta di acqua. Poi appesi lì vicino le solite cartucce di carta srotolata ricoperta di colla edi tante mosche appicicate sopra.

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  11. Post SETTE CANTONI UN SECOLO FA
    L'autore del testo ricorda ,tra l'altro, che si veniva svegliati in piena notte anche da notturne e serenate eseguite per ingraziarsi la simpatia di una ragazza. So,per sentito dire dai vecchi quando io ero giovane,che era un' usanza diffusa in quegli anni lontani senza SMS nè FACEBOOK.Mi incuriosivano,già allora, i contenuti di questi canti d'amore.Solo ora,grazie al WEB,ne ho conosciuti alcuni.Uno di essi mi ha ricordato parole,frasi ,usate in varie occasioni,da mio padre, di solito in tono ironico e mai,a suo dire,per una vera serenata (cosa non difficile da credere dato che era notevolmente stonato). Si tratta di pochi versi di un più vasto componimento : "Amuri,amuri,chi mm'ha fattu fari! _ Fari m'ha fattu na ranni pazzia. - Lu Patrinostru m'ha fattu scurdari...."
    Mi piace immaginare che anche questi pochi versi,così indicativi dello "stordimento"
    provocato dall'innamoramento,facessero parte del "repertorio" di quei BACCANISTI e
    " disturbatori "del sonno dell'innamorata ma anche di quello dei non convolti nella tenzone amorosa. Mi piace immaginarlo anche oggi,commemorazione dei defunti,perchè
    mi consente di ricordare mio padre ,che non c'è più , in un contesto gioioso.

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